editorialedopo l’appello di mattarella

Per un governo di scopo europeo

di Francesco Saraceno

3' di lettura

L’appello alla responsabilità del Presidente Mattarella ci ricorda opportunamente che nelle prossime difficili settimane la stella polare dei partiti dovrebbe essere l’interesse del Paese e dei cittadini. Già all’indomani del voto il direttore Gentili su queste pagine ha scritto che la stella polare dei prossimi mesi dovrebbe essere Italia first. È utile valutare le varie opzioni di governo in campo alla luce delle priorità per l’economia italiana. E per fare ciò bisogna guardare oltre le Alpi, perché l’Italia ha bisogno di un governo di scopo che metta al centro della propria azione l’Europa.

Domenica scorsa, mentre noi votavamo, i militanti socialdemocratici tedeschi approvavano a larga maggioranza il patto di governo con Angela Merkel, dotando infine la Germania di un governo. Nelle prossime settimane quindi il processo di riforma delle istituzioni europee si rimetterà in moto. La Germania spinge per un pacchetto incentrato su nuove norme prudenziali volte a penalizzare le istituzioni finanziarie che detengono montanti eccessivi di debito di un solo Paese, come è il caso per le banche italiane; un meccanismo rinforzato di bail-in ridurrebbe inoltre il rischio di contagio. Solo allora si completerebbe l’unione bancaria con una parziale assicurazione comune dei depositi. Infine, il Meccanismo europeo di stabilità verrebbe trasformato in un Fondo monetario europeo che soccorra i Paesi in crisi, imponendo forti condizionalità, nel quadro di regole fiscali simili alle attuali. In questo nuovo quadro i mercati sarebbero in grado di valutare correttamente i rischi e di disciplinare i governi attraverso gli spread. L’Italia avrebbe tutto da perdere da riforme improntate a questi principi. In particolare, il settore bancario riuscirebbe a fatica ad assorbire premi di rischio differenziati e i rendimenti sui titoli italiani schizzerebbero alle stelle. Ma il problema non riguarda solo il nostro Paese: l’insistenza quasi esclusiva sulla riduzione del rischio sortirebbe l’effetto opposto a quello sperato, aumentando l’instabilità della moneta unica.

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Emmanuel Macron aveva inizialmente una posizione simile a quella portata in Europa dai governi italiani che si sono succeduti dal 2013, incentrata su meccanismi di solidarietà che affianchino la disciplina di mercato. È fondamentale che questa visione riacquisti forza, nell’interesse dell’Italia e dell’Europa. Occorre che la Francia trovi una sponda in un governo italiano rapidamente operativo e credibile. L’Italia insomma non si può permettere i sei mesi di attesa di cui ha beneficiato la Germania, e dovrebbe dotarsi di un governo di scopo intorno a un programma preciso e limitato di riforma delle istituzioni europee (è utile ricordare che presto entreranno nel vivo anche i negoziati per il prossimo bilancio europeo).

Stando alle posizioni espresse più recentemente, potrebbero essere diverse le combinazioni possibili tra partiti vittoriosi e partiti sconfitti per una convergenza su una piattaforma riformista europea che contempli il completamento dell’Unione bancaria, un ministro delle Finanze europeo, che gestisca dossier comuni come l’investimento pubblico e la gestione dei flussi migratori, un’armonizzazione della tassazione sulle imprese, e infine delle regole fiscali meno cervellotiche (per esempio una regola “d’oro” che escluda l’investimento pubblico dal calcolo del deficit). Sono tutti temi su cui esistono proposte, su cui si potrebbe trovare la convergenza con la Francia e con altri Paesi e su cui un governo tedesco in cui i socialdemocratici hanno più peso potrebbe essere meno granitico. Infine, potrebbe esserci convergenza su di un pacchetto che includesse una qualche versione del reddito di cittadinanza (che al di là delle polemiche da campagna elettorale non è troppo dissimile da misure di sostegno al reddito in vigore in altri paesi) e una seria politica per il lavoro. Il governo di scopo potrebbe così distinguersi nella lotta alla disuguaglianza, che mina allo stesso tempo la coesione sociale e l’efficienza economica del nostro Paese. Certo, occorrerebbe smussare gli angoli, rinunciare a rancori e recriminazioni e probabilmente, come sempre quando si fanno accordi di coalizione, accettare compromessi e veti sulle misure più controverse. Ma la convergenza tra forze diverse sui temi europei è possibile. Ed è la priorità assoluta per il nostro Paese. Che si tratti di un patto di governo o di un appoggio esterno è poco importante. Quello che è fondamentale è che ci si accordi su un numero limitato di proposte, e che si formi un governo solido che possa giocarsi le sue carte sulla scena europea.

Finora abbiamo assistito a molte discussioni su cosa fosse più utile per i diversi partiti; molto meno ci è stato detto su cosa converrebbe al Paese. La politica ha i suoi percorsi e non è il compito dei tecnici dettarne l’agenda. Ma per un intellettuale è giusto, e doveroso, contribuire a chiarire quali siano le priorità per il Paese. Non vi è alcun dubbio che oggi la priorità per l’Italia sia di essere presente nelle stanze in cui si decide il futuro europeo.
Luiss-SEP, Roma e Sciences Po Parigi

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