legge elettorale

Il sì del Senato con fiducia entro il 25 ottobre, ma è corsa per disegnare i nuovi collegi

di Emilia Patta

(ANSA)

3' di lettura

Il via libera finale al Rosatellum bis deve arrivare entro i primi giorni di novembre. In modo che il Viminale possa prendersi tutti i trenta giorni previsti dalla legge per il delicato lavoro di ridisegno dei collegi e consegnare così entro dicembre un modello funzionante per portare il Paese alle elezioni. Questo il timing che governo e maggioranza si sono dati per permettere al Capo dello Stato di sciogliere le Camere nei primi giorni di gennaio in modo da tornare al voto entro marzo.

Il che vuol dire che il Rosatellum bis deve essere licenziato da Palazzo Madama entro il 25 ottobre, prima dell’arrivo in Aula della legge di stabilità: la prossima settimana se ne andrà per l’esame in commissione e quella dopo per il voto in Aula. Voto che sarà quasi sicuramente accompagnato dalla fiducia, come già alla Camera, per tagliare tempi e ostruzionismo delle opposizioni. Tuttavia al Senato, contrariamente che alla Camera, il voto di fiducia coincide con il voto di merito sul provvedimento e questo impedisce a Forza Italia e Lega di partecipare.

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Ma non occorrono 161 voti - si ragiona nel gruppo del Pd -: basta la maggioranza dei presenti, e dunque un’uscita dall’Aula delle forze di opposizione che appoggiano il Rosatellum dovrebbe bastare a far passare il provvedimento senza troppi problemi. Ipotizzando il sì del Senato il 25 ottobre (questa la dead line fissata dal gruppo del Pd) e mettendo nel conto almeno un paio di giorni per il passaggio del testo al Quirinale, il lavoro di ridisegno dei collegi in base all’ultimo censimento da parte del ministero degli Interni guidato da Marco Minniti potrà cominciare dalla prima settimana di novembre. L’articolo 3 della legge prevede che i nuovi collegi debbano essere pronti entro trenta giorni, il che vuol dire che le elezioni a marzo - come concordato tra il leader del Pd Matteo Renzi e il premier Paolo Gentiloni - sono salve.

Ma c’è un grosso ma: trenta giorni per ridisegnare i collegi sono molto pochi. Il centrista Peppino Calderisi, esperto di leggi elettorali, si sbilancia a dire che non saranno sufficienti: «Il riferimento per il collegi del Rosatellum è il vecchio Mattarellum - spiega - e almeno un terzo dei collegi andranno ridisegnati completamente. Un’impresa che porterà via più di un mese, anche lavorando sette giorni su sette». I tecnici del Viminale, in effetti, ammettono di avere già le mani nei capelli. Ed è probabile che, se si vorranno rispettare i trenta giorni, il lavoro istruttorio sia impostato da subito. In modo da avere un mese di vantaggio per quando arriverà l’ok del Senato.

Il timing dettato dalla legge elettorale e dalla legge di bilancio condiziona naturalmente tutto il finale della legislatura: il primo impatto sarà sullo ius soli, per il quale si prevedeva un possibile voto con fiducia “tecnica” prima dell’arrivo della legge di bilancio nell’Aula di Palazzo Madama. Ora il possibile sì alla legge sulla cittadinanza invisa ai centristi di Ap è spostato a dopo l’approvazione della legge di bilancio, e dunque a dicembre, come ultimo atto di una legislatura ormai agli sgoccioli. Inutile sottolineare che dalla nuova agenda resta fuori la riforma dei vitalizi approvata dalla Camera con il sì di Pd e M5S e ora in commissione al Senato. Sui vitalizi pesano le perplessità di molti senatori, anche democratici, riguardo alla legittimità costituzionale delle norme retroattive: perplessità che suscitano l’ira dei deputati renziani che si sono spesi per il primo via libera a Montecitorio. Ma ormai pesa soprattutto l’agenda, e i pochi giorni di Aula rimasti prima dello scioglimento delle Camere.

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