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Maduro chiede di ristrutturare il debito, ultime carte per evitare il default

di Gianluca Di Donfrancesco

Il presidente venezuelano, Nicolas Maduro (Epa)

3' di lettura

Caracas si gioca le ultime carte per evitare il default. In un acceso discorso trasmesso dalla televisione nazionale, il presidente Nicolas Maduro ha annunciato giovedì «un rifinanziamento, una ristrutturazione del debito estero e di tutti i pagamenti che deve effettuare il Venezuela». E ieri il vicepresidente, Tareck El Aissami, ha invitato i creditori a Caracas il 13 novembre «per mettere in campo insieme meccanismi che garantiscano la tenuta degli impegni sovrani nel quadro della rinegoziazione del debito». Non si tratta ancora di un default, ma il processo, come afferma El Aissami, è già cominciato: ai detentori di bond è stato indicato un indirizzo di posta elettronica al quale scrivere per avere informazioni.

Giovedì Maduro ha spiegato che il rimborso di circa 1,1 miliardi di dollari su un bond dell'azienda petrolifera statale Pdvsa, scaduto giovedì, sarà l'ultimo che il Paese onorerà prima di rinegoziare il proprio debito estero. Il pagamento, che segue quello da 842 milioni del 27 ottobre, avverrà con fondi pubblici. Poi, una commissione coordinata da El Aissami, si occuperà della ristrutturazione.Entro l'anno, Governo e Pdvsa sono chiamati a rispettare scadenze per 1,6 miliardi di dollari. Altri 9 miliardi arriveranno a maturazione nel 2018. Il prossimo pagamento per Pdvsa va fatto entro una settimana: si tratta di 81 milioni di dollari scaduti il 12 ottobre e per i quali la società sta utilizzando del “periodo di grazia” di 30 giorni.

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Per Maduro, la colpa dei guai del Venezuela va data alle sanzioni finanziarie imposte dagli Stati Uniti. Caracas, ha sottolineato il presidente, «ha sempre pagato fino all'ultimo centesimo, con grandi sacrifici, ed è nostra intenzione continuare a farlo, ma per questo deve cessare la persecuzione finanziaria delle banche e degli organismi internazionali». I nemici sono l'«impero» americano, l'opposizione antichavista - fatta di «traditori della patria» - e il Governo colombiano di Juan Manuel Santos, «uno sciacallo dell'impero, che odia il Venezuela».Un default di Pdvsa innescherebbe battaglie legali internazionali sul controllo degli asset che la società possiede all'estero, compresa la raffineria Citgo negli Usa e le petroliere che trasportano greggio nel mondo.

Le esportazioni del primo Paese al mondo per riserve di petrolio rischierebbero il blocco, rendendo Caracas sempre più dipendente dalla russa Rosneft, che già ad aprile ha anticipato a Pdvsa un miliardo di dollari per permetterle di rimborsare un bond da 3 miliardi. La settimana scorsa, la compagnia russa si è detta pronta a una moratoria sui crediti che vanta dal Venezuela.Le sanzioni imposte ad agosto da Washington, che accusa Caracas di violazioni dei diritti umani, hanno reso molto complicato il rifinanziamento sui mercati internazionali.

Per lo stesso motivo, il Paese farà fatica a ristrutturare il debito: la Casa Bianca vieta alle banche Usa di partecipare a negoziati di questo genere. Lo stesso El Aissami compare sulla lista nera di Washington, accusato di avere legami con i cartelli della droga messicani e colombiani (il ministro dell'Economia, Simon Zerpa, è sotto sanzioni per corruzione).Ieri, i 3 miliardi di dollari di bond venezuelani in scadenza nel 2026 e i 4,2 miliardi di titoli in scadenza nel 2031 hanno perso entrambi circa 10 punti base, mentre i rendimenti corrono a livelli record, rispettivamente al 39,4 e al 37,9%. Il bond di Pdvsa in scadenza nel 2021 ha perso 20 punti base.

Maduro incontra Putin

Secondo Torino Capital, Governo ed entità statali hanno accumulato circa 140 miliardi di dollari di esposizione estera: 63 miliardi di debito commerciale, 5 di prestiti ricevuti da istituzioni internazionali, 17 nei confronti della Cina e altri 3 verso la Russia, oltre ad avere emesso 52 miliardi in obbligazioni.

I mercati si aspettano da tempo il default: il Pil si è contratto del 10% lo scorso anno e l'Fmi stima che l'inflazione supererà il 2.000% nel 2018. Le riserve valutarie sono ai minimi da 20 anni, a 10 miliardi di dollari. Il debito venezuelano è quello che paga gli interessi più alti tra i mercati emergenti, sulla base del JPMorgan Embi Global Diversified Index: lo spread sui Treasury Usa è del 31%, il doppio di quello del Mozambico, già in default, e sei volte quello dell'Ucraina martoriata dalla guerra.

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