l’intervista

Per abbattere il debito più crescita e «Capricorn» con Cdp e immobili

di Emilia Patta

(Ansa)

5' di lettura

Matteo Renzi attacca su Europa, conti pubblici e realismo dei programmi. Sul debito pubblico, nel giorno in cui il Governatore Visco chiede alla politica misure chiare, rilancia il progetto Capricorn: «Valorizzare la Cdp, partendo dagli immobili». Forte l’appello al voto dei moderati: «Ogni voto dato a Fi è un rischio in più di avere la Lega al governo»

Segretario Renzi, partiamo dalla collocazione dell’Italia in Europa, tema centrale di questa campagna elettorale: il Pd si colloca ora su una linea europeista. Non è più tempo della sfida sul deficit da lei lanciata la scorsa estate, il “ritorno a Maastricht”?

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Noi pensiamo che l’austerità sia un errore. L’Italia conosce la ripresa grazie alla battaglia che abbiamo condotto nel 2014 per la flessibilità. Ci siamo conquistati con le unghie e con i denti quella flessibilità. E abbiamo reso possibile così gli incentivi del Jobs act, Industria 4.0, l’operazione su Imu e Irap costo del lavoro, il piano Banda Larga e l’investimento sulle infrastrutture, i Pir e il Patent Box. Se avessimo seguito solo il fiscal compact oggi Industria 4.0 sarebbe solo una presentazione in powerpoint e l’articolo 18 animerebbe il dibattito elettorale. Mentre Confindustria chiederebbe ancora l’abolizione dell’Irap costo del lavoro. Proprio per questo la nostra battaglia contro il fiscal compact continuerà. Lo slogan è sempre quello: Europa sì, ma non così. Un’Europa più politica, come ricorda spesso il professor Fabbrini dalle vostre colonne. Un’Europa più sociale, come chiediamo dal semestre italiano del 2014. Un’Europa più flessibile, come detto. Ma, appunto, l’Europa. Gli estremisti invece vogliono uscire dall’Euro e dall’Europa. È la tesi storica di Beppe Grillo e Matteo Salvini. In campagna elettorale fingono di essere morbidi. Ma loro sono così e non li cambi. Non è un caso che contro di me nel collegio di Firenze 1 il candidato del centrodestra sia il professor Bagnai, uno dei teorici dell’uscita dall'Euro. Sarebbe un disastro per le nostre aziende. Mi colpisce che Berlusconi pur di prendere un seggio in più accetti la guida leghista della coalizione: ogni voto dato a Forza Italia è un rischio in più di avere la Lega al Governo. Ecco perché chiedo a chi crede davvero nell’Europa di votare Pd.

Lei ha parlato di Stati Uniti d’Europa e di elezione diretta del presidente della Commissione. Ma per ora sembra farsi strada uno schema di Europa a due velocità. A quali condizioni l’Italia può far parte del gruppo di testa?

Siamo già nel gruppo di testa: il punto è se riusciamo a stare in prima fila o ci accontentiamo di stare a ruota dei battistrada. Stare a ruota è più comodo, ma l’Italia per me deve trascinare il plotone. Per farlo occorre essere forti e autorevoli al proprio interno, perché senza stabilità nessuno ti concede niente in Europa, ma forti anche a Bruxelles avendo il coraggio di imporre una nostra agenda di riforme. In questi anni ci abbiamo provato con il semestre a guida italiano. Dovremo rilanciare anche nella prossima legislatura.

Il grande assente di questa campagna elettorale sembra essere il macigno del debito pubblico italiano. Il Pd si impegna a ridurlo dal 132% al 100% in 10 anni. Come? Può ripartire la stagione delle privatizzazioni?

Pure se attutito dall’avanzo primario degli ultimi quindici anni e dalla ricchezza privata, il debito pubblico italiano è un problema. Vogliamo ridurlo non privatizzando ancora società come Eni o Enel, ma con l’operazione Capricorn che è già in avanzata fase di studio e che consentirà di liberare risorse, aumentare la crescita, valorizzare Cassa Depositi e Prestiti. Partendo ovviamente dai beni immobili dello Stato. Poi ovviamente il rapporto debito\Pil diminuisce se cresce il Pil. Durante gli anni dell’austerità abbiamo tagliato le spese ma il rapporto debito Pil è aumentato perché il Pil era negativo: se tagli sugli investimenti uccidi il futuro di una comunità. Con l’aumento degli investimenti supereremo il 2% di crescita, come ha detto ieri Pier Carlo Padoan. Come abbiamo scritto nel nostro programma. Una crescita del 2% è l’obiettivo: il Pil del 2012-2013 era al 2% ma col segno meno davanti. Ecco dove sta la forza dei nostri risultati.

Le promesse di riduzione fiscale sono un classico in campagna elettorale. Il vostro programma privilegia le famiglie con figli con piano di assegni per 9 miliardi. Da dove ricavate le risorse?

Tra noi e gli altri non c’è paragone. Noi abbiamo un programma, gli altri un libro dei sogni. Ho fatto il premier per tre anni e le nostre manovre finanziarie valevano circa 2 punti di Pil, 35 miliardi di euro: non sarà un problema trovarne nove per le famiglie. Dalla revisione della spesa, ad esempio, abbiamo recuperato 33 miliardi come spiega il commissario Yoram Gutgeld. Spazio di miglioramento sulla spesa c’è, ancora, ma non più di 15 miliardi. Sul resto si tratta di valutare la maggiore crescita e la flessibilità. Le promesse della destra costano 200 miliardi, le promesse di Grillo costano 110 miliardi: sono irrealizzabili tutte, dalla flat tax al reddito di cittadinanza. E se solo accettasero un confronto televisivo sarebbe agevole dimostrarlo. Forse è per questo che Di Maio e Berlusconi scappano dal dibattito Tv.

Non le sembra che il tema “industria” sia un po’ trascurato? La vera occupazione può venire da lì. C’è un piano industriale del Pd?

Il piano industriale del Pd è innanzitutto nella storia di questi mesi. A chi diceva: chiudiamo le fabbriche e campiamo sul turismo abbiamo risposto con decreti legge e azioni concrete, salvando ad esempio Ilva. Il lavoro sul Piano Industria 4.0 ci ha visto faticare gomito a gomito da Palazzo Chigi con il ministero dello Sviluppo economico per tutto il 2016: oggi se ne vedono i frutti con la produzione industriale che fa +3.4% e i macchinari che tirano la crescita oltre il 10%, un tasso cinese come ha detto scherzando Carlo Calenda. Siamo passati dai salvataggi come quelli cui ha lavorato benissimo Teresa Bellanova alla visione dei prossimi anni, incentrata sulle competenze, sugli ITS, sui nuovi lavori. Chi scommette sulla paura vuole tassare i robot come dice Salvini o dare a tutti un reddito di cittadinanza come chiede Di Maio. Noi vogliamo costruire un futuro in cui la parola lavoro sia al centro di tutto. Quando siamo partiti c’erano 22 milioni di persone al lavoro, ora sono 23 milioni. E se è vero che la metà sono a tempo determinato, è anche vero che finalmente abbiamo realizzato il milione di posti di lavoro. Berlusconi lo ha promesso ma non lo ha fatto. Noi sì.

Quali sono le proposte per consolidare i risultati del Jobs act e creare nuova occupazione?

Tommaso Nannicini, che del Jobs act è il padre, ha lavorato bene a un programma davvero dettagliato con incentivi per chi assume a tempo indeterminato. Rimando ai nostri “cento passi concreti”. Ma anche qui: non bastano gli impegni, noi partiamo dai risultati. Quando siamo partiti la disoccupazione giovanile era al 44% ora è al 32%. Noi vogliamo portarlo sotto il 20%. Si può fare, con la logica del passo dopo passo e senza promettere rivoluzioni irrealizzabili. L’unica misura shock che questo Paese può permettersi è la concretezza.

Ogni partito fa campagna elettorale come se potesse vincere da solo, mentre sappiamo che con un sistema a prevalenza proporzionale saranno necessari accordi post voto. Dalle inchieste del Sole 24 Ore emerge una convergenza più tra le proposte di Pd e Fi che all’interno delle coalizioni. Può essere rilevante a urne chiuse?

Forza Italia ha scelto di allearsi con Salvini. A me sembra un errore storico. Dico a tutti, moderati e non, che l’unico modo per evitare lo stallo e per evitare gli estremisti al governo è votare Pd. Mi piace convincere gli scettici per la qualità delle nostre proposte, ma so che molti ci voteranno più per la paura degli altri che per nostri meriti. Dopo tutti i sacrifici che l’Italia ha fatto, mandare tutto in aria lasciando il governo ai No Euro sarebbe un autogol per i nostri figli.

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