Dopo il caso Skripal

L’ok di Theresa May all’attacco in Siria è una sfida a Westminster

di Nicol Degli Innocenti

Il primo Ministro inglese, Theresa May, a Downing Street, Londra. (Afp)

2' di lettura

Londra -La via per Damasco passa da Salisbury. La decisione di Theresa May di autorizzare gli attacchi aerei sulla Siria è strettamente collegata al tentato omicidio con un agente nervino dell'ex spia russa Serghej Skripal e della figlia Yulia nella cittadina inglese.
Il legame è stato sottolineato ieri dalla stessa premier britannica. «Abbiamo visto che un agente nervino è stato utilizzato nelle strade di una città qui nel Regno Unito, abbiamo visto che il regime siriano continua a utilizzare armi chimiche, - ha detto. – Quindi anche se questa azione è diretta al regime siriano, invierà un chiaro segnale a chiunque altro creda di poter utilizzare armi chimiche impunemente».
Le bombe vogliono quindi essere un monito per Mosca tanto quanto per Damasco. La genuina indignazione della May per l'attentato su suolo britannico, e la sua convinzione che sia stato ordinato dal regime russo, hanno portato a un netto cambiamento nel suo atteggiamento.
La May premier infatti si sta comportando in modo diverso dalla May ministro dell'Interno. La linea dura verso la Russia nel caso Skripal è in netto contrasto con la riluttanza dell'allora ministro May nel 2013 di autorizzare un'indagine ufficiale sull'omicidio dell'ex spia russa Alexander Litvinenko, che era stato ucciso con il polonio nel centro di Londra nel 2006.
La May aveva spiegato all'epoca che voleva «tutelare le relazioni internazionali», ovvero non pestare i piedi alla Russia. Questa volta nel caso Skripal invece non solo ha apertamente accusato Mosca e deciso di espellere diplomatici russi, ma ha convinto molti alleati, Usa in primis, a fare altrettanto.

Quello che unisce la strage di Douma con l'attentato di Salisbury è l'utilizzo di armi chimiche, definito “ripugnante” dalla May. Reagire alla palese violazione delle norme internazionali sul loro utilizzo è la “cosa giusta,” ha asserito. La May si distingue così ancora una volta dal suo predecessore David Cameron, che nell'agosto 2013, dopo il terribile attacco chimico nei dintorni di Damasco, aveva chiesto il via libera al Parlamento per un intervento militare in Siria. Incassato un “no”, Cameron aveva desistito.
La premier ora però rischia di essere paragonata più a Tony Blair che a Cameron. La sua decisione di non chiedere l'autorizzazione del Parlamento agli attacchi aerei e di schierarsi con il presidente Usa viene già paragonata alla determinazione dell'ex premier laburista di procedere con la guerra in Iraq consultandosi più con l'allora presidente George W.Bush che con i suoi ministri e deputati.

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Lunedì la May andrà alla Camera dei Comuni, appena rientrata dalle ferie pasquali, per spiegare la sua decisione e rispondere alle domande dei deputati. Dirà che per ragioni operative e di sicurezza era essenziale agire in tempi rapidi e non era possibile attendere il via libera del Parlamento. Dovrà prepararsi però a una raffica di domande ostili.
Ieri il leader dell'opposizione Jeremy Corbyn ha criticato una «decisione legalmente discutibile che rischia di aggravare un conflitto già devastante» e ha accusato la May di «ricevere i suoi ordini da Washington».

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