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Governisti, mediani e renziani: Pd da Fico con almeno tre linee

di Emilia Patta

(ANSA)

2' di lettura

Un dettaglio, in queste ore in cui la trattativa tra M5S e Pd entra nel vivo, descrive più di molte parole la spaccatura provocata nel Pd dalla decisione del Capo dello Stato di dare al presidente della Camera Roberto Fico un mandato esplorativo circoscritto all’ipotesi di un governo tra M5S e Pd: in mattinata un video del capogruppo renziano del Senato Andrea Marcucci in cui si definisce «quasi impossibile» l’accordo con il M5s è stato prima pubblicato, poi cancellato, dalla pagina Facebook ufficiale del Partito democratico. Dove ora campeggia in apertura l’intervista a Repubblica in cui il ministro Dario Franceschini invita al confronto con i Cinque stelle.

Una spaccatura che divide a metà anche la delegazione del Pd: da una parte il segretario reggente Maurizio Martina e il capogruppo alla Camera Graziano Delrio, più aperturisti; dall’altra Marcucci e il presidente del partito Matteo Orfini, fedeli alla linea renziana del no all’accordo.
Difficile che le consultazioni di Fico possano produrre un risultato positivo già in settimana. Ma la mossa di Sergio Mattarella ha senza dubbio rimesso in moto il cosiddetto fronte governista: dai ministri Franceschini e Andrea Orlando (e dietro sembra ci sia anche il premier Paolo Gentiloni) fino a Michele Emiliano. Un fronte che sembra destinato ad allargarsi in area renziana, con la posizione per ora mediana di un dirigente influente come il ministro Delrio e di un renziano storico come il coordinatore della segreteria Lorenzo Guerini. E sembra che anche uno degli uomini più vicini a Matteo Renzi come Luca Lotti stia consigliando l’ex leader nella direzione di un dialogo vero con i pentastellati.

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Anche i governisti più convinti come Franceschini, tuttavia, sanno che un eventuale governo con il M5s non può andare in porto con un Pd diviso e quindi senza l’assenso di Renzi. Che per ora resta fermo sul no, riservandosi semmai di guidare in prima persona la trattativa con il M5s in un secondo momento - magari sotto il matello di un governo presidenziale o istituzionale - a partire dal veto sulla premiership di Luigi Di Maio. Perché Renzi ha ancora in mano il pallottoliere dei gruppi parlamentari: oltre 70 su 111 alla Camera o oltre 30 su 52 in Senato. Anche immaginando che una parte dei suoi passi al fronte governista nei prossimi giorni, Renzi manterrà quanto meno un potere di interdizione che può bloccare la soluzione di governo M5s-Pd sul nascere: a Palazzo Madama i senatori pentastellati e quelli democratici arrivano insieme a 161, ossia la soglia minima della maggioranza, ai quali si aggiungerebbero solo i 4 senatori di Leu.

Quanto al gruppo Pd del Senato, Franceschini ha una decina di senatori, Delrio tre tra cui Mattei Richetti, Orlando tre. La stretta sulle liste data dall’allora segretario Renzi prima delle elezioni ha avuto dunque il suo effetto. E per scongelare i renziani doc - oltre alla moral suasion del Presidente, che preferirebbe evitare la soluzione “populista” e antiatlantica di un eventuale governo giallo-verde, va registrata quella dei big Romano Prodi e Walter Veltroni – non basterà certo una settimana. Per questo lui, Renzi, si gode per ora lo spettacolo. Pronto ad entrare direttamente in campo in un secondo momento.

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