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Predicar bene e razzolar male

Opinionista: 

Cari amici lettori, oggi parleremo di un personaggio che fu, fra l’altro, il protagonista (o, forse, sarebbe più esatto dire la vittima), di un bel dialogo di Platone. Gorgia era un filosofo dell’antica Grecia, famosissimo maestro di retorica. Un giorno, in piazza, tenne un discorso con il quale invitava i Greci a evitare le discordie. Un cittadino, allora, gli fece notare che, nella sua casa, litigava da mane a sera con la moglie e il servo, disturbando i vicini, e lo invitò a ritrovare prima la concordia fra le mura domestiche. Solo questo lo avrebbe legittimato a ottenere ascolto e consenso dagli altri sulle sue parole. Da questo episodio ebbe origine il proverbio “Chi predica bene spesso razzola male”. Quelli fra voi che hanno visto la trasmissione delle “Iene” dedicata al presidente della Camera Roberto Fico (e credo siano moltissimi, poiché si trattava di un evento annunziato) hanno già capito di cosa sto parlando. Per quei due o tre che, completamente assorbiti dalle tragedie calcistiche, non hanno visto né saputo, riepilogo. Fico ha casa anche a Roma ma, a Napoli, convive con una signora, nella cui abitazione presta servizio la figlia del portiere del palazzo affianco, retribuita col salario di cinquecento euro mensili (in luogo dei settecento in precedenza percepiti) da quando i lavori più pesanti furono affidati a un extracomunitario senza permesso di soggiorno (misteriosamente scomparso dopo l’elezione di Fico). Il presidente della Camera ha dovuto arrendersi alla persecuzione delle Iene e ha concesso un’intervista, dichiarando che non esisteva alcun rapporto di lavoro, ma si trattava di favori tra amici e di opere di bene. Di qui la convinzione diffusa che si trattasse di due rapporti di lavoro in nero. Cari amici lettori, vi sarete già resi conto che, per non essere considerati persone convinte dell’esistenza della Befana e di Santa Claus, pur usufruendo da molti anni del diritto di elettorato attivo, ci conviene aderire alla convinzione diffusa piuttosto che alle amene storielle raccontata dal presidente pentastellato. Supponiamo, perciò, che nell’abitazione napoletana, nella quale Fico non era certo un ospite di passaggio, lavorassero in nero due persone, una delle quali sprovvista del permesso di soggiorno. Sforziamoci ancora una volta di non essere ingenui. Sì, i fatti in questione sono sicuramente illeciti, ma l’indignazione ostentata da qualche avversario politico dei cinquestelle mi sembra esagerata. Tutti sanno che a Napoli tante persone non affiliate alla camorra lasciano i rifiuti, con o senza sacchetto, in mezzo alla strada, conducono il cane a fare i suoi bisogni guardandosi bene dal raccoglierne gli escrementi e abbandonano, sui marciapiedi o nei vicoli, materassi e mobili dismessi (avendone probabilmente acquistato dei nuovi con rate che non pagheranno). Tutti sanno che a Napoli pedoni e automobilisti passano con il rosso, che motociclisti e scooteristi viaggiano senza casco e magari con tre passeggeri a bordo, che chiunque esce con un veicolo lo parcheggia in divieto, in curva, all’incrocio, in seconda e magari in terza fila. Tutti sanno che a Napoli i lavori in nero sono numerosi come gli ambulanti senza licenza, i parcheggiatori abusivi e la vendita di merce pezzottata. Tutti sanno, insomma, che a Napoli la legalità è un optional, come dimostrano le pericolose scorribande notturne di fanciulletti appartenenti sia al proletariato sia alla borghesia. E allora? Quelli di Fico sarebbero peccatucci di poco conto, essendo la loro illegalità non dissimile da quella praticata da innumerevoli onesti concittadini del buon Roberto. Ma… cari amici lettori, io ho usato il modo condizionale non per caso né per fare sfoggio della mia cultura grammaticale e sintattica. Si da, infatti, il caso che Roberto Fico, così come, pochi lustri addietro, un altro parlamentare proveniente dalla magistratura e dalla provincia molisana, sia un fustigatore del malcostume imperante. Come quello, è un vero crociato della legalità, sulla quale ha fondato il proprio credo politico e la propria propaganda elettorale. Il suo sdegno, nei confronti di quanti non si conformino a una visione rigidamente etica dell’esistenza, è esemplare. Ecco, allora, che qui cade acconcio il discorso fatto a Gorgia dall’intelligente cittadino ateniese e che potrebbe essere ripreso (e indirizzato a Fico) da un qualsiasi elettore italiano, in attesa di nuove elezioni per trasferire su altra lista il voto incautamente concesso al movimento pentastellato. Costui aveva infatti creduto in Roberto come in un redivivo Girolamo Savonarola e se lo ritrova invece simile a quel parroco di campagna che raccomandava ai fedeli: “Fa quello che ti dico e non quello che faccio io”. Non vorrei essere irrispettoso adoperando un verbo adatto ai bipedi piumati da cortile, ma mi sembra proprio che quel proverbio ricordato all’inizio si adatti perfettamente al caso. Il razzolare contro regola, come correttamente osservò quell’ateniese a Gorgia, induce a non prestare ascolto e consenso alle belle prediche.