Jihad globale/ Dall’ex Urss la nuova frontiera del terrore

di Gianandrea Gaiani
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Giovedì 2 Novembre 2017, 00:03
Poche sorprese e molte conferme emergono dall’analisi degli elementi emersi nell’attacco terroristico a Manhattan. Sayfullo Saipov è l’ennesimo immigrato musulmano radicalizzatosi in Occidente e l’Fbi lo aveva interrogato per saperne di più delle sue frequentazioni in odore di jihad. 
Il suo “modus operandi” risponde alle indicazioni fornite da Mohammed al-Adnani (il capo della propaganda del Califfato ucciso l’anno scorso dai missili di un drone statunitense) ai “soldati” del Califfato privi di esperienza ma esortati a uccidere infedeli con coltelli e veicoli. 

Saipov ha preso di mira civili indifesi considerati bersagli legittimi dallo Stato Islamico che lamenta la morte di tanti suoi “sudditi” inermi sotto le bombe della Coalizione in Iraq e Siria. Ha colpito a poche centinaia di metri da dove si ergevano le Torri Gemelle, nell’ora in cui gli studenti usciti da scuola affollano piste ciclabili e marciapiedi e nel giorno di Halloween, festività ritenuta blasfema dal radicalismo islamico.
Elementi che dimostrano un’attenta pianificazione dell’attacco sconsigliando l’uso di termini quali “cani sciolti”, “lupi solitari” o “pazzi”. Saipov ha lamentato di non aver ucciso abbastanza infedeli ma sembra fosse determinato a diventare “martire” uscendo dal furgone con in pugno due pistole giocattolo per attirare il fuoco della polizia.

L’uzbeko ha travolto senza esitazioni le sue vittime ma non era un professionista del terrore.
Un dettaglio che rende meno stringente l’eventuale nesso tra Saipov e il Movimento islamico uzbeko, il gruppo jihadista nato negli anni ‘90 e poi affiliatosi ad al-Qaeda con cui combattè in Afghanistan. In seguito alla forte penetrazione dell’islam wahabita le repubbliche dell’ex Urss hanno fornito tra i 5 e gli 8 mila miliziani alla causa del jihad.

La presenza in Occidente di terroristi originari di queste regioni non ha però necessariamente a che fare con i foreign fighters che rientrano dai fronti bellici ma piuttosto con la massiccia immigrazione di cittadini ex sovietici. Qualcosa di simile a quanto accade in Europa Occidentale con i jihadisti balcanici provenienti soprattutto da Bosnia e Kosovo, regioni “radicalizzate” dall’Islam affermatosi in seguito alle guerre e agli interventi della Nato degli anni ’90 e sostenuto dalle monarchie sunnite del Golfo Persico. 
Terroristi uzbeki erano coinvolti in attentati sventati a Brooklyn e riusciti a Istanbul mentre era un richiedente asilo uzbeko Rakhmat Akilov, che nell’aprile scorso uccise 5 persone a Stoccolma travolgendole con un camion. 

L’attentato a New York dimostra che gli Stati Uniti restano un bersaglio prioritario (e proprio Manhattan era citata come bersaglio ideale in una recente pubblicazione dell’Isis) ma attribuire alle disfatte militari del Califfato la recrudescenza degli attacchi terroristici in Occidente potrebbe risultare fuorviante. 
L’Isis ha colpito duramente a Parigi e Bruxelles mentre era in espansione in Iraq e Siria. A differenza di al-Qaeda, che non ha mai controllato stabilmente un territorio, per oltre tre anni il Califfato ha assunto la configurazione di un vero Stato ma il suo venir meno non limiterà le capacità dell’Isis di condurre azioni terroristiche.

L’aspetto preoccupante è che di “soldati” come Saipov ce ne sono potenzialmente molte migliaia in Occidente. Secondo il recente sondaggio tra i musulmani in Italia di Ipr Marketing per il Quotidiano Nazionale il 28% degli intervistati condivide le ragioni dei terroristi e il 33% crede che l’Islam debba conquistare l’Occidente. 
Nel marzo 2016 un sondaggio Icm mostrò che il 4 per cento dei musulmani in Gran Bretagna simpatizza con i terroristi suicidi, il 32% giustifica le violenze contro chi offende Maometto e solo il 34% denuncerebbe alla polizia un terrorista. 

In Francia l’Institut Montaigne ha rivelato nel 2015 che la metà dei giovani (17/25 anni) musulmani francesi pretende di imporre il primato della sharia sulle leggi della Republique mentre secondo altre inchieste il 28% (oltre un milione di persone) «è pronto a mobilitarsi nel nome della sharia e a contrapporsi allo Stato». 
Quanti di questi estremisti sarebbero, saranno o sono già pronti a imbracciare una lama o il volante di un’auto o di un camion? Considerate le percentuali di supporters del jihad è evidente che contro questo tipo di terrorismo non esistono prevenzioni efficaci e nella Ue gli unici Stati al riparo dal terrorismo islamico sembrano essere quelli della Mitteleuropa, quasi del tutto privi di residenti musulmani e che ribadiscono la volontà di non accoglierne. 
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