riduzione almeno per il 2018

Tra Opec e Russia parte il dibattito sull’«exit strategy» dai tagli

di Sissi Bellomo

(Imagoeconomica)

2' di lettura

Opec e alleati sembrano a disagio a parlare esplicitamente di «exit strategy», ma la discussione su come superare l’attuale piano di tagli della produzione di petrolio è ormai entrata nel vivo.

Il cambio di prospettiva è emerso con evidenza nel fine settimana a Muscat, in Oman, dove la coalizione ha riunito il suo comitato di monitoraggio: un organismo ristretto ma influente, poiché vi siedono sia l’Arabia Saudita che la Russia.

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È stato proprio il ministro saudita Khalid Al Falih a svelare le carte. «Avvicinandoci al riequilibrio del mercato verso la fine del 2018 abbiamo bisogno di estendere la cornice (di collaborazione, Ndr) anche se non necessariamente i livelli di produzione», ha dichiarato Al Falih, facendosi intervistare da Bloomberg Tv insieme al collega russo Alexander Novak.

«Il meccanismo non è stato ancora determinato – ha aggiunto il saudita – ma c’è consenso sulla necessità di continuare», sia pure non replicando per sempre gli stessi limiti «barile per barile e paese per paese». Solo continuando a governare il mercato, secondo Al Falih, si potrà «rassicurare» il settore nel lungo termine, consentendo una solida ripresa degli investimenti, che non sia limitata allo shale oil.

Anche Novak ha confermato la volontà di tenere in vita l’asse Opec-non Opec, obiettivo peraltro era dichiarato fin dal primo accordo sui tagli, nel 2016. «I due maggiori Paesi produttori ed esportatori di petrolio – ha detto – possono continuare la cooperazione per il bene dell’industria petrolifera e in nome della stabilità».

Altri ministri della coalizione avevano negato nei giorni scorsi che il tema della exit strategy fosse in agenda a Muscat, rinviandolo al vertice di giugno se non addirittura a quello successivo, a novembre-dicembre. Al Falih tuttavia si è spinto nei dettagli descrivendo le possibili linee di evoluzione del patto, segno che il dibattito è stato avviato.

«Una delle prime cose che dovremo definire nei prossimi mesi, prima ancora di incontrarci a giugno, è identificare con maggiore precisione il nostro target», ha detto il saudita, spiegando che riportare le scorte petrolifere alla media degli ultimi 5 anni non è un obiettivo sostenibile, perché cambia col tempo.

Il livello ideale delle scorte si potrebbe defnire in termini di giorni di consumo, suggerisce Al Falih, magari considerando anche target diversi a seconda delle aree geografiche e delle qualità di greggio.

Nel frattempo l’Opec Plus continuerà a tagliare la produzione, fino al termine del 2018 e se necessario anche oltre, ha specificato Al Falih.

Lo shale oil preoccupa fino a un certo punto: «Crescerà, ma questo è un mercato grande, ci saranno fattori di compensazione». I rischi riguardano piuttosto i consumi: «Stagionalmente stiamo entrando in periodo di bassa domanda – osserva il ministro – Dobbiamo aspettare che passi e valutare le scorte nel secondo semestre prima di considerare eventuali variazioni» delle politiche produttive.

Finora la disciplina dei Paesi della coalizione è stata comunque eccezionale: solo Iraq e Kazakhstan sono stati additati come inadempienti e invitati, in teleconferenza, ad adeguarsi ai tetti assegnati. Tutti gli altri hanno rispettato o ecceduto i limiti assegnati, con un grado di compliance del 107% nel 2017 e addirittura del 129% a dicembre.

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