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Verso un giro di vite sulle macellazioni islamiche nei garage

della redazione Norme

(Agf)

5' di lettura

Secondo l'avvocato generale della Corte di giustizia Ue Nils Wahl, il requisito in base al quale le macellazioni rituali - bovini, ovini o camelidi - senza stordimento devono avvenire in un macello riconosciuto non viola la libertà di religione.

La normativa dell'Unione opera un bilanciamento tra la libertà di religione e le esigenze in materia di tutela della salute umana, del benessere degli animali e della sicurezza degli alimenti

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La “halal”, ovvero la pratica islamica, “impone che l'animale sia integro e cosciente durante il processo di dissanguamento.

La festa musulmana del sacrificio viene celebrata ogni anno per tre giorni. I musulmani praticanti considerano un loro dovere religioso macellare o far macellare, preferibilmente il primo giorno di tale festa, un animale, la cui carne viene poi consumata in famiglia e distribuita tra i poveri, i vicini e i familiari più lontani. Dal 1998, la normativa belga prevedeva che le macellazioni prescritte da un rito religioso potessero essere effettuate soltanto in macelli riconosciuti o temporanei. Il Ministro competente ha pertanto autorizzato ogni anno dei locali temporaneamente adibiti alla macellazione che, assieme ai macelli riconosciuti, hanno consentito di assicurare le macellazioni rituali in occasione della festa musulmana del sacrificio, sopperendo così all'insufficiente capacità connessa all'aumento della domanda durante tale periodo.

Nel 2014, il Ministro della Regione Fiandre (Belgio) competente per il benessere degli animali ha annunciato che non avrebbe più rilasciato autorizzazioni a locali temporaneamente adibiti alla macellazione, in quanto siffatte autorizzazioni sarebbero contrarie al diritto dell'Unione, e segnatamente alle disposizioni del regolamento dell'Unione relativo alla protezione degli animali durante l'abbattimento.

A partire dal 2015, tutte le macellazioni di animali senza stordimento, anche quelle effettuate nell'ambito della festa musulmana del sacrificio, dovevano pertanto aver luogo solo nei macelli riconosciuti. In tale contesto, nel 2016, diverse associazioni musulmane e organizzazioni di coordinamento di moschee hanno citato in giudizio la Regione Fiandre. Esse hanno, segnatamente, messo in discussione la validità di talune disposizioni del Regolamento dell'Unione di cui trattasi , alla luce, in particolare, della libertà di religione .

Il Nederlandstalige rechtbank van eerste aanleg Brussel (tribunale di primo grado di lingua olandese di Bruxelles, Belgio), investito della causa, ha deciso di sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia. Secondo tale giudice, l'obbligo di procedere alla macellazione rituale senza stordimento unicamente nei macelli riconosciuti potrebbe impedire a numerosi musulmani praticanti di rispettare il loro dovere religioso. Ciò potrebbe essere atto a creare una limitazione non giustificata all'esercizio della loro libertà di religione. Si pone dunque la questione se il requisito che impone che la macellazione abbia luogo in un macello ai sensi della normativa dell'Unione , regola di applicazione generale a prescindere dal tipo di macellazione, sia atto a limitare la libertà di religione .

Nelle sue conclusioni odierne, l'avvocato generale Nils Wahl ritiene che nessuno degli elementi addotti nell'ambito della presente causa sia atto ad inficiare la validità del regolamento dell'Unione sulla protezione degli animali. Egli considera che la regola secondo la quale la macellazione, in linea di principio, può essere realizzata solo in macelli riconosciuti, è una regola del tutto neutra, che si applica indipendentemente dalle circostanze e dal tipo di macellazione scelta. A suo avviso, la problematica sottoposta alla Corte è connessa più ad una difficoltà congiunturale di capacità dei macelli in talune zone geografiche in occasione della festa musulmana del sacrificio – e, in definitiva, dei costi che devono essere sostenuti per conformarsi ad una prescrizione religiosa – che ai requisiti risultanti dalla normativa dell'Unione. Tale normativa opera, infatti, un bilanciamento fra la libertà di religione, da un lato, e i requisiti risultanti, segnatamente, dalla tutela della salute umana, del benessere degli animali e della sicurezza alimentare, dall'altro.

L'avvocato generale sottolinea altresì che non spetta alla Corte pronunciarsi sulla questione se il ricorso allo stordimento degli animali sia effettivamente vietato dalla religione musulmana. Non compete alla Corte pronunciarsi sul carattere ortodosso o eterodosso di determinate massime o determinati precetti religiosi. Di conseguenza, la macellazione senza stordimento in occasione della festa musulmana del sacrificio costituisce effettivamente un precetto religioso che gode della tutela della libertà di religione, e ciò indipendentemente dall'eventuale esistenza di diverse correnti in seno all'Islam o di soluzioni alternative in caso di impossibilità di osservarlo.

Egli rileva, inoltre, che le associazioni musulmane e le organizzazioni di coordinamento di moschee non sostengono che l'obbligo di procedere alle macellazioni rituali in un macello sia di per sé incompatibile con le loro credenze religiose. Peraltro, esse non indicano per quali ragioni di principio – cioè indipendentemente dai presunti problemi di capacità dei macelli attualmente esistenti e soprattutto dai costi che devono essere sostenuti per la creazione di nuovi stabilimenti o per la trasformazione degli stabilimenti esistenti conformemente alle disposizioni amministrative – la condizione secondo la quale le macellazioni di animali devono essere effettuate in macelli riconosciuti è problematica sotto il profilo del rispetto della libertà di religione.

Infatti, l'obbligo che tutti i locali di macellazione siano riconosciuti e rispettino le condizioni previste dal diritto dell'Unione è del tutto neutro e riguarda tutti coloro che organizzano macellazioni. Orbene, una normativa che si applica in maniera neutra, senza alcun nesso con le convinzioni religiose, non potrebbe, in linea di principio, essere considerata una limitazione all'esercizio della libertà di religione.

Secondo l'avvocato generale, la capacità insufficiente e i costi eventualmente risultanti dalla creazione di nuovi stabilimenti riconosciuti non hanno alcun rapporto con l'applicazione delle disposizioni del regolamento sulla protezione degli animali. A suo parere, neppure eventuali problemi congiunturali di capacità di macellazione hanno un rapporto diretto o indiretto con l'obbligo di ricorrere a macelli riconosciuti. Tali difficoltà mettono piuttosto in luce la questione di chi debba accollarsi il costo della creazione di siffatti stabilimenti per far fronte al picco della domanda di macellazioni rituali in occasione della festa musulmana del sacrificio. Egli considera che non sussista alcun argomento convincente per ritenere che la normativa dell'Unione, che è del tutto neutra e di applicazione generale, sia costitutiva di una limitazione della libertà di religione.

Così il dibattito in Italia
La libertà religiosa è diritto inviolabile, ma la macellazione rituale è già vietata in Austria, Olanda, Svizzera, Danimarca, Svezia e Malesia, paese a maggioranza islamica” recita la proposta del 2015, prima firmataria la deputata M5S Chiara Gagnarli. Si chiede di modificare il decreto legislativo n.333 del 1998 stabilendo il generale diritto all'incoscienza pre mortem . Una petizione di Animalisti Italiani onlus sostiene l'iniziativa e anche Loredana De Petris, senatrice Sel, annuncia un disegno di legge sul tema.

Lo scorso settembre è partita da Trieste la crociata per vietare la macellazione rituale su tutto il territorio nazionale. A farsene promotore con una mozione presentata alla Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia è il consigliere Roberto Novelli di Forza Italia.

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