a palazzo chigi

Autonomie, firmato l’accordo tra Governo e Regioni

di Nicola Barone

(ANSA)

3' di lettura

C’è la firma sull’accordo per la cosiddetta autonomia differenziata tra il Governo, rappresentato dal sottosegretario agli Affari regionali Gianclaudio Bressa, e le Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Quello di oggi a Pazza Chigi è «un primo passo», registra Bressa al termine dell’incontro. «Siamo partiti con tre Regioni, speriamo siano solo l'avanguardia, ci sono già abboccamenti in fase avanzata col Piemonte e la Liguria ed è stata avviata la trattativa anche con la Campania e la Puglia».

Il passaggio consiste in forme e condizioni particolari di autonomia che le Regioni assumono come prevede l'articolo 116 della Costituzione all'interno di due elenchi: le venti competenze concorrenti tra Stato e Regioni, dal commercio con l'estero alla ricerca, all'energia, e le tre competenze esclusive dello Stato: giustizia di pace, istruzione e tutela dell'ambiente. In sostanza le tre Regioni hanno chiesto le competenze - altre poi si sono accodate ma queste sono le prime ad averlo fatto e quindi oggi a firmare l'accordo preliminare - lo Stato ne ha misurato il costo e quindi calibrato le risorse in base ai nuovi compiti accordati all'amministrazione regionale. Le prime a muoversi sono state Veneto e Lombardia, dopo l'esito positivo del referendum sull'autonomia dello scorso 22 ottobre, seguite subito dopo dall'Emilia Romagna. L'autonomia differenziata è possibile grazie all'articolo 116, comma terzo, della Costituzione. Ed estensore del comma dell'articolo 116 è stato proprio il sottosegretario Bressa durante la riforma della Costituzione del 2001.

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Maroni: non si torna indietro, modello da esportare
«Una giornata storica, dopo diciasette anni abbiamo firmato il primo accordo per dare più autonomia alle Regioni, sono molto soddisfatto di concludere in bellezza la mia esperienza di cinque anni alla guida della Regione» commenta
il presidente della Lombardia Roberto Maroni. «È scritto, non si torna indietro, bisogna completare il percorso, si apre un nuovo corso per la Lombardia e le Regioni». Per Maroni si tratta di un modello che «potrà essere esportato in tutte le Regioni in cui i governatori accetteranno la sfida». E in materia di finanziamenti il presidente lombardo accenna ai criteri stabiliti. «Il primo è calcolare quanto oggi lo Stato spende in Lombardia, queste risorse andranno nel bilancio della Regione: vuol dire risorse in più. Gli altri due criteri sono i costi e i fabbisogni standard che è una vecchia battaglia storica della Lega e che vuol dire che chi governa meglio ha un vantaggio perché spende meno e riceve di più dallo Stato. E poi la compartecipazione al gettito di uno o più tributi erariali, che è una pagina storica. Finisce il sistema dei trasferimenti, le tasse pagate in Lombardia vengono a Roma e da qui tornano indietro, in parte vuol dire che le tasse pagate in Lombardia in quota importante rimarranno in Lombardia».

Bonaccini: un’opportunità per tutte le Regioni
Anche il governatore dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini, presente con il presidente del Veneto Luca Zaia alla firma dell'accordo sull'autonomia differenziata a Palazzo Chigi, sottolinea l’importanza del momento. «È la prima volta che si mette una firma a un preaccordo, il prossimo Parlamento e il Governo non potranno non tener conto di questo accordo. Noi non avevamo fatto il referendum nè Regioni a statuto speciale ma quello che avevamo immaginato come Emilia Romagna si è dimostrato essere una scelta giusta, senza slogan ma con fatti concreti. Non sono più risorse da Roma ma più risorse trattenute alla fonte per la gestione di alcune competenze, per garantire alcune peculiarità: penso al manifatturiero, l'istruzione o l'ambiente». Secondo Bonaccini «in un prossimo accordo si dovrà determinare il superamento della spesa storica per passare ai costi standard che saranno un approdo importante per tutto il Paese. Questa è una opportunità per tutte le Regioni, non c'è più un Nord o un Sud: noi ci sentiamo italiani prima che emiliano romagnoli».

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