LE consultazioni

Governo, primo round di Casellati a vuoto. Lega e M5S divisi su Berlusconi

di Nicola Barone e Vittorio Nuti

Consultazioni Casellati: dopo il primo round ancora stallo e veti incrociati

4' di lettura

«Sono stato accusato da Salvini di porre dei veti e non si capisce perché io non possa porli su Berlusconi e lui sul Pd. Noi siamo insieme alla Lega le uniche due forze che non si pongono veti a vicenda. Vediamo propinarci ipotesi un’ammucchiata di centrodestra quando poteva già partire un governo del cambiamento in grado di cambiare tantissime cose». Tiene il punto il leader M5s Luigi Di Maio, al termine dell'incontro con la presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati nell’ambito delle consultazioni a Palazzo Giustiniani. Stamani è arrivato alla seconda carica dello Stato l’incarico esplorativo per la formazione del nuovo esecutivo, tentativo che si chiuderà entro la giornata di venerdì con le conclusioni al presidente della Repubblica.

Secondo quanto comunicato dal segretario generale del Quirinale, Casellati ha il compito di «verificare l'esistenza di un maggioranza parlamentare tra i partiti della coalizione di centrodestra e il Movimento 5 Stelle e di un'indicazione condivisa per il conferimento dell'incarico del presidente del Consiglio per costituire il governo». Ma gli ostacoli appaiono da subito quasi del tutto insormontabili tra M5S e il fronte che va da Salvini a Meloni presentatosi in ordine sparso ai colloqui con il presidente del Senato. «Le consultazioni dimostreranno che l'idea di un governo di centrodestra è fallito», pronostica Di Maio. Perciò nel convincimento del capo politico del Movimento a Salvini non resta che fare una scelta, rapida e in autonomia rispetto ai propri alleati («il tempo è poco, mi aspetto una risposta definitiva entro questa settimana»).

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Il dialogo rimane fermo al palo. «In modo inderogabile bisogna dare rapidamente un governo all'Italia. Se i veti del M5S nei confronti di Forza Italia cadessero nelle prossime ore saremmo pronti a un governo già a inizio settimana prossima», si limita a registrare il capogruppo della Lega Giancarlo Giorgetti chiuso il faccia a faccia con Casellati. Mentre Berlusconi a stretto giro respinge al mittente la lettura delle ragioni dello stallo offerta poco prima da Di Maio («i veti sono venuti a noi dai Cinque Stelle. Forza Italia e il suo presidente non hanno mai posto veti all'alleanza di centrodestra con i Cinque Stelle e casomai hanno insistito sul fatto che il centrodestra è la coalizione vincente e spetta a noi indicare il candidato presidente del Consiglio. La Lega, avendo avuto più voti, deve esprimere questo candidato»).

Domani nuovo giro con delegazione unica del centrodestra
Al confronto di domani con Maria Elisabetta Casellati il centrodestra giungerà invece con una delegazione unita, guidata dal leader della Lega Matteo Salvini. La posizione del Carroccio non cambia di una virgola, come fanno intendere senza possibilità di equivoco le parole di Salvini, lontano dalla Capitale, a Catania. Nell’eventualità di un niente di fatto «lasciamo nelle mani del presidente della Repubblica la possibilità di dare una sveglia a chi sta impedendo la nascita del governo». Stesso concetto, più e più volte ribadito. «Nessuno la tiri in lungo, io non ho bisogno di una settimana per dire che gli italiani hanno votato in modo chiaro un mese fa. La domanda è, sono tutti disposti a evitare ambizioni personali, oppure no? Se la risposta è sì, allora si lavora. Se Di Maio pensa di fare un accordo con Lega e lui fa il presidente del consiglio, allora pensa che io ho scritto Jo Condor in fronte».

Martina (Pd): incarico pone fine ad ambiguità
Tendente allo scetticismo sul risultato finale anche il giudizio espresso nell’immediatezza dal segretario reggente del Pd Maurizio Martina, convinto però che il mandato alla presidente Casellati di verificare le condizioni per una possibile maggioranza di governo tra centrodestra e M5S abbia posto fine «alle ambiguità di questi 45 giorni. Altro che aspettare le elezioni regionali, ora è il momento della verità per chi dopo il 4 marzo ha pensato solo a tatticismi e personalismi».

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Strada in salita per Palazzo Chigi
Lo scenario che accompagna il primo preincarico politico deciso da Mattarella a un mese e mezzo dal voto del 4 marzo continua a essere quanto mai incerto. La presidente del Senato può contare su di un iniziale giudizio positivo del leader della Lega («può fare un buon lavoro»), che proprio ieri ha fatto una chiara apertura all'ipotesi, marginale per la verità, di un “terzo uomo” a Palazzo Chigi (anche un tecnico) diverso da lui e Luigi Di Maio.

L’ M5s aveva fatto sapere di essere contrario all'ipotesi di un mandato affidato in prima battuta al presidente della Camera Roberto Fico («sarebbe irrealistico»). Se dovesse fallire, ipotesi praticamente inevitabile visto il no dei pentastellati a Berlusconi - questo il ragionamento di alcuni deputati - solo allora prenderà quota la carta Fico, per provare a mettere d’accordo M5S e Pd o M5S e Lega. Che a quel punto, certificato il fallimento di Casellati, potrebbe sganciarsi da Forza Italia. Ma vanno registrati anche i primi segnali, ieri, di possibile dialogo tra Pd e M5S, dopo che il reggente dem Maurizio Martina ha annunciato la disponibilità a confrontarsi «su tre punti» del programma elettorale Pd (povertà, famiglia, lavoro), una mossa che ha ricevuto il plauso dei grillini («iniziativa utile»). Non solo. Il presidente Fico ha chiesto alla Commissione speciale della Camera trattare anche il Dlgs sulle carceri, come chiesto sia dal governo che dal Pd ma che la Lega aveva bloccato. Col plauso del Guardasigilli Andrea Orlando e assieme a lui del capogruppo democratico in Commissione Francesco Boccia.

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