L’enfant prodige del cinema canadese

Xavier Dolan: «Per creare bisogna rubare»

di Nicoletta Cottone

Xavier Dolan sul red carpet della Festa del cinema di Roma

3' di lettura

A soli 28 anni ha già diretto sei film e non si risparmia: è anche costumista. attore, sceneggiatore, montatore, produttore cinematografico, scenografo e doppiatore canadese. Xavier Dolan, l’enfant prodige del cinema canadese, ha travolto e avvolto il pubblico della Festa del cinema di Roma. Look platino e cravatta verde, è stato protagonista ieri del secondo incontro con il pubblico, in cui ha parlato della sua carriera da record: a soli 28 anni vanta una lunga serie di premi: ne ha vinti due a Cannes e ora lavora alla sua settima pellicola da regista, la prima in inglese, La mia vita con John F. Donovan con Jessica Chastain, Natalie Portman e Kit Harington. A differenza del “no selfie e no social” di Christoph Waltz, Dolan è molto social, con 560mila follower su Instagram. Il suo video con Adele ha incassato ben due miliardi di visualizzazioni.

Due premi a Cannes
Premio della giuria alla 67ª edizione del Festival di Cannes per il film Mommy e, nel 2016, Grand Prix alla 69ª edizione del Festival di Cannes con È solo la fine del mondo, all’incontro racconta la sua passione per Titanic («Lo venero, lo considero un capolavoro dell’intrattenimento moderno. Titanic mi ha detto, quando l'ho visto a otto anni: vola! Ti diranno che non ce la farai, ma tu devi andare avanti lo stesso»).

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Per creare bisogna rubare
Parla dell'importanza di copiare dagli altri e di come sia necessario combattere per essere se stessi. Ha raccontato, infatti, che per creare bisogna rubare. «Ho letto un libro - ha detto al pubblico - che parla di come diventare artista che è un inno a rubare dagli altri. Attraverso il furto alla fine quelle idee che tu hai copiato diventano tue. Noi vogliamo che voi rubiate da noi, diceva lo stesso Coppola». E poi bisogna lottare. «È vero, ci sono molti film con persone senza speranza, fortuna e felicità, gente che non ha niente e che non lotta. Chiamo questi film la pornografia del popolo. Film che parlano di emarginati, di perdenti. Io invece amo i combattenti, i film che danno speranza, pellicole in cui devi combattere per diventar quello che sei davvero». E i suoi personaggi, ha detto, «si portano dentro la voglia di combattere. Devi combattere altrimenti non vivi davvero la tua vita».

Ha diretto sei film, ma preferisce recitare
Al pubblico ha detto che preferisce recitare piuttosto che fare il regista. «Preferisco recitare piuttosto che dirigere anche se va detto che quando dirigo alla fine continuo a recitare in un altro modo. Dirigere ti fa imparare tante cose dagli attori, vedi come si trasformano, cambiano. Ma recitare mi manca, nei prossimi anni vorrei recitare di più per me o per altri».

Uccidere la madre almeno al cinema
«Ja tue ma mer è stato il mio primo film. Una pellicola che nasceva dall’esigenza di creare dei film, di raccontare una storia. Ma era anche la necessita di uccidere mia madre almeno al cinema». La sceneggiatura, ha raccontato, parlava della sua vita. «Poi però ho dovuto investire tutti i miei soldi. Comunque si fanno film non per necessità, ma per risolvere i problemi, uccidendo mia madre al cinema è stato un modo per iniziare la mia vita da artista».

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