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Florida, razzismo e polemiche nella corsa alla poltrona di governatore

di Marco Valsania

Trump: «Rischio violenze se voncono i democratici»

3' di lettura

La spietata battaglia elettorale che si preannuncia per le elezioni di Midterm negli Stati Uniti, con l’opposizione democratica tesa alla riconquista del Congresso contro il partito repubblicano - anzi di Trump - ha conosciuto ieri una interessante anticipazione in Florida. In uno dei grandi stati cosiddetti «swing», incerti, i due partiti hanno scelto candidati agli antipodi per le elezioni a governatore che si terranno assieme a quelle parlamentari. Tra i democratici ha vinto a sorpresa il sindaco di Tallahassee, la capitale dello stato, Andrew Gillum, primo candidato afroamericano alla poltrona di governatore.
Un progressista dichiarato, sostenuto dal leader nazionale delle sinistra Bernie Sanders. Tra i repubblicani si è affermato invece il «clone» locale del Presidente, l’italoamericano Ron DeSantis, ex decorato fante della marina, avvocato, deputato, distintosi nell’ultimo anno soprattutto per le sue comparse sugli schermi della Fox a difesa sempre e comunque di Donald Trump. Che lo ha ripagato con un appassionato e influente appoggio tra una base repubblicana che gli garantisce un tasso di approvazione del 90 per cento. L’unico punto di contatto tra i due candidati è l’età: 39 anni.

La guerra dei 39enni
Il resto è guerra: le ostilità le ha aperte DeSantis, lauree a Yale e Harvard, con un attacco al rivale che alternava espressioni forti e rozzi connotati razziali: ha definito Gillum un «articolato portavoce» delle cause della sinistra radicale e ha detto che gli elettori faranno bene a «non rovinare» la Florida alle urne eleggendolo. Le parole esatte sono però state pesanti come pietre. O meglio, secondo i critici, soffocanti come un cappuccio del Ku Klux Klan: il termine «articulate» in simile contesto ha una lunga storia di uso paternalistico e condiscendente nei confronti degli afroamericani, quasi a segnalare stupore di fronte alla loro intelligenza. Ma c’è di più: DeSantis ha invitato la Florida a evitare di «monkey things up», alludendo in superficie ai progressi avvenuti in Florida sotto leadership conservatrici. peccato che sia un’espressione tutt’altro che comune in quella accezione, mentre il paragone degli afroamericani alle scimmie («monkeys») per negare la loro umanità oltre ai loro diritti ha, quello sì, lunga e infamante tradizione razziale.

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La replica di Gillum
Non è sfuggito a Gillum che non si è tirato indietro dallo scontro e ha risposto per le rime: ha detto che DeSantis ha preso in prestito «una pagina dalla campagna di Trump». E che Trump e i suoi alleati ormai non si accontentano più di fischiettare insulti razzisti, li strombazzano ai quattro venti. I portavoce di DeSantis hanno negato che il deputato avesse intenti razzisti: voleva solo criticare l’avversario per le sue politiche. Trump ha aggiunto che il suo candidato è «un estremo talento». Estremista, nei ranghi del movimento conservatore, di sicuro lo è. È contrario a qualunque forma di controllo sulle armi. Ai diritti dei gay. Alla riforma sanitaria Obamacare. Alle politiche sugli immigrati. Agli aiuti ai palestinesi. All’accordo nucleare con l’Iran. Ai rapporti diplomatici con Cuba. Soprattutto ha attaccato l’inchiesta sul Russiagate del procuratore speciale Robert Mueller che indaga su eventuali collusioni della campagna di Trump con gli sforzi di Mosca di condizionare le elezioni del 2016. Il candidato ideale, insomma, per fare presa sulla base più militante, religiosa e di destra che si è coalizzata attorno al Presidente, trasformando il partito repubblicano sempre più nel partito di Trump. Una sua pubblicità elettorale porta all’estremo la sua identificazione con il Presidente: mostra lui mentre legge il libro che porta il nome del Presidente, «The Art of the Deal», e insegna a sua figlia a parlare facendole recitare lo slogan «Make America Great Again».

Un’America sempre più spaccata
Gillum, da parte sua, rappresenta l’opposto. Figlio di un autista di autobus, è la scommessa democratica di fare strada a sua volta non corteggiando voti centristi e moderati bensì mobilitando all massimo le correnti più motivate e di sinistra, un elettorato arcobaleno di minoranze etinche, voto urbano e giovani. La sua agenda, accusata di socialismo dal rivale, è a favore di un sistema di assistenza sanitaria pubblica nello stato, di politiche ambientali contro l’effetto serra, investimenti nell’istruzione e lotta alla diseguaglianza, limiti alla diffusione delle armi, legalizzazione della marijuana e riforme della giustizia. Ha ottenuto l’appoggio di almeno due grandi finanziatori democratici: Tom Steyer e George Soros. Ha tuttavia anche punti deboli: se su DeSantis pesano gli scandali di Trump, Gillum è sfiorato da inchieste dell’Fbi sulla corruzione a Tallahessee. A decidere, a novembre, sarà la mobilitazione dei rispettivi elettorati di un’America divisa.

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