Il silenzio di Mosca sui russi uccisi (dagli americani) in Siria
di Antonella Scott
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Cento, o forse più di 200 soldati russi (a seconda delle fonti) uccisi dalla coalizione a guida statunitense a Deir Ezzor, il 7 febbraio scorso: la notizia diffusa dall’agenzia Bloomberg - che cita fonti sia americane che russe - tocca un nervo scoperto a Mosca. Dove non è riconosciuta ufficialmente la presenza, a fianco delle forze governative di Bashar Assad, di truppe di terra composte da mercenari nell’ambito della missione in Siria, iniziata nel settembre 2015 e dichiarata conclusa da Vladimir Putin, affrettatamente, in dicembre. Se dunque la settimana scorsa si è verificato nel nord del Paese il tanto temuto scontro diretto con gli Stati Uniti, la Russia - per usare le parole dell’analista Vladimir Frolov, citato da Bloomberg - «farà finta che non sia successo nulla».
E infatti il Cremlino è particolarmente sintetico nel dare conto di una telefonata «sugli sviluppi in Medio Oriente» lunedì, tra Donald Trump e Putin. Il presidente russo, tra l’altro, martedì ha annullato tutti gli impegni ufficiali dei prossimi giorni, a causa di quello che il suo portavoce Dmitrij Peskov ha chiamato «raffreddore». Relativamente all’offensiva nella regione petrolifera di Deir Ezzor, in cui americani e curdi delle Forze democratiche siriane hanno risposto a un attacco governativo siriano di cui avrebbe fatto parte il contingente russo, Peskov si è limitato ad affermare che il Cremlino dà informazioni solo sulle forze armate russe impegnate in Siria, non sapendo nulla di altri cittadini russi che possano trovarsi nel Paese. «Rendiamoci conto - ha detto Peskov - che in tanti Paesi del mondo si trova una quantità significativa di nostri compatrioti». Anche il ministero della Difesa smentisce che tra le vittime dell’attacco aereo ci siano dei russi.
I media russi però parlano di un contingente di contractors, assoldato da Assad o dagli alleati iraniani per proteggere impianti energetici siriani. Ne farebbero parte anche ucraini separatisti del Donbass, veterani di un’altra guerra non ufficiale. Non è dato sapere se fossero pagati direttamente da Mosca, da Damasco o da Teheran, o da compagnie petrolifere già in gara per ottenere contratti nella regione a est dell’Eufrate, al centro degli interessi di tutti i protagonisti di questa guerra riesplosa dopo la sconfitta dell’Isis. Secondo il Washington Post, la colonna di forze filo-Assad si sarebbe diretta nella notte tra il 7 e l’8 febbraio verso un giacimento dell’americana Conoco.
Da Mosca la Novaja Gazeta - quotidiano all’opposizione - attribuisce all’offensiva americana la morte di 13 russi, e il ferimento di altri 15. Citando l’organizzazione Conflict Intelligence Team (Cit) il giornale pubblica alcuni dei nomi delle vittime, combattenti a servizio di una compagnia privata, non registrata, di nome Wagner. «Di solito - racconta alla Novaja Gazeta il responsabile di Cit, Ruslan Levijev - quando qualcuno muore in Siria i parenti lo vengono a sapere dopo qualche settimana». Ai primi cinque nomi Levijev è arrivato incrociando le informazioni raccolte sui social network. Secondo Igor Strelkov, veterano del Donbass, i mercenari di morti in Siria potrebbero essere da 200 a 600.