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Narendra Modi, «eroe per caso» della globalizzazione

di Gianluca Di Donfrancesco e Marco Valsania

Il saluto di Narendra Modi, primo ministro indiano, al Forum di Davos

3' di lettura

DAVOS e NEW YORK - Donald Trump attacca, Davos risponde. Aspettando che il duello tra il presidente degli Stati Uniti e il World Economic Forum si consumi venerdì prossimo, quando Trump calerà sul meeting in corso nel resort alpino, lo scontro tra due visioni del mondo si consuma a distanza. Con gli Stati Uniti che adottano dazi su pannelli solari e lavatrici e il Wef che si stringe attorno al premier indiano Narendra Modi, assurto al ruolo di difensore della globalizzazione.

Vesti che oggi saranno indossate dal presidente francese Emmanuel Macron e dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, finalmente libera di tornare sulla scena politica internazionale dopo la lunga parentesi a cui l’ha costretta il complicato quadro politico tedesco.

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Trump all’attacco

In nome di America First e nel giorno di apertura dei lavori del World Economic Forum, l’Amministrazione americana fa scattare dazi su vecchi e nuovi settori, dalle lavatrici ai pannelli solari. La decisione, che il presidente Donald Trump ha firmato in pompa magna nello Studio Ovale, è stata difesa dalla Casa Bianca come una necessaria tutela della produzione domestica. I Paesi direttamente nel mirino sono la Cina per i pannelli solari e la Corea del Sud. Ma minacciano di coinvolgere anche Canada e Messico, partner nel Nafta, ed Europa. E di innescare ritorsioni.

Mentre a Davos si cerca una soluzione all’enigma “come costruire un futuro condiviso in un mondo frammentato”, Washington fa anche sapere che le sue azioni non resteranno isolate: in gioco solo nelle prossime settimane ci sono mosse su acciaio e alluminio. «Difenderemo sempre lavoratori, contadini, allevatori e imprese statunitensi», ha detto il rappresentante al Commercio Robert Lighthizer.

I Governi di Seul e di Pechino hanno definito l’azione un «abuso» che viola le regole della Wto. Il Messico ha fatto sapere che risponderà con «ogni mezzo legale».

Le misure

Sono colpite le importazioni di pannelli solari, con dazi del 30% a scalare in quattro anni. Esenti ogni anno i moduli per i primi 2,5 gigawatt di energia. La Solar Energy Industry Association ha denunciato che l’aumento dei costi frenerà in realtà la crescita e distruggerà 23mila posti di lavoro solo nel 2018. Il 90% dei pannelli è importato, spesso dall’Asia, in un comparto che impiega 260mila americani. I produttori domestici invece esultano.

Sulle lavatrici i dazi saranno del 20% sugli iniziali 1,2 milioni di elettrodomestici importati, per poi lievitare al 50 per cento. La sovrattassa del 50% colpirà anche la componentistica. Le tariffe, che diminuiranno nel corso di tre anni, saranno accompagnante da quote sull’import. Whirlpool, che aveva presentato il caso, ha annunciato 200 assunzioni in uno stabilimento in Ohio che ne impiega 3mila.

Produttori sudcoreani con impianti negli Usa affermano invece che il giro di vite danneggerà anche le loro attività americane, come le fabbriche che Samsung e LG stanno costruendo in South Carolina e Tennessee.

Trump ha rispolverato una legislazione del 1974 che consente ad aziende statunitensi di chiedere «rimedi» di salvaguardia se hanno sofferto «danni significativi» da improvvisi aumenti dell’import. L’ultima volta era stato usato nel 2002 da George W. Bush per proteggere la siderurgia.

La risposta di Modi

«Non voglio che i muri e le finestre della mia casa siano chiusi da tutte le direzioni, ma che il vento di tutti i Paesi entri con calma. Ma non accetterò che i miei piedi siano sradicati da questi venti». È questa la citazione di Gandhi che il premier indiano Modi ha scelto per marcare le distanze dall’unilateralismo di Trump, senza però rinunciare a criticare i difetti di una globalizzazione «che ha perso smalto» e che è assediata da forze che «vorrebbero invertirne il flusso».

Non voglio che i muri e le finestre della mia casa siano chiusi, che il vento di tutti i Paesi entri con calma. Ma non accetterò che i miei piedi siano sradicati da questi venti

Il risultato, ha aggiunto, «è che vediamo nuovi tipi di barriere tariffarie e non», mentre «i negoziati bilaterali e multilaterali sembrano a uno stallo». Chiaro accenno, questo, al fallito vertice Wto di dicembre e alle forti tensioni tra India e Stati Uniti.

Se la globalizzazione è in difficoltà, ha aggiunto Modi, è anche colpa dell’inadeguatezza delle istituzioni e delle organizzazioni internazionali, che forse non riflettono più «le aspirazioni e i sogni dell’umanità e della realtà di oggi. La soluzione non è però l’isolamento, ma formulare politiche flessibili in linea con il mutamento dei tempi», un globalismo che rispetti le differenze nazionali e culturali.

Le parole di Modi hanno trovato l’entusiasta risposta della platea raccolta ad ascoltare il messaggio di apertura del Wef, affidato dal padrone di casa Klaus Schwab a un leader politico impegnato in profonde riforme economiche e sociali, ma che cavalca il nazionalismo hindu e adotta a sua volta politiche populiste e protezionistiche. Una riedizione del 2017, quando Davos acclamò la difesa del multilateralismo fatta dal presidente cinese Xi Jinping.

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