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Dove porta il «tifo» per Gentiloni dei big del Pd, da Prodi a Napolitano

di Lina Palmerini

(ANSA)

3' di lettura

Qualche giorno fa Romano Prodi, ieri Giorgio Napolitano, domenica prossima Walter Veltroni. Tutti intorno e vicini a Paolo Gentiloni, in una grande “ola” quasi a voler sottolineare che la faccia del Pd non è solo quella di Renzi ma pure quella del meno divisivo “Paolo”. C’è chi l’ha fatto con parole esplicite come il Professore bolognese che ha partecipato per la prima volta dopo nove anni a un’iniziativa politica accanto al premier per lodarne il lavoro, chi invece si è sbilanciato con un vero e proprio endorsement - come l’ex presidente della Repubblica - che ieri l’ha praticamente “incaricato” di rappresentare la premiership del Pd e non solo a breve ma anche come punto di riferimento per il futuro. E poi al teatro Sistina di Roma compariranno sul palco solo in due: il primo segretario del partito Veltroni e Gentiloni in un colloquio sulle “idee della sinistra di governo”. Praticamente i principali protagonisti della storia del centro-sinistra tifano Paolo e nessuno di loro fa il nome di Renzi.

È vero che con una legge elettorale prevalentemente proporzionale non ha senso indicare il candidato a Palazzo Chigi, ma questo tifo politico prescinde dalla regola costituzionale e innanzitutto mostra una certa distanza da Matteo Renzi. Lodano il premier ma non il segretario. È come se gli dicessero che non sta facendo l’unica mossa giusta per far guadagnare un po’ di consensi al Pd: cioè quella di mandare avanti Gentiloni. Sembra addirittura che l’utilità di questa scelta sia confermata da alcuni sondaggi che danno il partito in crescita di qualche punto grazie all’effetto del tranquillo Paolo. Che come priorità ha quella di fare la sua campagna a Roma, in uno dei collegi uninominali, dove si gioca la sfida vera più che nel “paracadute” dei listini proporzionali. E dunque di quel tifo dei big beneficia soprattutto il premier per la sua perfomance elettorale, che gli darà quella legittimazione popolare necessaria anche per rimanere al Governo in attesa che arrivi quello nuovo del post-voto.

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Ma la domanda è dove possono portare le investiture dei big su Gentiloni, se hanno uno scopo anche oltre la campagna elettorale. Intanto se porteranno Renzi a fare il famoso ed esplicito endorsement per Gentiloni. Endorsement che secondo alcuni potrebbe avere anche l’effetto opposto, cioè bruciarne la candidatura proprio perché arriva dal leader Pd. Al di là di questi calcoli, l’ipotesi di un nuovo incarico ha chance solo se il Pd andrà bene alle urne e se davvero conquisterà la posizione di primo gruppo parlamentare. In quel caso potrà chiedere la casella per Palazzo Chigi in uno schema di larghe intese e Gentiloni è uno dei nomi più spendibili. Ecco, il sostegno dei big va in questa direzione ma di certo non basta. Il ritorno sulla scena di Prodi o Veltroni serve, invece, soprattutto se il Pd uscirà ammaccato o perdente dalle urne. Perché i ritorni hanno un senso a maggior ragione se la “casa brucia”. Se ci sarà da rimettere insieme un partito e una coalizione di centro-sinistra , il ruolo dei “padri nobili” andrà oltre limpegno della campagna elettorale. E si trasferirà necessariamente in quel cantiere che dovrà nascere se le attese del Pd - ma anche di Leu - verranno deluse dalle urne del 4 marzo.

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