prove tecniche di governo

Pd-M5S, i nodi politici e la «desistenza» su Fornero e Jobs act

di Barbara Fiammeri

(Ansa)

2' di lettura

Le chance per un’intesa tra M5s e Pd sono remote ma il tentativo va avanti. Qualche segnale è già arrivato: l’addio (?) di Luigi Di Maio alla possibilità di governo con la Lega e il contestuale apprezzamento del segretario reggente dem Maurizio Martina, così come gli “omissis” su legge Fornero e Jobs act scomparsi dai 10 punti programmatici messi nero su bianco per i pentastellati da Giacinto della Cananea. Ma appunto si tratta per ora di segnali, utili a far partire il confronto ma non sufficienti per sottoscrivere l’accordo. Anche perché gli ostacoli principali non sono programmatici bensì politici.

Un film analogo a quanto già visto in occasione del mancato accordo con Salvini. Al segretario della Lega i pentastellati hanno posto due condizioni: tener fuori dal Governo Berlusconi e Forza Italia e garantire la premiership a Di Maio. Una richiesta quest’ultima che viene posta come ineludibile anche al Pd. Così come pesa e non poco il ruolo di Matteo Renzi. Ma in questo caso non si tratta di una riproposizione del veto su Berlusconi. I pentastellati sono consapevoli che senza Renzi la maggioranza non c’è o sarebbe debolissima. Allo stesso tempo però non possono permettersi di far risaltare la figura dell’ex premier, consentendo a Salvini di sparargli (metaforicamente) addosso dall’opposizione.

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IL RISIKO DELLE INTESE

IL RISIKO DELLE INTESE

Per aggirare l’ostacolo si punta sulle possibili convergenze programmatiche. E certo non è un caso che i 10 punti evidenziati da della Cananea sono stati resi noti proprio in concomitanza con l’incarico del Capo dello Stato al presidente della Camera Roberto Fico, per verificare appunto le possibilità di un’intesa con il Pd.

La distanza tra i due partiti non è siderale. Anche su temi come pensioni, lavoro e politica fiscale. Certo il Pd sul fisco punta più sulla riduzione del costo del lavoro che sulla rivisitazione dell’Irpef ma non dimentichiamo che il provvedimento che ha caretterizzato il governo Renzi non è stato il taglio del cuneo fiscale bensì gli 80 euro. Anche l’intangibilità della Fornero è un falso tabù visto che gli ultimi due governi a guida Pd sono già intervenuti per mitigarne gli effetti. Così come le affinità tra il reddito di cittadinanza versione M5s e quello di inclusione potenziato dall’attuale Governo Gentiloni o gli aiuti per le famiglie. Senza trascurare la posizione europeista assunta da Di Maio e non lontana da quella del Pd su rispetto dei trattati ma anche sulla richiesta di maggiore flessibilità nel rapporto deficit/Pil per consentire la realizzazione di investimenti infrastrutturali. Resta il tema dell’articolo 18, che in campagna elettorale i grillini sostenevano di voler ripristinare ma che è scomparso dalle 10 priorità indicate da dRella Cananea. Ma prima che sul tavolo arrivi il menu del programma c’è da lavorare e molto sui reciproci sospetti politici, che sono forti da ambedue le parti. Già oggi in occasione del secondo giro di consultazioni di Fico capiremo se e quanto si stanno diradando.

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