antidumping

Dazi alla Cina, le imprese della siderurgia spingono per il dialogo

di Matteo Meneghello

(Carino)

2' di lettura

È inevitabile confrontarsi con la variabile cinese. Oggi c’è l’urgenza di tamponare le esportazioni in dumping dei coils (è attesa domani la decisione sui dazi per Russia, Brasile, Ucraina, Iran), domani bisognerà fronteggiare una probabile invasione di rottame: il Dragone resta un interlocutore imprescindibile, piaccia o meno e per questo motivo la filiera dell’acciaio, italiana ed europea, deve attrezzarsi, trovare nuove forme di rappresentanza e di adattamento, se non vuole uscirne ridimensionata. Sono queste le conclusioni delle due principali tavole rotonde dell’Assofermet day, giornata di studi organizzata dall’associazione che raggruppa i distributori siderurgici italiani.

Gabriele Morgante, della direzione generale mercato interno-settore materie prime, metalli e minerali della Commissione Ue, è stato molto esplicito: «l’antidumping è una misura provvisoria: nel lungo periodo l’overcapacity va affrontata a livello globale, per questo abbiamo avviato una discussione in un forum permanente. Non è facile, ma cerchiamo di esercitare una pressione politica sulla Cina». Per Tommaso Sandrini, presidente di Assofermet acciai, «La posizione contro chi opera in maniera sleale, come la Cina, deve essere ferma. Ma c’è la consapevolezza di essere davanti a un periodo di trasformazione delle regole del gioco: in questa fase servono nuove forme di rappresentanza». Sulla stessa linea Flavio Bregant, direttore generale di Federacciai, secondo il quale «dobbiamo ragionare in filiera, sviluppare insieme sia le competenze tecniche a monte, sia i percorsi distributivi a valle. Dobbiamo lavorare insieme per capire di cosa ha bisogno il cliente in questo momento».

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Gli interventi di analisti e operatori chiamati da Assofermet a fornire un’istantanea del settore a 360 gradi, hanno confermato che, a fronte di un’avanzata inesorabile dei paesi emergenti (non solo Cina, ma anche India e altri attori del sud-est Asiatico) la vecchia Europa può solo cercare di contenere i danni, interpretando al meglio le opportunità offerte dal mercato. «Oggi in Europa si ragiona soprattutto su come adattare la struttura di costi alla nuova realtà del settore» ha spiegato Rinaldo Baldi, direttore generale di ArcelorMittal Cln Italia. Sollecitato sul tema dell’acquisizione di Ilva da parte di Mittal, Baldi, dopo avere precisato di lavorare per una realtà solo partecipata e non controllata dal gruppo lussumburghese, ha affermato che «anche Ilva può avere un valore produttivo, le sinergie potenziali sono importanti: se un gruppo come Am ha investito in Ilva è perchè ritiene possibile ottenere un payback dall’operazione».

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