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Il piano di Schäuble per l’Eurozona: l’Esm vigili sui bilanci e ristrutturi i debiti

di Beda Romano

Il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble e il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem

3' di lettura

Pungolati dalla Germania, preoccupata dal futuro dell’economia mondiale e da una zona euro ancora troppo fragile, i ministri delle Finanze dell’euro hanno discusso qui in Lussemburgo del modo per rafforzare l’unione monetaria. Sul tavolo il futuro del Meccanismo europeo di Stabilità cosi come la questione dell’elevata imposizione sul lavoro (il cosiddetto cuneo fiscale). La riunione ha mostrato prevedibili divergenze tra i partecipanti per via di idee tedesche particolarmente controverse.

«La discussione ha riguardato il governo dell’Esm, il suo ruolo nella gestione delle crisi e nel futuro dell’unione bancaria. È emersa una forte convergenza tra i ministri sul fatto che l’Esm debba rimanere un ente intergovernativo e possa avere un ruolo di paracadute nelle crisi bancarie», ha detto il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, annunciando nel contempo la sua permanenza alla guida del consesso ministeriale fino alla scadenza del suo mandato, in gennaio, malgrado il prossimo cambio di governo ad Amsterdam.

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Altre convergenze non sono state possibili. Il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble, presente al suo ultimo Eurogruppo prima della sua elezione al vertice del Bundestag, ha colto l’occasione per precisare la sua visione dell’Esm. L’idea è di trasformare l’istituzione in un Fondo monetario europeo, togliendo alla Commissione il compito di monitorare i conti pubblici. A un riformato Esm dovrebbe poi essere associato un meccanismo di ristrutturazione dei debiti (un’idea che non piace a molti paesi, tra cui l’Italia).

Secondo il documento tedesco di tre pagine, l’Esm potrebbe diventare un paracadute nel caso di crisi creditizia solo dopo che saranno stati ulteriormente ridotti i rischi nei bilanci bancari. Più in generale, Schäuble è convinto che sia necessaria rafforzare la convergenza tra i paesi, legando l’uso dei fondi europei alle riforme economiche. Al ministro non piace neppure l’idea italo-francese di un bilancio della zona euro che abbia compiti di stabilizzazione dell’economia: bastano i welfare nazionali.

La visione dell’attuale ministro tedesco, nota da tempo, è segnata dall’obiettivo di evitare l’azzardo morale e dal principio che prima di adottare un assetto federale è necessario che i paesi perseguano il principio della “casa in ordine”. Il commissario agli affari monetari Pierre Moscovici non ha nascosto dubbi sulle proposte di Schäuble. L’uomo politico francese ha ricordato che «compiti di monitoraggio delle politiche economiche sono stati affidati alla Commissione (...) e che questi vanno preservati».

Il commissario ha ricordato che il 6 dicembre l’esecutivo comunitario presenterà le sue proposte per riformare la zona euro. Consapevole delle divergenze di veduta sul futuro dell’Esm, il direttore di quest’ultimo, Klaus Regling, ha suggerito che si possano trovare nuove forme di cooperazione tra il Meccanismo europeo di Stabilità e la Commissione. Nel frattempo, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk farà un punto della situazione nel vertice europeo della settimana prossima.

I paesi membri della zona euro sono anche tornati a discutere anche della riduzione del cuneo fiscale, una altra pista per rafforzare la zona euro. Il dibattito è servito ai ministri per scambiarsi punti di vista e soluzioni praticabili. L’Italia è tra i paesi dove il costo del lavoro non salariale è tra i più elevati dell’unione monetaria. La premessa è che un cuneo fiscale troppo elevato pesa sulla redditività delle imprese, sull’occupazione e più in generale sulla crescita dell’economia.

Nella loro discussione i ministri hanno discusso di tre opzioni. La prima prevede la riduzione tout court delle tasse sul lavoro, senza agire sulle altre poste del bilancio nazionale, con il rischio di un aumento del disavanzo. La seconda è di ridurre l’imposizione sul lavoro aumentando le tasse sui consumi o su altri beni e servizi per evitare derive dei deficit. Infine, la terza opzione è di compensare il taglio fiscale con una riduzione della spesa pubblica. I ministri torneranno a parlare del tema in novembre.

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