oggi scade L’ULTIMATUM

Madrid pronta a «congelare» l’articolo 155 se la Catalogna convocherà nuove elezioni

di Luca Veronese

Il premier spagnolo Mariano Rajoy incalzato dai cronisti oggi all’uscita dal Parlamento di Madrid

3' di lettura

Il governo spagnolo è disposto a “perdonare” la Catalogna, rinunciando a commissariare l’autonomia della Generalitat, se Barcellona scioglierà l’Assemblea e indirà nuove elezioni regionali. Non ci sono ancora dichiarazioni ufficiali ma fonti vicine al premier Mariano Rajoy spiegano che «le elezioni in Catalogna sono una via d’uscita alla crisi» e che «le elezioni permetterebbero di misurare quale sostegno hanno oggi le rivendicazioni indipendentiste e quanto invece i catalani siano legati alla Spagna». Rajoy potrebbe dunque non fare ricorso, per ora, all’articolo 155 della Costituzione che gli dà il potere di intervenire in Catalogna sospendendone l’autogoverno «con ogni misura necessaria» per difendere «l’interesse generale della Spagna».

A un giorno dallo scadere dell’ultimatum che Rajoy ha dato al governatore catalano Carles Puigdemont per rinunciare alla dichiarazione di indipendenza, la mossa del governo spagnolo potrebbe aiutare ad avviare un dialogo tra Barcellona e Madrid. In molti in Spagna e in Europa, si stanno dando da fare per cercare di risolvere con una trattativa politica la questione catalana.

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Il rifiuto di mediazione da parte dell’Unione europea
L’Unione europea ha respinto con decisione ogni ruolo di mediazione. «La Spagna è uno stato di diritto», ha detto ieri il portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert, rispondendo in conferenza stampa a Berlino a una domanda sugli arresti di due attivisti del fronte indipendentista in Catalogna. «Non spetta a me commentare le decisioni del tribunale spagnolo», ha continuato, ribadendo che quello catalano è un conflitto «interno» e va risolto in Spagna. Seibert ha sottolineato di ritenere che serva il «dialogo». «Ovviamente noi, partner e amici della Spagna, osserviamo con grande attenzione quello che sta accadendo», ha concluso. «Abbiamo fiducia nelle capacità della democrazia spagnola di consentire un dialogo politico sereno, rispettoso della legalità costituzionale e dello Stato di diritto», ha fatto sapere il ministero degli Esteri della Francia. «Immischiarsi negli affari politici interni della Spagna - hanno spiegato al ministero francese - non spetta alla Francia, tantomeno nelle procedure giudiziarie in corso in quel Paese».

A proporsi per una mediazione - per il momento in modo discreto e informale - sono stati i governi di Svizzera, Svezia e Slovenia. «Ma finché non si muove una grande cancelleria - dicono da Barcellona - il governo spagnolo continuerà a considerare la crisi catalana come una questione interna e non accetterà quelle che considera intromissioni nelle sue prerogative politiche».

Alle 10,00 scade l’ultimatum di Rajoy alla Catalogna
Il governo catalano ha fatto sapere nei giorni scorsi che risponderà all’ultimatum di Madrid che scade domani alle ore 10,00, «mantenendo l’offerta di dialogo» ma «senza cambiare sostanzialmente i termini» della prima risposta ritenuta «non valida» dal governo spagnolo. Il portavoce Jordi Turull ha detto che Barcellona chiederà a Madrid «se vuole parlare, sì o no?». «In base alla risposta, agiremo», ha aggiunto Turull ribadendo «totale impegno per rispettare i risultati del referendum» nel quale, il primo ottobre, hanno votato oltre due milioni di catalani, pari al 40% degli aventi diritti, quasi tutti a favore dell’indipendenza.

Rajoy convocherà oggi, proprio allo scadere dell’ultimatum, un vertice straordinario del governo per decidere cosa fare. Il Consiglio dei ministri spagnolo potrebbe formalizzare la richiesta di attivazione dell’articolo 155 al Senato, che potrebbe dare il via libera all’intervento in Catalogna in una settimana circa, prima della partenza dello stesso Rajoy per il vertice Ue di Bruxelles.

Nei prossimi giorni la Catalogna sarà di nuovo attraversata da manifestazioni di piazza a favore e contro l’indipendenza. Il Tavolo per la Democrazia, che riunisce i movimenti della società civile indipendentista, i sindacati e alcune organizzazioni di imprenditori catalani, ha convocato sabato a Barcellona una grande manifestazione per chiedere la liberazione dei «detenuti politici» Jordi Sanchez e Jordi Cuixat arrestati lunedì a Madrid e accusati di sedizione. Duecentomila persone si sono concentrate già martedì nella capitale catalana per denunciare il loro arresto.

La crisi catalana rallenta l’economia
Le grandi banche e numerose grandi imprese catalane hanno già trasferito la sede legale fuori dai confini della regione. Come gesto simbolico e per restare comunque agganciati all’Eurozona. E l’economia già sembra risentire delle tensioni tra Madrid e Barcellona. La crisi catalana potrebbe infatti ridurre la crescita spagnola fra lo 0,4% e l’1,2% del Pil secondo proiezioni della Autorità Indipendente di responsabilità fiscale di Madrid. L’impatto nel 2018 potrebbe fare scendere la crescita spagnola dal 2,7% finora previsto al 1,5 per cento. Il governo di Madrid ha già abbassato al 2,5% le stime di crescita per il 2018 nel progetto di programmazione finanziaria consegnato questa settimana a Bruxelles.

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