Il world economic forum

A Davos nuovo round tra Stati Uniti e Europa

di Gianluca Di Donfrancesco

(Reuters)

3' di lettura

Lo scorso anno fu il presidente cinese Xi Jinping a conquistare la platea di Davos, con la sua inaspettata, e non proprio credibilissima, autocandidatura a raccogliere il testimone del liberismo, lasciato cadere dagli Stati Uniti di Donald Trump. Quest’anno, a contendersi la scena della 48esima edizione del World Economic Forum saranno almeno in tre: lo stesso Trump, che ha deciso di partecipare di persona anziché bombardare l’evento di tweet da Washington; l’iperattivo Emmanuel Macron, reduce da una girandola di vertici e visite di Stato degna di una tournee dei Rolling Stones; la (quasi) inossidabile Angela Merkel, che ha dato la propria adesione solo venerdì, e che si presenta a poche ore dal via libera dell’Spd all’accordo di Grande Coalizione negoziato con tanta fatica.

Nell’esclusivo resort alpino finirà per giocarsi un nuovo round del match iniziato tra Stati Uniti ed Europa da quando Trump è alla Casa Bianca. Mai un World Economic Forum aveva raccolto così importanti adesioni: in tutto sono previsti 70 capi di Stato o di Governo e 38 leader delle maggiori organizzazioni internazionali. Facile prevedere che la coppia del momento, Merkel&Macron, vincerà la gara dei consensi, mentre a Trump andrà quella dell’”audience”.

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Il suo intervento è in programma per il 26 gennaio, poche ore prima della chiusura del Forum. Si scoprirà finalmente cosa c’entri il sovranista no-global, l’architetto di muri e demolitore di istituzioni internazionali, con il ritrovo della «plutocrazia con una coscienza sociale» (come Philip Stephens ha definito il World Economic Forum sul Financial Times), in un evento intitolato «Costruire un futuro condiviso in un mondo diviso».

Trump arriverà scortato dai dai pezzi da 90 del suo Governo: oltre al genero e consigliere Jared Kushner, sono attesi il segretario di Stato Rex Tillerson, Steven Mnuchin (Tesoro), Wilbur Ross (Commercio), il rappresentante per il Commercio e strenuo avvocato dell’isolazionismo Usa Robert Lightizer.

Merkel e Macron, invece, terranno i loro interventi il 24 gennaio, giornata dedicata all’Europa. Anche il primo ministro italiano uscente, Paolo Gentiloni, interverrà: prima in una conferenza sul Mediterraneo insieme al premier greco Alexis Tsipras e, a seguire, con un discorso alla conferenza plenaria del vertice.

Theresa May interverrà il 25 e cercherà di vendere di nuovo la «global Britain», tutta export e accordi commerciali, finalmente libera dai lacci di Bruxelles. Così almeno nell’immaginario dei brexiters. La realtà, per ora, suona un po’ diversa. Dopo aver rinunciato alla sponda europea, Londra sembra aver perso anche quella atlantica: la special relationship con gli Stati Uniti sta infatti reggendo molto male all’era Trump. Una anno fa, May era corsa a Washington per essere il primo capo di Governo a far vista al nuovo presidente. Oggi Trump si rifiuta di restituire la cortesia, con gran sollievo dei londinesi e della regina Elisabetta, grande ammiratrice di Barack Obama.

Nella fitta agenda del Forum, il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, parlerà nella mattina del 25 gennaio, mentre il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, è atteso per il tardo pomeriggio della stessa giornata.

Il premier canadese Justin Trudeau scenderà in campo con tutto il suo fascino il 23: i bookmakers scommettono su una difesa preventiva del commercio internazionale con riferimento più o meno esplicito al pericolante Nafta, che tiene insieme in un accordo di libero scambio Canada, Messico e Stati Uniti, almeno fino a quando Trump non si deciderà davvero ad abbatterlo.

Non ci fosse stato lui, The Donald, il ruolo di star del Wef 2018 sarebbe probabilmente andato al primo ministro della democrazia più popolosa del mondo, l’indiano Narendra Modi. E infatti, il padrone di casa, Klaus Schwab, gli aveva riservato l’onore di aprire i lavori, il 23 gennaio. Il suo discorso sarà comunque uno dei momenti salienti: l’India è una delle storie più interessanti del decennio ed era dal 1997 che Davos non si fregiava della partecipazione di un premier indiano.

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