Global View

Per riunire la Corea serve una Cina meno spaventata del futuro

di Yuriko Koike

(AP)

5' di lettura

Tokyo e altre città del Giappone stanno riesumando infrastrutture per la difesa civile che erano state abbandonate da tempo e ripassando le procedure da seguire in caso di attacco nucleare. A scuola, i bambini partecipano a esercitazioni di sicurezza nucleare che io stessa ho dovuto sopportare durante la mia infanzia, in piena Guerra Fredda. Forze di polizia e soccorritori rispolverano protocolli che erano caduti in disuso dagli anni novanta. Gli ospedali vengono sottoposti a stress test della loro capacità di rispondere alle emergenze. I rifugi antiatomici vengono ispezionati e ripristinati, e si sonda il potenziale di innovazioni e risorse per rafforzare la sicurezza dei civili.

Gran parte di questa preparazione – motivata dalla crescente belligeranza della Corea del Nord, che comprende il lancio di missili sul Giappone – sta avendo luogo a livello locale. Al di fuori del Giappone, molte altre città asiatiche stanno promuovendo iniziative simili per rafforzare i propri strumenti di difesa civile. Ma le città possono fare di più che essere leader nella risposta alle emergenze, e tutti noi possiamo, quindi dobbiamo, svolgere un ruolo centrale nel contribuire a evitare i conflitti e placare le tensioni.

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Come i governatori di Tokyo durante la Guerra Fredda, neanch'io credo che dovremo realmente affrontare gli orrori di un attacco nucleare. Tuttavia, poiché stiamo parlando della sicurezza e del benessere dei cittadini di Tokyo, l'attenzione e la preparazione del mio governo e delle agenzie che da esso dipendono non saranno mai troppe. Impegnarsi meno del massimo sarebbe non soltanto sconsiderato, ma anche un insulto alla memoria di coloro che sono morti a causa delle tempeste di fuoco nucleari che seguirono il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki nel 1945.

Malgrado l'esperienza particolare e intima del Giappone con gli attacchi nucleari, questa vigilanza non riguarda solo il mio paese, e tanto meno la sua capitale. Sebbene Tokyo rappresenti la mia responsabilità principale, e sia al centro di tutti i miei pensieri e piani d'azione, mi preoccupo anche del destino della capitale della Corea del Sud, la città gemellata con Tokyo.

Conosco bene il popolo coreano e non ho dubbi che anch'esso si stia preparando con il rigore e lo stoicismo che lo caratterizzano. Seoul, però, resta particolarmente vulnerabile ai capricci dell'impulsivo e spietato leader della Corea del Nord, Kim Jong-un – e questo fatto dovrebbe essere motivo di preoccupazione per tutti gli amministratori delle città dell'Asia.
Nessuna città è un'isola in grado di proteggersi da sé, e per questo gli amministratori delle megalopoli asiatiche dovrebbero puntare a politiche che contribuiscano a neutralizzare la minaccia che incombe sull'intera regione, non solo sui propri cittadini.

I governi nazionali ci ascolteranno. Le città, d'altronde, contribuiscono enormemente al dinamismo di un paese, e senza la loro forza catalitica, la rapida crescita economica dell'Asia negli ultimi quarant'anni non sarebbe stata possibile. Esse sono il cuore pulsante, sul piano culturale, delle società asiatiche moderne.

È arrivato il momento che gli amministratori locali uniscano le forze e utilizzino la propria influenza per contribuire a mitigare la minaccia rappresentata dallo sciagurato regime di Kim. Ciò significa, innanzitutto, garantire che, a differenza del passato, le sanzioni imposte dalle Nazioni Unite alla Corea del Nord vengano applicate alla lettera.

Allo stesso tempo, questi leader dovrebbero utilizzare i propri poteri di polizia per impedire trasferimenti illeciti di ricchezza dalle rispettive giurisdizioni alla Corea del Nord. Ciò significa fare pressione sulle istituzioni finanziarie e, ancor più importante, sulle reti di trasferimento di denaro non ufficiali, per fermare qualsiasi flusso di fondi verso il Nord.

I dirigenti delle principali città asiatiche devono anche usare qualunque canale di contatto con i rappresentanti cinesi per spronarli a chiedere un maggior impegno da parte dell'amministrazione del presidente Xi Jinping per tenere a freno il regime di Kim. Xi è stato finora riluttante a mettere alle strette la Corea del Nord, soprattutto per timore delle potenziali conseguenze per la Cina se il regime di Kim crollasse.

Ma la realtà è che i grandi centri urbani della Cina oggi affrontano la stessa minaccia associata al regime di Kim delle loro controparti in altri paesi asiatici. Di fatto, ora che la Cina ha espresso il proprio sostegno alle sanzioni dell'Onu – una mossa che probabilmente Kim ha percepito come un tradimento – le sue città potrebbero essere tra le più vulnerabili.

Le parole non bastano. Anche la retorica più accesa rivolta al Nord si è dimostrata del tutto inefficace, perché non è seguita dall'azione. Per la Cina, tale azione deve riflettere una piena adesione all'obiettivo della denuclearizzazione della Corea del Nord. A tale scopo, l'iniziativa politica chiave che Giappone, Corea del Sud e Stati Uniti devono intraprendere è quella di negoziare e concludere un accordo con la Cina sul nuovo assetto che si verrebbe a creare nella penisola coreana, sul piano della sicurezza, qualora il regime di Kim dovesse crollare.

I contenuti di un simile accordo sono facilmente immaginabili. Gli Stati Uniti, il Giappone e la Corea del Sud sperano tutti in una futura riunificazione pacifica della Corea. Ma la Cina, che teme questo effetto, andrebbe rassicurata sul fatto che la presenza militare americana in Corea del Sud, che nell'arco di oltre due decenni si è andata riducendo e non include più le armi nucleari, non verrà estesa verso nord, cioè verso il confine della Cina stessa.

Il governo sudcoreano potrebbe dare assicurazioni in tal senso, con la benedizione dei suoi alleati giapponesi e americani, stabilendo oggi, mediante un accordo formale depositato presso l'Onu, che nessuna truppa straniera sarà autorizzata a posizionarsi a nord di quella che attualmente è la zona demilitarizzata che divide le due Coree. Una volta eliminata la minaccia missilistica proveniente dal Nord, la Corea del Sud potrebbe anche rimuovere dal proprio territorio il sistema missilistico THAAD (difesa d'area terminale ad alta quota) fornito dagli Stati Uniti. Poiché la Cina ha (a torto) considerato il sistema THAAD come una minaccia alla realizzabilità del proprio deterrente nucleare, una mossa del genere sanerebbe quella che resta una ferita aperta tra i due paesi.

Per rassicurare ulteriormente la Cina senza altri rischi per la Corea del Sud, il Giappone o gli Stati Uniti, l'Onu potrebbe anche inviare sul posto forze di pace e ispettori. Ad essi potrebbe unirsi un piccolo drappello di soldati e ispettori cinesi, a condizione che accettino di prendere ordini dai rappresentanti delle Nazioni Unite.

Questa è l'agenda per la pace e la sicurezza che le città asiatiche, che da decenni guidano la regione verso il futuro, dovrebbero cercare di attuare nel 2018. A noi tutti spetta ora il compito di adoperarci, sfruttando la nostra influenza, per garantire un futuro libero dalla minaccia di una guerra nucleare.

Traduzione di Federica Frasca

Yuriko Koike, attuale governatore di Tokyo, è stata ministro della Difesa, consigliere per la sicurezza nazionale e membro della Dieta nazionale del Giappone.

Copyright: Project Syndicate, 2017

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