l’intervista

Anan Mahindra: «Pininfarina rimarrà un’icona indipendente»

di Ugo Tramballi

(Afp)

3' di lettura

«Incomincio a chiedermi se non sia momento considerare avere nostro social network… Se qualche giovane team indiano ha un piano, posso assistere seminando capitale». È con un tweet e un’idea che Anand Mahindra ha reagito allo scandalo: proponendo una Facebook indiana. Non è una sindrome di hubris: dopo l’acciaio, le auto e molto altro, ora l’IT è sempre più il grande business del Gruppo Mahindra. E dell’India.

«Francamente ho guardato all’opportunità dell’affare, la mia non è una crociata contro Facebook», spiega Anand Mahindra, il presidente della conglomerata che nel dicembre 2016 ha acquisito il 76,6% di Pininfarina, attraverso Tech Mahindra. «Ora Mark (Zuckenberg, n.d.r.) dice che ci vorranno due anni per risolvere il problema. Ho capito che il loro business model è trasformare la gente in un prodotto e ho pensato che questo sia il momento di cogliere l’occasione: la gente cerca un’alternativa».

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Nel suo ufficio di Apollo Bandar, nel cuore di Mumbai, Anand Mahindra sta preparando il suo viaggio in Italia dove venerdì presenterà con Paolo Pininfarina un progetto di auto elettrica. Ma di questo preferisce non dare dettagli.

Perché ha acquisito Pininfarina?

Non cercavamo solo un bel design: fosse stato per questo ci saremmo limitati a diventare clienti di Pininfarina. Nel mercato dell’auto è molto difficile diventare un brand di lusso. Da anni Toyota lavora su Lexus e non è ancora riuscita a raggiungere quel pinnacolo al quale aspirava. Lusso è dove hai la combinazione di storia e artigianato. La storia di Pininfarina è bella e non poteva essere interrotta. Per questo abbiamo acquisito solo il 70%: volevamo che restasse indipendente, che Pininfarina non venisse scambiata per l’officina di Mahindra. Avremmo ucciso la storia: Pininfarina deve restare un’icona indipendente.

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Ci sarà un’auto Mahindra interamente disegnata da Pininfarina?

No. Se Vuitton produce a Calcutta, la gente non la compra perché il punto non è una borsa che costi meno. La storia di un artigianato viene dal suo territorio e quello di Pininfarina è Torino, non Mumbai. Volevamo una compagnia nello spazio globale del lusso al di sopra del tempo e della tecnologia. Forse però nascerà un’auto per il mercato globale. Ma noi metteremo solo le risorse e il know-how elettrico grazie all’esperienza che abbiamo acquisito in Formula E. L’auto sarà Pininfarina.

Quale sarà il futuro dell’automobile?

Credo nella guida autonoma ma il suo futuro è ancora lontano. Grazie alle tecnologie delle nuove batterie, l’elettrificazione dell’auto sarà invece molto rapida: nel settore del car sharing sarà veloce. La Formula E sta dimostrando che l’auto elettrica è performante e divertente.

Ci saranno altri investimenti Mahindra in Italia, soprattutto pensando alle difficoltà in Gran Bretagna dove avete impegni importanti?

Abbiamo investito in Italia e Francia. Se Brexit arriverà fino in fondo crediamo nell’economia spagnola, molto robusta. Ma la nostra base europea è a Roma. In ogni caso, non ci sono altri piani precisi per l’Italia. (N.d.r. Qualche giorno prima, incontrandolo a Delhi, il Ceo di Tech Mahindra, C.P.Gurnani aveva detto al Sole 24 Ore: «Avevamo cercato un’acquisizione nel settore banche e assicurazioni. Abbiamo bussato ad alcune porte ma non è andata bene. Così ho chiesto a Silvio Angori, amministratore delegato di Pininfarina, di incominciare a parlare direttamente con le banche»).

State investendo in Intelligenza Artificiale, in Internet delle Cose. Ma il 50% degli indiani ancora non ha accesso al web. Non crede ci sia uno squilibrio fra i vostri programmi e la realtà?

Credo che il mondo debba prestare attenzione a ciò che accade in India. Quando esiste un simile gap ma possiedi la tecnologia, devi immaginare il grande balzo. Siamo il paese nel quale lo smart phone è penetrato con più irruenza che in qualsiasi altra nazione. Due anni fa eravamo al centesimo posto nel consumo di dati sui telefoni mobili, oggi siamo i primi al modo: in due anni. È potuto accadere perché la tecnologia si è adeguata alla realtà indiana, abbassando i costi.

Secondo lei stiamo andando verso una lunga stagione di guerre commerciali?

Spero che Donald Trump voglia solo riequilibrare il deficit commerciale americano. Se è così, si tornerà presto agli accordi globali. Se invece la guerra commerciale è radicata nel suo pensiero, allora temo che tutto diventerà più sgradevole. E alla fine il prezzo più pesante lo pagheranno gli americani.

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