LA CRISI

Balneare, tecnico, del presidente: le formule dei governi “non tradizionali” nella storia

di Riccardo Ferrazza

1969 Roma, cerimonia all'Altare della Patria con Giovanni Leone (Agf)

2' di lettura

È vero che ogni governo è “politico” perché, come stabilisce l’articolo 94 della Costituzione, «il Governo deve avere la fiducia delle due Camere». Nella storia della Repubblica, però, ci sono state molte formule che hanno visto nascere Esecutivi non tradizionali. Ecco una (parziale) rassegna.

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Governo balneare
Il primo esecutivo a ricevere questo nome (seppure solo in seguito e non al momento dell'insediamento quando il termine era piuttosto “ponte”) fu quello guidato da Giovanni Leone nel 1963. Dopo le elezioni politiche di maggio il presidente della Repubblica affida l’incarico di formare il governo ad Aldo Moro: l'accordo di coalizione con il Psi guidato da Pietro Nenni viene però bocciato dal comitato centrale del partito socialista e il leader dc rimette il mandato. Giovanni Leone, dopo essersi dimesso da presidente della Camera, riesce a formare un governo monocolore dc di transizione, con lo scopo dichiarato di approvare il bilancio dello Stato entro il termine del 31 ottobre. Giura nel solstizio d’estate (21 giugno) e rimane in carica fino al 4 dicembre, quando i tempi sono maturi per un governo di centrosinistra organico. Lo guida proprio Moro e ne fanno parte Dc, Psi Psdi e Pri.

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Governo tecnico
Il primo caso di “governo tecnico”, cioè composto da personalità scelte al di fuori della politica, fu il Governo Dini. Dopo la caduta del primo governo Berlusconi, nel gennaio 1995 il Capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro conferisce l’incarico di formare un nuovo esecutivo al ministro del Tesoro dell'esecutivo dimissionario. L'ex direttore generale della Banca d'Italia forma un governo con un programma definito: manovra correttiva, riforma del sistema pensionistico, la legge elettorale per le regioni e la riforma dell’informazione. A sostenere il governo il Ppi, la Lega nord, il Patto Segni e i Progressisti (ad eccezione di Rifondazione comunista). Dini si dimise un anno dopo ma rimase in carica fino a maggio, quando si insediò il nuovo governo vincitore delle elezioni, quello dell'Ulivo di Romano Prodi.

Governo del presidente
Il 9 novembre 2011 il capo dello Stato Giorgio Napolitano nomina senatore a vita Mario Monti. Tre giorni dopo il premier Silvio Berlusconi, sotto la pressione dei mercati che hanno portato il differenziale BtP-Bund al record di 574 punti, si dimette e il 13 novembre il presidente della Repubblica affida l'incarico di formare il governo proprio a Monti. Il neo senatore a vita scioglie la riserva e forma un governo che, come nel caso di Dini, è composta da tecnici. Viene però definito “del presidente” per il ruolo svolto da Napolitano nella soluzione della crisi.

Governo della “non sfiducia”
È la formula che descrive l'Esecutivo guidato da Giulio Andreotti (il terzo) nel 1976. Fu lo stesso presidente del Consiglio incaricato che, presentando alla Camera il suo Esecutivo (formato da soli esponenti democristiani), chiese la “non sfiducia” ai partiti – in particolare il Pci, dopo la Dc la principale forza parlamentare guidata da Enrico Berlinguer – sulla base di un programma e scadenze precise. Alla Camera la mozione di fiducia passa con 258 favorevoli e un numero maggiore di astenuti: 353. L’altro nome è “governo di solidarietà nazionale”.

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