lotta al traffico di migranti

G5 Sahel, 500 milioni alla forza multinazionale in Niger

di Gerardo Pelosi

Bruxelles: da sinistra, il presidente del Burkina Faso Roch Marc Christian Kaboré, del Chad Idriss Deby, re Filippo del Belgio e il presidente del Mali Ibrahim Boubacar Keita

3' di lettura

Rilanciando il vecchio mantra per cui «se noi non ci occuperemo dell’Africa sarà l’Africa a occuparsi di noi» il presidente del Niger, Mahamdou Issoufou, è intervenuto a Bruxelles alla conferenza ministeriale dei donatori sulla sicurezza e lo sviluppo del G5 Sahel (oltre a Niger, Mali, Chad, Burkina Faso e Mauritania) per dare voce alla disperazione delle giovani generazioni del suo Paese che, nella loro vita, ha detto, hanno solo due opzioni: «Morire nel Mediterraneo cercando di raggiungere le coste dell’Europa oppure morire a casa loro per mano dei fondamentalisti». Per questo, chiede Issoufou, «dobbiamo agire risolutamente per cambiare il volto della regione del Sahel, se non vogliamo correre il rischio di vederla cadere irreversibilmente nel caos e nella violenza».

Il presidente del Niger parlava ai rappresentanti di circa 50 Paesi donatori: a quelli europei guidati dal presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, e dall’Alto rappresentante per la politica estera, Federica Mogherini, così come a quelli di Stati Uniti, Canada e Giappone. I donatori internazionali hanno raccolto oltre mezzo miliardo di dollari (414 milioni di euro) per finanziare la forza militare multinazionale dei cinque Paesi del Sahel.

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L’Unione Europea è uno dei principali donatori, con 116 milioni di euro, e il suo forte impegno nel training delle forze militari locali è finalizzato a migliorare le capacità delle strutture di sicurezza e rafforzare il controllo delle frontiere. Ma il presidente del Niger (che ha anche chiesto un minuto di silenzio per i due soldati francesi uccisi qualche giorno fa in Mali), non ritiene che l’impegno sia sufficiente «per essere all’altezza di una sfida che ci riguarda tutti», perché «la sicurezza è un bene pubblico globale» e il Sahel «è una delle frontiere dell’Europa, ed è una diga che non si deve rompere mai».

Anche il presidente della Commissione dell’Unione africana, Moussa Faki Mahamat, ha precisato come «il risultato appena raggiunto sia importante per lottare contro il terrorismo e la criminalità organizzata perché nel Sahel si concentrano tutte le sfide, dal terrorismo, alle migrazioni e quelle climatiche, ma per far fronte a queste sfide ci vuole una mobilitazione ancora più grande».
Dal lato dei donatori il presidente della Commissione Ue Juncker ha confermato l’impegno aggiuntivo di 50 milioni « per rafforzare le capacità operative della forza congiunta dei Paesi del Sahel». «Voi Paesi del Sahel – ha detto Juncker – avete deciso di prendere in mano il vostro destino, e avete creato una
cooperazione regionale inedita lavorando insieme su più fronti, avete creato una forza congiunta per lottare contro il terrorismo ed il crimine organizzato. Gli europei vogliono accompagnarvi in questo cammino per aiutarvi a garantire la sicurezza».

La Ue e i suoi Paesi membri sono del resto i principali sostenitori dell’assistenza finanziaria finalizzata alla sviluppo della regione con un impegno stimato, per il periodo 2014-2020, in otto miliardi di euro. Circa 843 milioni sono stati mobilitati nel trust fund costituito dall’Unione per fare fronte ai flussi dell’immigrazione irregolare. L’Italia si trova in prima fila in questa iniziative per il Sahel, come ha ricordato il premier italiano Paolo Gentiloni. Roma ha deciso di inviare fino a 470 uomini nella regione per collaborare con il G5 Sahel nell’ambito di uno sforzo internazionale congiunto per la stabilizzazione dell’area.

In una dichiarazione congiunta con Merkel e Macron, Gentiloni rileva che «continuerà l’offensiva per sradicare il terrorismo jihadista nella regione del Sahel». Per Macron occorre «far ritornare questa regione a quello che era, un luogo di passaggio, di cultura e di scambi, e questo lo dobbiamo all’Africa e al Sahel».

Perché ora questa regione «è diventata un luogo di traffici di droga, di esseri umani, di armi che alimentano il terrorismo e noi siamo determinati a lottare con i Paesi del Sahel a africani per sconfiggere questo fenomeno». Basti un dato per tutti: sono circa 450 i jihadisti uccisi dall’inizio dell’operazione antiterrorismo francese “Barkhane” nel Sahel secondo quanto riferito dal ministro della Difesa francese, Florence Parly.

Dall’estate del 2014 i militari francesi hanno “neutralizzato” 450 jihadisti, precisa la Parly. Negli ultimi dodici mesi, aggiunge, 120 sono stati uccisi e 150 consegnati vivi alle autorità maliane. L’operazione Barkhane vede coinvolti circa 4.000 soldati francesi, a fianco degli eserciti del G5 Sahel.

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