ok della camera al rosatellum

La legge elettorale supera il voto segreto, sì della Camera

di Barbara Fiammeri

(ANSA)

3' di lettura

I franchi tiratori ci sono stati. Una quarantina secondo gli addetti ai lavori. E altri 40 sono stati gli assenti, di cui oltre una decina “non giustificati”. In tutto si calcola che alla fine siano stati 66 i voti mancanti. Non abasstanza, tuttavia, per impedire il via libera della Camera al Rosatellum (375 i sì e 215 i contrari), che ora viaggia spedito verso il Senato dove non è escluso il ricorso alla fiducia. Gia martedì comincerà l’esame in commissione e nel giro di una decina di giorni arriverà il voto definitivo alla nuova legge elettorale, un mix di proporzionale e maggioritario con soglia di sbarramento al 3%.

Il patto a 4 tra Pd, Fi, Lega e Ap più altri gruppi minori (dalle minoranze linguistiche ai vari cespugli centristi) ha retto. Non era affatto scontato nonostante i sostenitori del Rosatellum potessero contare su circa 440 voti. L’esultanza che ha accompagnato dai banchi del Pd la lettura del risultato sul tabellone ne è indirettamente la conferma. Pacche sulle spalle, strette di mano. Ettore Rosato capogruppo dem, attorniato dai suoi compagni di partito non smette più di sorridere. Anche il suo omologo forzista, Renato Brunetta è raggiante.

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Sul fronte opposto silenzio. Il M5s ha preferito lasciare la scena alle grida di «vergogna» intonate dai militanti assiepati in piazza Montecitorio fin dalle prime ore del pomeriggio in attesa dell’arrivo di Beppe Grillo. Il fondatore del M5s però all’ultimo momento ha dato forfait ed è toccato così a Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e Roberto Fico salutare i sostenitori. Silenti anche i bersaniani di Mdp che contavano sul ravvedimento di una parte più consistente dei loro ex compagni del Pd per quella che Massimo D’Alema ha definito «una schifezza».

L’interrogativo che ha scandito le conversazioni sui divanetti del Transatlantico per tutto il pomeriggio era infatti sulla tenuta del Pd, che, avendo il gruppo parlamentare più corposo (283), sarebbe stato il principale imputato dell’eventuale debacle. Ma determinante è stato anche il comportamento degli altri sottoscrittori del patto e in particolare dei deputati forzisti. Nonostante il malessere dei parlamentari meridionali per la reintroduzione dei collegi uninominali, Fi è stata compatta così come la Lega e anche i centristi di Alfano, artefici della norma ribattezzata salva-Verdini che consente anche a chi è residente in Italia di candidarsi nelle circoscrizioni estere.

Adesso si passa al Senato. Il passaggio si annuncia meno complesso di quello alla Camera anche se la concomitanza con l’apertura della sessione di Bilancio pone un problema di tempi che potrebbe essere superato ricorrendo nuovamente alla fiducia. Lo capiremo a breve. I grillini, così come gli altri partiti contrari al Rosatellum (oltre Mdp e Si anche FdI di Giorgia Meloni) si preparano. «Il corso della storia non si ferma con una legge. Andatevi a riposare perché vi dovete preparare per portare la protesta la prossima settimana in Senato», grida ai militanti pentastellati Luigi Di Maio. Delusi i deputati di Mdp. «È una pessima legge» dice Roberto Speranza. Identica la dichiarazione di Nicola Fratoianni secondo cui questa scelta «indebolisce la democrazia». Si guarda già al dopo. La nuova legge elettorale favorisce le coalizioni, chi rimane isolato rischia di non passare nei collegi uninominali e dunque si dovrà accontentare dei voti raccolti nella sola parte proporzionale. Una spolverata di maggioritario (anche se solo per un terzo dei componenti del Parlamento) che dovrebbe favorire la formazione di una maggioranza di governo.

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