scenari 2018

Alle radici dell’antipolitica

di Janine R. Wedel

(AFP)

6' di lettura

Nel 2017, la corruzione è diventata sinonimo di politica in quasi tutti i continenti determinando l’azione del governo in Paesi diversi tra loro come la Cina, l’Arabia Saudita e il Brasile. La corruzione e gli scandali che ne sono derivati hanno rovesciato presidenti e primi ministri, abbattuto leader dell’opposizione e alimentato rivolte “populiste” in tutto il mondo. La turbolenza politica che caratterizza l’epoca attuale semplicemente non ha senso senza considerare la cattiva condotta sistemica negli ambienti governativi.

In Brasile, sono in corso delle indagini su quello che un giudice ha descritto come uno «schema di corruzione sistemica» che coinvolge funzionari pubblici e il gigante petrolifero brasiliano Petrobras. In seguito all’inchiesta, la presidente Dilma Rousseff è stata messa sotto accusa e rimossa dall’incarico nell’agosto 2016, mentre l’ex presidente Luiz Inácio “Lula” da Silva è stato riconosciuto colpevole e condannato alla pena detentiva nel luglio di quest’anno.
Similmente, in Corea del Sud, uno scandalo per corruzione ha portato alla destituzione e alla successiva rimozione dall’incarico del presidente Park Geun-hye a marzo, nonché alla detenzione di Lee Jae-yong, l’erede designato alla guida del gruppo Samsung, in agosto.

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In Pakistan, il primo ministro Nawaz Sharif è stato interdetto dai pubblici uffici dalla Corte suprema del Paese a luglio, e ora deve rispondere di corruzione in relazione ad acquisti immobiliari che avrebbe effettuato a Londra negli anni novanta per tramite di società offshore intestando poi gli immobili ai figli. Le proprietà, fino a quel momento non dichiarate, sono venute alla luce grazie alle rivelazioni dei “Panama Papers” nel 2015.

In Russia, sotto il presidente Vladimir Putin, la corruzione prospera dove si crea un nesso tra politica di stato e grandi imprese, con oligarchi leali che favoriscono l’attuazione dei programmi politici del presidente. Ma la corruzione viene anche esportata e, di fatto, Putin estende la sua formula di illiberalismo, nazionalismo e autoritarismo agli stati sovietici, all’Europa e persino agli Stati Uniti.
Infine, in Ungheria, le accuse di clientelismo continuano a perseguitare il primo ministro Viktor Orbán, che ha rafforzato il proprio potere intrattenendo stretti legami con le oligarchie del Paese.

Come ho documentato nell’ultimo decennio, la corruzione non è solo un problema di mazzette e transazioni illecite, bensì riguarda anche le violazioni del diritto che danneggiano la fiducia del pubblico, spesso perpetrate da “élite ombra” che assumono un intreccio di ruoli nei settori pubblico e privato, a volte contemporaneamente.

La proliferazione di funzionari che perseguono i propri interessi venendo meno alle loro responsabilità non è passata inosservata tra i cittadini. Negli Stati Uniti, quella che definisco “nuova corruzione” è ritenuta un problema gravissimo tanto dal Tea Party a destra quanto da Occupy Wall Street a sinistra, ed entrambi i movimenti si sono mostrati critici verso il piano di salvataggio di Wall Street del 2008 ritenendolo la prova evidente di una manipolazione del sistema.

In ciascuno degli ultimi tre anni, un sondaggio sulle paure degli americani condotto dalla Chapman University ha rilevato che la corruzione preoccupa gli americani ancor più della criminalità, del terrorismo o della morte di un familiare. Donald Trump ha conquistato la presidenza nel 2016 facendo in parte leva su queste preoccupazioni. Tuttavia, nonostante la sua promessa di “bonificare la palude”, ha dedicato il 2017 a renderla ancora più vasta e profonda. Tutti i colleghi di Trump hanno trovato lavoro e aumentato il loro prestigio a K-street, il quartier generale delle lobby industriali a Washington. Alcuni hanno offerto i propri servigi a potenze straniere, anche se, quando era candidato, Trump rinfacciava alla rivale una presunta ingerenza estera. Inoltre, Trump ha riunito un team di consulenti con legami finanziari diretti con i settori che in teoria dovrebbero sovrintendere, così come ex lobbysti, tra cui alcuni che lavorano per regimi stranieri. Con Trump la corruzione pubblica ha assunto una vistosità che l’America non sperimentava da decenni, o che forse non aveva mai sperimentato.

Tra le varie violazioni che danneggiano la fiducia del pubblico, c’è il rifiuto del presidente americano di rinunciare completamente alla guida delle sue aziende e di rendere pubbliche le proprie dichiarazioni dei redditi, nonché l’aver collocato dei familiari in posizioni chiave, ufficiali e non.

Inoltre, è emerso che alcuni membri dell’esecutivo di Trump hanno attinto a risorse pubbliche per scopi personali e privati. Finora, l’unico funzionario che è stato riconosciuto colpevole di questo reato è Tom Price, il quale ha rassegnato le dimissioni da ministro della Sanità a settembre dopo che alcune agenzie di stampa avevano riferito del suo utilizzo di denaro pubblico per numerosi voli privati.

Alla fine, a seconda di quello che emergerà dall’indagine, sempre più estesa, sull’ingerenza russa nelle elezioni del 2016, condotta dall’ex direttore dell’FBI Robert Mueller, Trump e i suoi associati potrebbero benissimo trovarsi di fronte a gravi accuse di corruzione. Finora, Mueller ha già formalizzato una serie di accuse nei confronti dell’ex capo della campagna elettorale di Trump, Paul Manafort, e del suo socio di lunga data, Rick Gates. Molti osservatori dubitano che l’amministrazione Trump durerà fino al termine del suo mandato elettorale nel 2020.

Ma i cittadini andrebbero avvisati del fatto che, quando la lotta contro la corruzione coinvolge alti funzionari, spesso seguono lunghi periodi di incertezza. Ad esempio, la vasta indagine contro la corruzione condotta in Brasile, pur essendo stata favorevolmente accolta a livello internazionale, non ha sortito l’effetto di ripristinare la stabilità politica o finanziaria. Al contrario, secondo il Council on Foreign Relations al momento il Brasile patisce una «forte insoddisfazione da parte degli elettori» e l’assenza di un leader capace di restaurare la fiducia del pubblico.

Ciò che arriva dopo un’indagine anti-corruzione dipende perlopiù dal contesto politico ed economico del Paese in questione. Ad esempio, poiché il potere politico in Pakistan viene regolarmente rimpastato nell’ambito della stessa famiglia, dopo essere stato destituito, Sharif ha cercato di nominare il fratello come suo successore, poi a settembre sua moglie è stata eletta per occupare il seggio parlamentare che un tempo gli apparteneva.

In altri Paesi, le inchieste anti-corruzione sono state utilizzate da regimi autoritari per neutralizzare gli avversari. Nel mese di luglio, il governo polacco, controllato dal partito illiberale Diritto e Giustizia (PiS), è parzialmente riuscito a subordinare la magistratura al controllo politico, sostenendo che i tribunali erano stati corrotti dalle “élite”.

In Cina, invece, il presidente Xi Jinping ha sfruttato in modo scaltro una campagna anti-corruzione per eliminare avversari politici e regolare alcuni conti in sospeso – una linea che il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman sembra voler imitare nel tentativo di concentrare il potere nelle proprie mani. Grazie al sistema a partito unico, la Cina è stata in grado di mantenere una parvenza di stabilità durante la sua intensa repressione. Ma alcuni analisti sostengono che sotto la superficie cova un diffuso malcontento e che la corruzione endemica delle élite al potere sta erodendo la sostenibilità del sistema politico.

Questo evidenzia un’ultima tendenza visibile quest’anno, quella dei cittadini che ripudiano la corruzione in tutte le sue forme. In Polonia, proteste diffuse hanno costretto il presidente a porre il veto su molti dei tentativi di attacco alla magistratura da parte del PiS. In Venezuela, le proteste contro il clientelismo sono andate avanti per tutto l’anno. E in Russia, migliaia di cittadini sono scesi in piazza per protestare contro il regime cleptocratico di Putin, in parte ispirati dall’attivista anticorruzione Alexei Navalny, il quale ha mobilitato l’opposizione russa con la sua campagna contro il partito dei “truffatori e ladri”, che prende di mira la Russia Unita di Putin.

Si potrà anche dire che oggi, in molti Paesi, l’attivismo civico sia assente su vari fronti, ma di certo quello della corruzione non è tra questi. La gente ha dimostrato di avere a cuore questo problema tanto da stravolgere la realtà politica nel 2016 e poi nuovamente nel 2017. E nulla fa pensare che il 2018 sarà diverso.

Traduzione di Federica Frasca

Janine R. Wedel, antropologa e docente presso la Schar School of Policy and Government della George Mason University, è autrice del libro

UNACCOUNTABLE: How the Establishment Corrupted Our Finances, Freedom, and Politics and Created an Outsider Class.

Copyright: Project Syndicate, 2017

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