L’analista DELL’ISPI

L’esperto dell’Ispi: «In Siria l’Iran sta realizzando un piano settario»

di Antonella Scott

Un bambino sfollato con la sua famiglia a Goutha, la zona colpita dall’ultimo attacco chimico che ha portato al raid

3' di lettura

Poliziotti mondiali nell'era dei social network: sul piano della comunicazione mediatica l'operazione compiuta dagli Stati Uniti in Siria si può davvero considerare un successo, la “missione compiuta” dei tweet di Donald Trump che ha rispolverato il ruolo dell'America in politica estera. Sul piano militare e strategico, tuttavia, il risultato dei raid compiuti dagli Usa e dagli alleati francesi e britannici la notte del 14 aprile è nullo. Sul piano diplomatico, la conseguenza più evidente è la spaccatura dell'Europa. Sul terreno, in Siria, l'asse tra Damasco, Teheran e Mosca si rafforza sempre di più: con l'Iran, in particolare, al lavoro per marcare la propria presenza nella Siria del dopoguerra.

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È questa in sintesi l'analisi di Claudio Bertolotti, analista strategico dell'Ispi - l'Istituto per gli studi di politica internazionale - all'indomani dell'intervento americano. Un intervento, spiega Bertolotti, che ha ricevuto un'attenzione mediatica eccessiva, sproporzionata rispetto al suo impatto reale: proprio perché a guidare le azioni degli Stati Uniti è stato il piano della comunicazione.

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«L'attacco alla Siria è stato un'azione simbolica che è andata a forzare le iniziative di verifica dell'Opac (l'Organizzazione internazionale per la proibizione di armi chimiche, ndr) sul presunto uso di armi chimiche a Douma senza altra ragione se non quella della comunicazione mediatica, che non può attendere». Così, la necessità di dare una risposta immediata ha spinto gli Usa a imporre la propria decisione «indipendentemente dai fatti, un atto unilaterale che si è mosso al di fuori di quello che fino a oggi eravamo stati abituati a considerare, a torto o a ragione, come l'unico strumento di legittimità: l'Onu».

Innestandosi sul consolidato strumento comunicativo della notizia sconvolgente di un attacco chimico, l'intervento americano ha poi fissato gli obiettivi che l'opinione pubblica voleva, indicati come «connessi con la produzione e lo stoccaggio di armi chimiche» oltre a strutture di comando e controllo: «Dobbiamo però fare molta attenzione - spiega Bertolotti - perché gli Usa ci hanno abituati a molte “non verità”, a partire da quella imbarazzante (per gli Stati Uniti ma anche per la comunità internazionale che li appoggiò) che portò alla guerra in Iraq nel 2003, e il cui risultato è il Medio Oriente devastato che vediamo oggi».

L'Iran sta procedendo a importanti acquisizioni immobiliari in Siria: trasferisce comunità sciite dove non erano presenti in zone fino a quel momento spopolate

Sul piano militare, osserva l'analista dell'Ispi, «l'azione è stata simbolica perché 70 minuti di bombardamento con una settimana di preavviso non hanno minimamente intaccato la capacità operativa delle forze governative siriane. Danni limitati, azione strategicamente irrilevante per un Paese che si avvia all'eliminazione delle residue sacche di resistenza. L'impiego dello strumento militare è stato sproporzionato rispetto all'obiettivo materiale, ma efficace anche in questo caso sul piano comunicativo: la Russia non avrebbe potuto fronteggiare un tale schieramento di forze che comprendeva cacciatorpediniere, sottomarini, fregate, formazioni di bombardieri strategici e tattici».

Mentre resta alto il rischio di uno scontro in Siria tra Teheran e Israele, contrariato dal consolidamento della presenza iraniana nel Sud, verso le alture del Golan, la svolta della politica estera americana trova in Medio Oriente equilibri cambiati. Il presidente siriano Bashar Assad, osserva Bertolotti, esce rafforzato da un'azione che non ha limitato il suo potenziale d'azione: nessuno parla più di cambio di regime. L'Europa si conferma divisa, in seguito «a una scelta unilaterale francese divergente dal resto dell'Unione, con ciò evidenziando le diverse agende internazionali - e non considerando più “europeo” il Regno Unito, piuttosto attore atlantico in cerca di uno spazio».

E si rafforza la Russia, insediata sempre più profondamente nel proprio ruolo di sostegno ad Assad: tra le prime reazioni da Mosca al raid americano è stata la conferma dell'intenzione di rilanciare le forniture di armamenti a Damasco. Ma è l'Iran, nell'analisi di Bertolotti, a guardare più di ogni altro al futuro di lungo termine.

La Siria, spiega l'esperto dell'Ispi, «è ormai l'oggetto di una riprogettazione sociale su base settaria e con aree di influenza attraverso il reclutamento e il controllo da parte di Teheran sulle milizie sciite siriane. L'Iran sta procedendo a importanti acquisizioni immobiliari e al trasferimento di comunità sciite là dove non erano presenti, nelle zone spopolate che stanno man mano riempiendo».

Ricordando che questi sette anni di guerra sono costati 600mila morti alla popolazione siriana: «Si va verso una possibile ripartizione settaria, definita e studiata a tavolino. Dall'approccio tattico, portato avanti attraverso l'impiego delle truppe sul terreno (tra queste anche sciiti afghani reclutati tra gli immigrati in Iran e in Afghanistan), a quello politico ed economico, funzionali a imporre una presenza economica a lungo termine in Siria: e la conferma - conclude Bertolotti - è negli importanti acquisti di terreni fatti dall'Iran in Siria, così come nelle offerte di investimento proposte a Damasco».

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