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Avvocato generale Ue: si agevolino gli ingressi di partner stabili

(Marka)

3' di lettura

Uno Stato membro non è tenuto ad accordare a ogni cittadino dell'Unione che abbia circolato sul suo territorio il divieto di estradizione verso gli Stati Uniti di cui godono i suoi cittadini. Tuttavia, prima di estradare tale cittadino, lo Stato membro richiesto deve porre lo Stato membro di origine in condizione di chiederne la consegna nell'ambito di un mandato d'arresto europeo. Questa la decisone assunta con la sentenza nella causa C-191/16, Romano Pisciotti / Bundesrepublik Deutschland.

I fatti
Nel 2013 i due cittadini, la signora X, sudafricana, e il signor Y, britannico, si sono trasferiti dal Sudafrica nel Regno Unito, ma il ministero dell'interno britannico ha respinto le domanda di soggiorno della prima sulla base del fatto che per essere riconosciuto come familiare di un cittadino britannico, il richiedente deve essere il coniuge o il partner registrato del cittadino britannico.

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Al momento della presentazione della domanda di soggiorno, la signora X non era coniugata con il signor Rado.

Di qui l'impugnazione e la decisione del Tribunale britannico di portare il caso alla Corte di Giustizia Ue.

L'avvocato generale Bobek suggerisce alla Corte di stabilire che «un cittadino di un Paese terzo, partner di un cittadino dell'Unione con cui ha una relazione stabile, che abbia esercitato il proprio diritto di libera circolazione, non deve ricevere, al momento del ritorno del cittadino dell'Unione nel suo Stato membro di origine, un trattamento meno favorevole rispetto a quello previsto dalla direttiva per i membri della famiglia allargata di cittadini dell'Unione che esercitino la loro libertà di circolazione in altri Stati membri».

In ogni caso, la direttiva che impone agli Stati membri di agevolare l'ingresso e il soggiorno di un cittadino di un Paese terzo, con cui un cittadino dell'Unione abbia una relazione stabile,” non attribuisce un diritto automatico di soggiorno”.

Perciò, la conclusione dell'avvocato generale secondo cui tale disposizione si dovrebbe applicare, in via analogica, ai cittadini che fanno ritorno nel loro Stato membro di origine “non può condurre al riconoscimento di un diritto automatico di soggiorno del loro partner, cittadino di un Paese terzo, nello Stato membro di origine”. Piuttosto, tale disposizione dev'essere applicata ai cittadini rimpatrianti nello stesso modo in cui si applicherebbe ai cittadini che vivono in un altro Stato membro.

La direttiva però “attribuisce agli Stati membri una certa discrezionalità per quanto concerne l'individuazione delle condizioni e dei fattori specifici da tenere in considerazione nella valutazione della domanda di ingresso e/o soggiorno presentata dal partner cittadino di un Paese terzo”.

Si tratta di una discrezionalità limitata dalla condizione di garantire che i “membri della famiglia allargata” siano posti in una posizione migliore rispetto alla categoria generale dei cittadini di Paesi terzi e dalla circostanza che gli Stati membri sono tenuti ad effettuare un esame approfondito della situazione personale del richiedente e a giustificare un eventuale rifiuto di ingresso e soggiorno.

In conclusione
L’avvocato ritiene che la signora X ha diritto a che la sua domanda di soggiorno nel Regno Unito “sia esaminata in maniera approfondita e le siano fornite le motivazioni a fondamento di un eventuale rifiuto di ingresso o soggiorno, sulla base dei risultati di tale esame” che deve riguardare è “la sua situazione personale specifica, compresa la sua relazione con il cittadino dell'Unione”.

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