l’incontro di bagnaia

È l’affidabilità la risorsa dei giornali

di Andrea Biondi

4' di lettura

A voler trovare la smoking gun, basterebbe mettere in fila i numeri inanellati dal ceo del New York Times, Mark Thompson. Dal palco del convegno “Crescere tra le righe”, organizzato dall’Osservatorio Giovani-Editori ieri e oggi a Borgo La Bagnaia, l’ad di “The Gray Lady” ha segnalato che entro la fine dell’anno gli abbonamenti, grazie al digitale, arriveranno a quota 4 milioni. Se si considera che l’ultima trimestrale ne ha segnalati 2,8 di milioni si capisce il ritmo di crescita in questo segmento. E se si considera che erano 1,8 gli abbonati nel 2011 i conti sono presto fatti.

Chiunque avesse voluto le prove di un mondo dell’editoria che si sta lasciando alle spalle un passato che non c’è più per un futuro denso di sfide, in questo piccolo borgo alle porte di Siena dove si è riunito il gotha dell’editoria italiana e internazionale avrebbe avuto piena soddisfazione. Ma non senza qualche timore, almeno a sentire le parole di Thompson: «Quanti giornali italiani o anche francesi sopravviveranno? Pochi o forse nessuno se non cambieranno la propria strategia». Numeri alla mano, ha ricordato Thompson, la stampa Usa ha perso il 32% degli abbonati in dieci anni e nel frattempo anche la pubblicità si è avviata su un piano inclinato. «Noi invece abbiamo registrato un aumento degli utenti paganti, cresciuti da quando nel 2011 abbiamo lanciato il nuovo modello». Conditio sine qua non: «Investimenti nei contenuti, nella redazione. Senza concentrarci sui tagli».

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Cambio del modello di business quindi: abbonamenti più che pubblicità. Certo, qui si parla delle punte più avanzate del giornalismo Usa. Ma l’esempio permette di posizionare i due capisaldi, valori e innovazione, attraverso cui si è sviluppato il filo conduttore di una giornata che ha visto sfilare in questo piccolo borgo un red carpet dell’infomazione mondiale per festeggiare i 18 anni dell’Osservatorio presieduto da un Andrea Ceccherini che come di consueto ha esortato gli studenti (circa 250 partecipranno a questa due giorni di convegno) a essere «irriverenti» nelle loro domande. «È un’occasione che non dovete sprecare» ha detto agli studenti del progetto “Quotidiano in classe” riferendosi alla possibilità di sentir parlare di giornalismo dai direttori dei più prestigiosi quotidiani Usa: Gerard Baker, del “The Wall Street Journal”, Dean Baquet, del “The New York Times” e Martin Baron, del “The Washington Post”. Con loro, per la prima volta, chiamati dal presidente dell’Osservatorio Andrea Ceccherini sono presenti i responsabili delle news delle principali piattaforme digitali (si veda altro articolo in pagina). Direttori che non si sono sottratti alle domande, a margine del convegno, sulla situazione italiana. Una voce per tutti quella del direttore del Washington Post, Baron: «Il governo negli Stati Uniti, che è cresciuto sull’onda del populismo, ha avuto un grande impatto sul Paese. Non è irragionevole pensare che un governo nato sulle stesse tensioni come quello italiano abbia un drammatico impatto anche qui».

Quel che è certo, hanno tenuto a precisare i direttori, è che proprio in momenti come questi il ruolo della stampa come watchdog diventa sempre più essenziale nelle democrazie mature in cui le tecnologie stanno amplificando effetti e pericolosità delle fake news. Che però, spiega Baker (Wsj), ci sono sempre state e oggi come in passato «si controbattono con la verità». Per questo «le nostre testate stanno crescendo sempre di più. La gente si rivolge a noi perché sa che c’è affidabilità».

Parola chiave risuonata a più riprese quella dell’affidabilità, come lo stop alle fake news, la necessità di un argine al “tutto gratis” che punta ad affossare il valore dell’informazione. Il tutto in un quadro in cui le tecnologie da una parte rappresentano una sfida, ma dall’altra anche un valido alleato. «Il giornalismo oggi è il migliore di sempre. Il dibattito sulle prospettive non deve impedire di vedere che oggi abbiamo il giornalismo migliore, potendo beneficiare dell’intelligenza artificiale, dei video».

È evidente che le notizie si consumano in maniera differente. Parlare di lettori è riduttivo, ma occorre pensare in termini di consumatore utente, da “ingaggiare” attraverso tutte le piattaforme. Un’indicazione che è anche una sfida per la stampa italiana. Come spiega il presidente e ad di Rcs Urbano Cairo «per Rcs, presente in Italia e Spagna, la carta pesa per l’84% del fatturato. Quindi per noi è importante. Dopo la relazione di Thompson è chiaro che dobbiamo investire nel digitale. Lo sviluppo digitale sarà fondamentale. Dobbiamo essere al passo con i tempi». Anche John Elkann, vicepresidente Gedi e presidente e ad di Exor ha sottolineato che «molti hanno voglia di usufruire di ciò che fanno i giornali fatti bene anche su altre piattaforme», aggiungendo che «noi vogliamo soddisfare i nostri lettori. E per questo i nostri prodotti sono pensati non solo per attrarre la pubblicità».

Il confronto fra publishing e tech sarà sempre più stringente. «Il grande rischio è che chi si era candidato a “connecting people” finisca in realtà per contribuire a “disconnecting democracy”» ha detto parlando dei social un Andrea Ceccherini che ieri ha messo in cassa l’endorsement del ceo di Time Warner Jeff Bewkes («Vorremmo avere un Osservatorio così anche in Usa»). «Il nostro sogno è diventare un progetto multi-piattaforma, di cui la prima è quella digitale» ha aggiunto Ceccherini, annunciando un progetto con Google per combattere le fake news.

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