l’analisi

Bce, perché la scelta di un ministro alla vicepresidenza

di Isabella Bufacchi

Il presidente della Banca centrale tedesca, Jens Weidmann

3' di lettura

Per i mercati, l’arrivo di un ministro dell’Economia alla vicepresidenza della Bce senza alcuno storico sulla politica monetaria e con il Qe europeo in via di chiusura, apre un primo enigma: de Guindos entra nella squadra dei falchi o delle colombe? Nonostante in una sua recente intervista abbia fatto uno scontato riferimento alla necessità di mettere fine ai tassi negativi, la Spagna rappresenta una storia di successo di un Paese periferico che ha tratto enorme beneficio dagli aiuti del fondo salva-Stati per le banche e da una politica monetaria ultra-accomodante con tassi bassissimi e Qe. E poi, nel consiglio direttivo della Bce, ogni membro vale un voto e Vitor Constancio, vicino alle posizioni di Mario Draghi, viene sostituito in quel senso nel segno della continuità.

La grande svolta è semmai un’altra e vede l’Italia per ora nelle retrovie. Se per la prima volta nella sua giovane storia la Bce vedrà entrare un ministro ai piani alti, questo lo si deve all’inizio dei giochi per la successione di Mario Draghi. La Germania reclama la poltrona, sostiene che è arrivato il suo turno: e non è un segreto che Jens Weidmann, con un passato da consigliere di Angela Merkel e dunque vicino anche lui alla politica, si stia preparando da tempo per sostituire SuperMario dal novembre 2019.

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I ministri delle Finanze e i primi ministri europei, avendo il potere assoluto di nomina, hanno ritenuto che la carta migliore da giocare preventivamente fosse quella del politico di peso per controbilanciare eventualmente un altro peso massimo come Weidmann, falco molto competente e con una dialettica ben impostata anche se rigido.

È presto per dire se questa scelta si rivelerà lungimirante. Ma è comunque la prima mossa di una lunga partita. L’Eurozona ha grandi sfide davanti a se, e non solo la fine del Qe e la normalizzazione della politica monetaria, con l’avvio graduale del rialzo dei tassi da metà o fine 2019. Va creato e reso operativo il Fondo monetario europeo, va portata a termine l’Unione bancaria con la garanzia unica europea sui depositi e una rivisitazione dell’esposizione delle banche al rischio sovrano. Per quanto Angela Merkel (se sarà presto cancelliera di una grande Coalizione o di un governo di minoranza) e Emmanuel Macron abbiano intenzione di premere sull’acceleratore per mettere a segno quante più riforme europee possibili prima della scadenza della Commissione nel 2019, difficilmente il successore di Draghi si girerà i pollici: anche perchè il debito pubblico americano lievitato sotto Trump, l’alta leva in Asia, le tensioni per la Corea del Nord e la polveriera del Medio Oriente non fanno stare tranquilli.

Dopo Trichet e dopo Danièle Nouy (in scadenza alla guida del Meccanismo unico di vigilanza nel dicembre 2018), la Francia mira a sostituire Benoit Coeuré (in scadenza nel gennaio 2020) con una francese, forse Sylvie Goulard, molto vicina a Macron ora vice presidente della Banque de France ed ex-ministro della Difesa. L’autorevole economista irlandese Philip Lane è destinato a prendere il posto di Peter Praet, in scadenza nel 2019.

L’Italia, se non inizia a muoversi già ora dovrà aspettare la scadenza di Yves Mersch (dicembre 2020) per rivedere un italiano nel comitato esecutivo composto da sei membri. A meno che non venga sollevato il problema dell’inopportunità di mantenere nel board la tedesca Sabine Lautenschläger (in scadenza nel lontano 2022) considerata il più falco tra i falchi, nel caso in cui la presidenza venisse data a Weidmann. Come accadde a Lorenzo Bini Smaghi con l’arrivo di Mario Draghi: un italiano potrebbe subentrare alla tedesca.

Ignazio Angeloni, molto stimato in Bce, scade nell’aprile 2019 dal suo ruolo di spicco in vigilanza. Ed è proprio sulla vigilanza che si aprono altri grandi giochi con l’uscita della Nouy. L’Italia potrebbe essere considerata non adeguata, senza tutte le carte in regola nel sistema bancario domestico, per guidare l’Ssm. Ma la stessa Lautenschläger scade nel febbraio 2019 come vice della Nouy, lasciando una poltrona alla quale l’Italia, sbarrata la strada al posto di presidente, potrebbe comunque ambire.

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