Rieti, il vescovo Pompili: «San Francesco
e i principi d'accoglienza»

La cerimonia di mercoledì
di Alessandra Lancia
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Giovedì 5 Ottobre 2017, 11:59
RIETI - Ritorno a San Francesco per la festa del santo, che il vescovo Pompili da due anni ha voluto riportare nella chiesa madre cittadina. Qui troverà casa una famiglia francescana «allargata» e inedita: frati Minori, frati Cappuccini e frati Conventuali insieme daranno vita a una comunità «interobbedenziale». Saranno in tre, uno per ordine, e faranno il loro ingresso a San Francesco il 7 dicembre con la benedizione dei rispettivi «provinciali», padre Luigi Recchia, padre Gianfranco Palmisani e padre Franco Bonamano.

I COMPITI
Nell'antica chiesa che dà il nome al quartiere, i frati avranno compiti di accoglienza, custodia e valorizzazione del percorso francescano nella Valle Santa. E' una luce che si accende in uno dei momenti più bui del quartiere, da settimane al centro delle tensioni e delle polemiche per la presenza massiccia di giovani immigrati richiedenti asilo. Vi ha fatto ampio riferimento il vescovo Pompili nell'omelia della messa di ieri: «In queste settimane, proprio qui ci sono state polemiche a proposito della presenza di immigrati che disturbavano la quiete pubblica. Nessuno sottovaluta l'impatto che queste nuove presenze possono produrre. Ma non possiamo accontentarci di veder garantita la sicurezza chiudendo gli occhi su un fenomeno che è sotto gli occhi di tutti». Pompili cita il vangelo: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro».

IL CONTESTO
«Parole che ci rimandano a problemi che vanno affrontati con realismo e senso della misura, ma senza girare le spalle ai poveri Cristi che vediamo vagare in città. E' importante fare la nostra parte non solo con la Caritas e la Mensa di Santa Chiara, ma anche ciascuno con un pensiero critico e non strumentale, che dia prova di accoglienza. Sapendo che tale fenomeno non è né breve né transitorio, ma invita a rivedere il nostro modello di società. Così la domanda da farsi è: cosa farebbe oggi san Francesco? Si limiterebbe a inveire contro o costruirebbe spazi di fraternità? A noi la risposta, sapendo che lo spirito si rivela nella carne». E nella consapevolezza che anche chi dice di credere, spesso confina la fede «in una zona franca che non tocca le questioni vitali e si accontenta di un generico sentimento che lascia intatte le condizioni concrete dentro e fuori di noi».
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