Cinema

Il ritorno di Ant-Man, il supereroe che sa rimpicciolirsi

di Andrea Chimento

2' di lettura

La Marvel torna protagonista sul grande schermo dopo gli enormi successi registrati in questa stagione con «Black Panther» e «Avengers: Infinity War». Ora è arrivato il turno di «Ant-Man and the Wasp», sequel del divertente film del 2015 con al centro il supereroe che sa rimpicciolirsi (o ingigantirsi).

In questo secondo capitolo Scott Lang prova a gestire contemporaneamente la sua vita familiare e le responsabilità nei panni di Ant-Man, ma intanto gli viene assegnata una nuova missione particolarmente pericolosa. Per affrontarla, dovrà imparare a combattere al fianco di Wasp, un'eroina con abilità molto simili alle sue e con uno spiccato intelletto.

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Diretto nuovamente da Peyton Reed, «Ant-Man and the Wasp» è un sequel che rischia poco, giocando sul sicuro del terreno già tracciato dal film precedente e da altri recenti prodotti Marvel: possono venire in mente i «Guardiani della Galassia» come modello a cui tendere, ma in questo caso rimangono soltanto un lontano miraggio, non avendo «Ant-Man and the Wasp» la stessa freschezza visiva e l'originalità della sceneggiatura.

L'ironia messa in campo fa sorridere nella prima parte, ma alla lunga rischia di risultare stucchevole, così come le gag che sanno troppo di già visto e le battute non sempre ispirate al punto giusto.

Il personaggio di Wasp, interpretato da Evangeline Lily, non è un grande valore aggiunto, mentre è più efficace il cast di contorno, all'interno del quale si segnalano positivamente Michelle Pfeiffer e Michael Douglas.

Così così il protagonista Paul Rudd, ormai pienamente a suo agio nei panni di Ant-Man ma poco efficace nel rendere il suo personaggio più affascinante di quanto non fosse nel film precedente.

Lungometraggio piuttosto curioso è «The End? L'inferno fuori» di Daniele Misischia, uno “zombie-movie all'italiana” ambientato a Roma.

Prodotto dai Manetti Bros, è un bizzarro film di genere, che segue tutti gli archetipi dei film del filone sui morti viventi (la claustrofobia, in primis) ma con un tocco nostrano che lo rende quantomeno originale.

Non ci sono grandi riflessioni sociologiche, ma soltanto una pellicola di puro intrattenimento, altalenante nel ritmo e capace di divertire in alcuni passaggi: non è male, comunque, la scelta di un personaggio principale bloccato in un ascensore, mentre fuori si scatena una vera e propria Apocalisse.

In alcuni momenti decisivi Misischia gestisce bene la tensione della storia, anche se nel complesso la messinscena è un po' acerba e il risultato è un lungometraggio non per tutti gusti, consigliato soltanto ai fan del genere.

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