verso il voto

Lega e Forza Italia per il ritorno del poliziotto di quartiere

di Marco Ludovico

(Massimo Paolone / AGF)

3' di lettura

Lontano finora dai clamori in corso della politica, è invece uno dei temi decisivi della campagna elettorale. La sicurezza pubblica: cavallo di battaglia, da sempre, del centrodestra, oggi imprescindibile per tutte le altre liste. Così, ultimo atto alla vigilia delle elezioni, il 26 gennaio il governo di Paolo Gentiloni ha voluto chiudere il nuovo contratto per militari e forze dell’ordine, su indicazione esplicita di Matteo Renzi e con tanto di conferenza stampa dei ministri Marco Minniti (Interno) e Roberta Pinotti (Difesa).

Con non pochi malumori tra gli addetti ai lavori sugli aumenti previsti. La vicenda contrattuale ha infiammato la prospettiva politica della questione sicurezza e l’ha spostata sul fronte del personale. Gianni Tonelli, candidato capolista Lega a Bologna e segretario del Sap (sindacato autonomo di polizia), tuona contro il rinnovo: «Porta in busta paga cinque euro netti al mese». I ministri al contrario hanno parlato di un incremento mensile tra i 110 e i 125 euro lordi. Replica a Tonelli Enzo Letizia (Associazione funzionari di polizia): «Non si manipolino i dati. Tra contratto e riordino delle carriere, gli incrementi sono adeguati».

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Il settore Difesa e Sicurezza annovera 450mila addetti, sono almeno il triplo in termini di votanti potenziali e il nuovo contratto arriva a distanza di nove anni dal precedente. «È stato il più imponente sforzo strutturale da quanto esiste il comparto» sottolinea il ministro Minniti. Non è escluso che se tra gli addetti ai lavori ci fosse una percezione di delusione rispetto alle aspettative, il rischio è di scatenare un effetto boomerang. Ma «dal 2014 a oggi sono stati stanziati oltre 7 miliardi per assunzioni, sblocco totale del turnover, investimenti e contratto» rivendica Emanuele Fiano (Pd).

Il test elettorale su questo fronte, tuttavia, è molto più ampio. A dispetto dei dati di costante e progressiva diminuzione del numero di reati, l’enfasi multimediale di ogni episodio di criminalità diffusa - furti, rapine, aggressioni - ridimensiona nei fatti l’apprezzamento pubblico del lavoro di governo. Così il centrodestra rilancia il progetto dell’ultimo governo guidato da Silvio Berlusconi, ministro dell’Interno Roberto Maroni: poliziotto e carabiniere di quartiere. Allora furono impiegate circa 1.300 unità, poi ridimensionate per diversi motivi. Come la riduzione progressiva degli organici e la necessità di impiegarli in vigilanza e controlli agli obiettivi sensibili contro la minaccia del terrorismo fondamentalista.

Con un livello di rischio di attacchi, va ricordato, tuttora al massimo. Se il progetto di Berlusconi dovesse rinascere, Polizia di Stato e Arma dei carabinieri dovranno fare i conti con la distribuzione del personale (diminuito) sul territorio. «Ma la sicurezza è e resta una priorità assoluta per noi - sottolinea Mara Carfagna (Fi) - il poliziotto di quartiere oggi diventa fondamentale anche per la presenza di tante donne indifese. Occorre anche un massiccio potenziamento della videosorveglianza nelle strade».

Aggiunge Giuseppe Esposito, responsabile sicurezza Udc: «I cittadini devono poter stabilire un dialogo continuo con poliziotti e carabinieri di quartiere. Per rendere concreto il principio della sicurezza partecipata». La questione fa il paio con quella dell’immigrazione (si veda IlSole24Ore del 16 gennaio) e le posizioni sono note: il Pd rileva i risultati raggiunti dall’esecutivo - nel 2017 62mila sbarchi in meno rispetto all’anno prima - Centrodestra e M5S invocano nuovi scenari.

Il movimento di Luigi Di Maio propone una rivoluzione anche negli assetti delle forze dell’ordine con l’accorpamento di Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Carabinieri e Penitenziaria. Un’operazione enorme, non priva di numerose difficoltà. Basti pensare come la confluenza della Forestale nei Carabinieri, voluta a tutti i costi da Matteo Renzi quando era presidente del Consiglio, si porta ancora strascichi e polemiche. Fa notare Alfredo D’Attorre (LeU): «Si ottiene più sicurezza con più Stato. A cominciare dal ripristino in pieno degli organici delle forze di polizia e dell’amministrazione della giustizia, per garantire la certezza della pena nei processi».

Sullo sfondo, l’appello fatto proprio ieri dal direttore generale della pubblica sicurezza, Franco Gabrielli: «L’ho detto come auspicio nel 2017 e lo ripeto come auspicio nel 2018. Spero che i temi della sicurezza siano considerati come un bene comune - sottolinea Gabrielli - non un tema da campagna elettorale». Un auspicio dettato davanti a segnali opposti e in crescita continua.

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