Pavia, don Enzo presto beato: il vescovo invita Papa Francesco

La proposta formalizzata al convegno sul fondatore della Casa del giovane

Papa Francesco

Papa Francesco

Pavia, 14 febbraio 2018 - Un invito in piena regola. La Diocesi di Pavia vuole che Papa Francesco venga in città per vedere da vicino i luoghi della vita di don Enzo Boschetti. La proposta è stata formalizzata l’altra sera dal vescovo Corrado Sanguineti durante il convegno che si è tenuto al collegio Borromeo in occasione del 25° anniversario della morte del fondatore della Casa del giovane, che ricorre domani. «Chiederemo al Santo Padre di visitare dove ha vissuto don Enzo - ha detto il vescovo - come ha fatto per don Lorenzo Milani, don Primo Mazzolari e come accadrà per altri sacerdoti o laici che si sono particolarmente distinti per la loro profonda testimonianza evangelica».

Sono passati 50 anni da quando don Enzo, oggi Servo di Dio, ha avuto l’intuizione di far nascere la Casa del giovane. Partito da uno scantinato in viale della Libertà dove accoglieva poveri e tossicodipendenti, oggi la Cdg conta dieci comunità residenziali che si occupano di mamme con bambini, minori, persone che hanno una dipendenza e quattro centri diurni che offrono un servizio a un centinaio di persone. «Il motto di don Enzo era “servire il fratello” - ha detto don Arturo Cristiani, responsabile della Casa del giovane - perché, anticipando lo sguardo di Papa Francesco, si è messo al servizio dei poveri e delle persone fragili».

Morto nel 1993 all’età di 63 anni, don Enzo, che era nato a Costa de’ Nobili dove è sepolto, potrebbe essere presto beatificato. Nell’attesa che la Congregazione delle Cause dei Santi esamini la pratica iniziata nel 2006 e che nel 2014 ha portato alla Positio ora affidata ai teologi, per i fedeli il sacerdote è già santo. E, nel frattempo, le comunità che il sacerdote ha creato, vanno avanti. "Con don Enzo in un mo(n)do nuovo" è lo slogan voluto per le celebrazioni che non fermano l’attività quotidiana.

«Quando don Enzo è partito - ha ricordato don Arturo - stavamo vivendo l’immigrazione albanese, oggi le emergenze sono diverse. Bisogna prevenire il disagio, i problemi degli adolescenti e di chi ha una dipendenza, ma anche trovare un lavoro a quanti soffrono di problemi di salute mentale». Ad occuparsi di tutte queste fragilità ci sono 16 membri tra consacrati e laici e 80 dipendenti della Fondazione.