la “nuova italia” e i leader mondiali

Lega e M5S, le “sintonie” con Trump e con Putin

di Carlo Marroni

4' di lettura

È solo un pregiudizio quello che ritiene gli americani spesso un po' superficiali rispetto alla politica italiana, specie dopo la scomparsa dei comunisti. È del 2008, esattamente dieci anni fa (era il 4 aprile), l'incontro che Beppe Grillo ebbe a Villa Taverna con Ronald Spogli, allora ambasciatore Usa con un italiano perfetto - un'eccezione per i rappresentanti della Casa Bianca - molto attivo sulla scena politica interna, e uso a polemiche con l'allora governo Prodi. Spogli mandò a Condoleezza Rice, segretario di stato di Bush jr., un lungo cablo in cui Grillo veniva definito un «interlocutore credibile» nella comprensione del sistema politico italiano, perché paladino nella denuncia della corruzione della vita, anche se destava sospetti per il sospetto di “luddismo” (concetto ormai ai limiti dell'espulsione dai sussidiari).

Precedenze non casuali
Allora il Movimento era un fenomeno ancora da studiare, e gli americani a Roma hanno tenuto a portata di mano il dossier - lo fece anche il successore di Spogli, il democratico obamiano David Thorne - tanto più che adesso i grillini sono a un passo dal governo del paese. Nei giorni scorsi il nuovo ambasciatore nominato da Trump, il boss repubblicano Lewis Eisenberg, ha incontrato Luigi Di Maio «per ascoltare i suoi progetti sul futuro dell'Italia». I due «hanno condiviso l'importanza di mantenere forti i legami tra i nostri due Paesi». Ma non era il primo a varcare la soglia della residenza dei Parioli; due giorni prima era stato il turno di Matteo Salvini, il primo ad essere ricevuto dopo le elezioni, e in diplomazia queste precedenze non sono mai casuali.

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I legami con Trump, paladino del “populismo sovranazionale”
Lega e Movimento 5 Stelle procedono, al momento, verso la formazione del nuovo governo, anche le carte saranno date alle consultazioni del presidente della Repubblica, a partire dalla prossima settimana. Quale sarà la politica estera del nuovo esecutivo, sempre che siano i due partiti “populisti” a rappresentarne l'architrave? In questa fase le incognite maggiori sono rappresentate dai futuri rapporti con gli Usa di Donald Trump e la Russia di Vladimir Putin, le cui relazioni non sono mai state così problematiche dai tempi della crisi dei missili di Cuba nonostante i sospetti del “Russiagate”. I rapporti con gli Usa da parte del M5S è un dato acquisito, quindi, anche se al momento non “organico” e solidificato dalle costituency tradizionali, rappresentate da associazioni, think thank e lobby varie. Di certo c'è che i movimenti, specie quando sono molto giovani, rappresentano un terreno di relazioni favorevole, visto che i programmi non sono mai consolidati (tanto più quando si deve fare un accordo di coalizione). Diverso dai grillini è il caso della Lega, partito radicato che ha archiviato il tema della secessione, che poco e nulla piaceva agli Usa. L'America di Trump è un po' il simbolo della corrente populista sovranazionale, che ha prodotto anche Brexit: naturale quindi una sintonia, manifestata anche con incontri, non solo con l'ambasciatore - in quel caso accompagnato da Giancarlo Giorgietti, il suo potente vice considerato l'esponente più vicino al mondo americano - ma anche, di sfuggita, con lo stesso Trump, e di recente con l'ex stratega Steve Bannon, ormai in rotta con il presidente.

Gli stretti legami del Carroccio con Mosca, i segnali dei grillini
Gli Usa quindi con il nuovo corso italiano sono tranquilli. Ma forse lo è anche la Russia di Putin. All'indomani della decisione del governo Gentiloni di espellere due diplomatici - concordata con tutti i partner europei e gli Usa - per il caso di Salisbury, sono arrivate critiche sia da parte di Salvini («boicottare Russia, rinnovare le sanzioni ed espellerne i diplomatici non risolve problemi, li aggrava») che di Giorgia Meloni («sono gli ultimi colpi di coda di un governo asservito alla volontà di Stati esteri») mentre è apparso più cauto l'atteggiamento del M5S, che in politica estera propugna il multilateralismo: del resto Gentiloni prima di comunicare la decisione aveva avvertito al telefono Di Maio, oltre che gli altri capi-partito maggiori. Il legame di Salvini con i russi è certamente il più evidente: il leader leghista è stato più volte a Mosca e ha relazioni con il partito di Putin Russia Unita, tanto che all'indomani del voto l'Izvestiya, giornale vicino al presidente ha titolato «Con il centro-destra vince anche la Russia». La partita con Mosca è molto più delicata rispetto agli Usa: sono in ballo grandi interessi economici, nonostante la sofferenza patita dalle nostre imprese a causa delle sanzioni - severamente criticate dai pentastellati anche in campagna elettorale - ma forte è anche la sensibilità geopolitica, non a caso sottolineata anche da Gentiloni nel momento in cui venivano decise a Bruxelles le espulsioni di diplomatici. Su tutte c'è la partita della Siria e il rapporto con la Turchia, nel complesso quadro di stabilizzazione del medio oriente, con pericoli incombenti al confine nord-est di Israele, presidiato da truppe iraniane. L'Italia è presente da oltre dieci anni con una consistente forza di peacekeeping nel sud del Libano, nel territorio dove forte è la presenza dei filo-iraniani Hezbollah. Un quadro di rapporti che passa attraverso l'Egitto e arriva fino alla Libia, che per l'Italia è il vero confine meridionale.

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