Il futuro dell’automotive

Superati gli shock, le 2 grandi sfide che attendono Fca e Volkswagen

di Paolo Bricco

(AFP)

3' di lettura

Questa settimana i casi Fca e Volkswagen insegnano due cose. La prima è che gli shock sono stati assorbiti. L'industria dell'auto ha trovato una sua stabilizzazione. La seconda è che, adesso, può dedicarsi alla prossima costruzione di un nuovo meccano, in grado di misurarsi con le due sfide strutturali: la ricerca di un punto di equilibrio nella gestione dei capitali e lo scenario dirompente della guida autonoma e del nuovo paradigma dell'elettrico. Ed entrambe le sfide strutturali si possono affrontare in un solo modo: nella versione maggiore con una nuova stagione di fusioni o acquisizioni di interi gruppi oppure, nella versione minore, con operazioni compiute su pezzi di gruppi: società o divisioni o marchi. Prendiamo, appunto, Fca e Volkswagen.

Fca ha presentato ad Amsterdam venerdì i risultati del bilancio 2017 e illustrerà, il 1 giugno, il prossimo piano industriale. Venerdì in Volkswagen il nuovo amministratore delegato Herbert Diess ha delineato il cambio di rotta nella strategia del gruppo tedesco. Fca nasce da condizioni prefallimentari – la Fiat del 2004, l'anno dell'arrivo di Sergio Marchionne – e da un vero e proprio fallimento, incarnato dalla Chrysler del 2009, ridotta a un rottame dopo le gestioni Daimler e Cerberus nel contesto del crollo dell'auto americana. Volkswagen, in condizioni prefallimentari, ha rischiato di finire, con il dieselgate del 2015.

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Fca ha compiuto la lunga traversata del deserto del risanamento di Fiat, della rifondazione di Chrysler e della costituzione di un nuovo aggregato, diventando – secondo le parole di Marchionne – «un costruttore d'auto degno di rispetto». Volkswagen ha compiuto la sua breve – fulminea, ma pericolosissima – traversata nel deserto del dieselgate, che avrebbe potuto farla morire. Adesso, ritrovati un equilibrio strategico e una coesione industriale e finanziaria – costruita da zero per Fca e recuperata da Volkswagen in due anni, lo spazio di un mattino in una industria dai tempi lunghissimi come l'auto – è possibile per questi due gruppi operare sul proprio profilo strutturale.

Le scelte sul profilo strutturale vanno tenute distinte – per quanto ad esse collegate – da altre due questioni: chi è il capoazienda – e sappiamo che Marchionne l'anno prossimo lascerà e che Diess si è appena insediato – e quali sono gli interessi degli azionisti, con gli Agnelli-Elkann da tempo impegnati ad avere un portafoglio di investimenti diversificato e meno sbilanciato sull'automobile e gli azionisti di Volkswagen – il Land della Bassa Sassonia, i sindacati e le famiglie Porsche e Piëch – in perenne ricerca di una ricomposizione armoniosa, secondo la dinamica tedesca. Il profilo strutturale è, appunto, in via di rimodulazione.

Per quanto riguarda Fca sono noti i progetti – periodicamente accarezzati e poi rimessi nel cassetto – di scorporo di Alfa Romeo e di Maserati, procede quello relativo alla componentistica di Magneti Marelli e viene ventilato da più parti quello di Jeep, il vero baricentro del gruppo.

Volkswagen, venerdì, ha annunciato una radicale metamorfosi: non più un gruppo integrato e coeso, ma un gruppo pronto a dare via a nuove divisioni, a societarizzazioni e a scorpori. Il tutto in coerenza con la creazione di valore, il mantra centrale della lingua franca del capitalismo internazionale.

La creazione di valore non può prescindere da due fattori. Il primo è appunto costituito dai ciclopici investimenti necessari per affrontare il duplice paradigma dell'auto elettrica o ibrida e della guida autonoma. Il secondo è rappresentato dall'inefficienza reddituale – più che finanziaria - dell'industria dell'auto: oltre ai ciclopici investimenti nell'auto elettrica e nella guida autonoma e oltre alla magnitudo finanziaria del costo industriale di base degli impianti, va considerato che la concorrenza fra case automobilistiche ha portato alla duplicazione degli investimenti – le case automobilistiche puntano tantissimi soldi sugli stessi numeri della roulette dei prodotti e delle tecnologie - e che il prezzo della concorrenza sul mercato finale tende a crescere moltissimo. Nell'industria, quando si vuole vendere qualcosa o quando si vuole aggregarlo a qualche cosa d'altro si fa così: lo si rende autonomo, gli si conferisce una identità – che può anche soltanto essere sostanziale e manageriale, non giuridica e societaria – e lo si fa ballare sempre più con le proprie gambe e con una propria musica. A quel punto si è pronti, per una nuova gara di ballo. E, vedendo quello che è capitato questa settimana in casa Volkswagen e quello che sta capitando da diverso tempo in casa Fca, l'industria dell'auto è pronta proprio a questo: una nuova gara di ballo.

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