la guerra senza fine

Il silenzio di Mosca sui russi uccisi (dagli americani) in Siria

di Antonella Scott

Guerra finita? Vladimir Putin nella base aerea russa Hmeimim il 12 dicembre scorso

2' di lettura

Cento, o forse più di 200 soldati russi (a seconda delle fonti) uccisi dalla coalizione a guida statunitense a Deir Ezzor, il 7 febbraio scorso: la notizia diffusa dall’agenzia Bloomberg - che cita fonti sia americane che russe - tocca un nervo scoperto a Mosca. Dove non è riconosciuta ufficialmente la presenza, a fianco delle forze governative di Bashar Assad, di truppe di terra composte da mercenari nell’ambito della missione in Siria, iniziata nel settembre 2015 e dichiarata conclusa da Vladimir Putin, affrettatamente, in dicembre. Se dunque la settimana scorsa si è verificato nel nord del Paese il tanto temuto scontro diretto con gli Stati Uniti, la Russia - per usare le parole dell’analista Vladimir Frolov, citato da Bloomberg - «farà finta che non sia successo nulla».

E infatti il Cremlino è particolarmente sintetico nel dare conto di una telefonata «sugli sviluppi in Medio Oriente» lunedì, tra Donald Trump e Putin. Il presidente russo, tra l’altro, martedì ha annullato tutti gli impegni ufficiali dei prossimi giorni, a causa di quello che il suo portavoce Dmitrij Peskov ha chiamato «raffreddore». Relativamente all’offensiva nella regione petrolifera di Deir Ezzor, in cui americani e curdi delle Forze democratiche siriane hanno risposto a un attacco governativo siriano di cui avrebbe fatto parte il contingente russo, Peskov si è limitato ad affermare che il Cremlino dà informazioni solo sulle forze armate russe impegnate in Siria, non sapendo nulla di altri cittadini russi che possano trovarsi nel Paese. «Rendiamoci conto - ha detto Peskov - che in tanti Paesi del mondo si trova una quantità significativa di nostri compatrioti». Anche il ministero della Difesa smentisce che tra le vittime dell’attacco aereo ci siano dei russi.

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I media russi però parlano di un contingente di contractors, assoldato da Assad o dagli alleati iraniani per proteggere impianti energetici siriani. Ne farebbero parte anche ucraini separatisti del Donbass, veterani di un’altra guerra non ufficiale. Non è dato sapere se fossero pagati direttamente da Mosca, da Damasco o da Teheran, o da compagnie petrolifere già in gara per ottenere contratti nella regione a est dell’Eufrate, al centro degli interessi di tutti i protagonisti di questa guerra riesplosa dopo la sconfitta dell’Isis. Secondo il Washington Post, la colonna di forze filo-Assad si sarebbe diretta nella notte tra il 7 e l’8 febbraio verso un giacimento dell’americana Conoco.

Da Mosca la Novaja Gazeta - quotidiano all’opposizione - attribuisce all’offensiva americana la morte di 13 russi, e il ferimento di altri 15. Citando l’organizzazione Conflict Intelligence Team (Cit) il giornale pubblica alcuni dei nomi delle vittime, combattenti a servizio di una compagnia privata, non registrata, di nome Wagner. «Di solito - racconta alla Novaja Gazeta il responsabile di Cit, Ruslan Levijev - quando qualcuno muore in Siria i parenti lo vengono a sapere dopo qualche settimana». Ai primi cinque nomi Levijev è arrivato incrociando le informazioni raccolte sui social network. Secondo Igor Strelkov, veterano del Donbass, i mercenari di morti in Siria potrebbero essere da 200 a 600.

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