CONSULTAZIONI

Il dialogo M5S-Pd parte in salita, i renziani temono l’«Opa» Di Maio

di Emilia Patta

2' di lettura

Nonostante l'ottimismo mostrato dal presidente della Camera Roberto Fico («tra Pd e Movimento 5 stelle dialogo avviato») e dallo stesso segretario reggente Maurizio Martina («ci sono passi avanti importanti»), il confronto tra pentastellati e democratici sulla possibile formazione del governo si avvia in salita.

Anzi, rischia di non avviarsi proprio. Intanto le parole di Luigi Di Maio sulla necessaria discontinuità rispetto ai governi di questi anni (Jobs act, Buona scuola, grandi opere... ) non sono piaciute per niente.

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Non solo, e va da sé, ai renziani doc ma neanche a chi in queste ore si sta spendendo per trovare una posizione comune tra l'apertura al dialogo del segretario reggente Maurizio Martina e il fermo “niet” dell'ex segretario Matteo Renzi, che almeno sulla carta controlla i numeri nei gruppi parlamentari e negli organismi dirigenti del partito. Il coordinatore della segreteria Lorenzo Guerini, il vicepresidente della Camera Ettore Rosato, il capogruppo alla Camera Graziano Delrio: tutti i pontieri ammettono che le parole di Di Maio «non aiutano», e che in queste condizioni «è difficile anche avviare il confronto».

Pressing del Colle
Eppure il convincimento che comunque il Pd non può arroccarsi su un no a prescindere comincia a farsi strada anche nella cerchia renziana. «Non possiamo rifiutare di sederci al tavolo», è la considerazione che fanno in molti. Pesa il pressing del Capo dello Stato Sergio Mattarella, pesa il timore che esaurito questo tentativo non restano che le elezioni (a questo punto comunque in autunno, visto che la finestra per votare a giugno si chiude a fine mese). Per questo si lavora a un possibile compromesso per evitare una conta lacerante in direzione, convocata per il 3 maggio: della serie «ci sediamo al tavolo ma a partire dai 100 punti del programma del Pd». Un modo per trattare al “rialzo”, per usare le parole di Di Maio.

I timori di Renzi
Il punto è che Renzi, che resta contrario all'ipotesi di un governo M5s-Pd che snaturerebbe l'identità dei democratici, ritiene pericoloso anche il solo sedersi al tavolo con i pentastellati: «Hanno solo voglia di andare al governo a spese nostre - è il ragionamento dei renziani doc, che parlano di opa esterna sul Pd - e per raggiungere questo obiettivo diranno di sì a tutte le nostre condizioni». L'ex segretario e i suoi sono poi convinti che il “forno” tra M5S e Lega non sia affatto chiuso e potrebbe riaprirsi all'indomani delle elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia. Ma manca una settimana alla prevista “conta” in direzione (sulla carta Renzi controlla 125 voti su 209 componenti). Di questi tempi un'era geologica. E molta acqua deve ancora passare sotti i ponti.

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