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Il Pd deve imparare dalla sinistra anni ’40

Opinionista: 

Ho preso spunto per il mio intervento da un articolo di Fabio Luppino apparso in Huffington Post il 18 aprile scorso, data in cui cade il 70° anniversario del 18 aprile 1948, la vittoria della Dc e la sconfitta del fronte popolare. In esso si segnalano alcune considerazioni sulle analogie che è possibile cogliere con il risultato del voto del 4 marzo. «Tornare al clima politico di allora – osserva giustamente Luppino - è impossibile. Può essere interessante invece partire da lì per capire come esista un filo rosso permanente nelle campagne elettorali al netto dei mezzi di comunicazione che via via sono cambiati, si sono sovrapposti i più complessi con quelli tradizionali fino all'attuale era digitale». Provo anche io a ragionare sulle possibili analogie e ne segnalo qualcuna: nelle elezioni dell’assemblea costituente del 1946 socialisti e comunisti ottennero quasi il 40% dei voti, mentre la Dc si fermò al 35%. Meno di due anni dopo la Dc otteneva il 48,5% dei suffragi, raggiungendo la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera, mentre il Fronte Popolare, costituito da Pci, Psi e alcuni indipendenti si fermava a poco meno del 31% con una perdita secca di quasi 9 punti. Un capovolgimento che somiglia molto a quello che ha visto la progressiva perdita di consensi del Pd passato da quasi il 41% dei voti ottenuti nelle elezioni europee del 2014 a poco più del 18% raggiunto il 4 marzo. Se si trattasse solo di una mera comparazione numerica non potrei passare alla seconda analogia: è fuor di dubbio che il M5S, così come la Dc del 1948, ha vinto le elezioni facendo ricorso – sia pur nelle diverse modalità costituite dalla progressiva rivoluzione dei mezzi di propaganda e di formazione dell’opinione pubblica - ad una capillare diffusione e penetrazione di messaggi semplici e immediatamente recepiti (il reddito di cittadinanza, l’abolizione dei vitalizi, abbassamento della pressione fiscale, abolizione della legge Fornero e della Buona Scuola) grazie anche al web. Allo stesso modo la Dc – al di là delle scelte di campo internazionali in un momento in cui si apriva il grande gelo della guerra fredda - si affidava alla capillare rete di propaganda costituita dalle parrocchie e dalle organizzazioni cattoliche e a uno slogan straordinario: «Ricorda che nella cabina solo l’occhio di Dio può vederti». Terza e ultima analogia, ma declinata al futuro e dunque al condizionale. Subito dopo la sconfitta del 1948 iniziò un percorso di lotte del Pci e del Psi, non solo rivendicative e protestatarie, ma propositive e migliorative, basti pensare al Piano del Lavoro che la Cgil di Giuseppe Di Vittorio e di Luigi Cacciatore elaborò tra il 1949 e il 1950, alle lotte per la riforma agraria, alla difesa dell’occupazione nelle fabbriche, alla politica culturale. E i frutti si videro già nelle elezioni del 1953 quando i partiti di sinistra e di democrazia liberale impedirono che scattasse la cosiddetta “legge truffa” che assegnava un premio di maggioranza (65% per cento dei seggi) alla lista o alla coalizione che avesse superato il 50% dei voti. La Dc perse quasi due milioni di voti e la sinistra ne guadagnò un milione e mezzo. Cominciava un percorso che avrebbe condotto il Pci ad elaborare una politica di opposizione costruttiva e propositiva e il Psi a perseguire un tragitto che dall’opposizione lo avrebbe condotto all’azione riformatrice del primo centro- sinistra (cito solo la nazionalizzazione dell’energia elettrica e lo statuto dei diritti dei lavoratori). L’analogia sarebbe perfetta se anche il Pd e le forze, parlamentari e non, alla sua sinistra, si rimboccassero le maniche per tornare alle radici, sia pur modificate e riaggiornate, di una sinistra moderna preoccupata innanzitutto di difendere e di espandere l’area dei diritti sociali e civili delle donne e degli uomini del XXI secolo.