il quirinale

Il segnale di Mattarella su immigrazione ed Europa

di Lina Palmerini

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3' di lettura

Con quella stretta di mano a Paolo Savona, la più fotografata durante la cerimonia di giuramento dei ministri, si chiude la lunga fatica di Sergio Mattarella. Proprio con il neo ministro era nato lo strappo che aveva azzerato la nascita del Governo grillo-leghista ma poi con lo spostamento del professore dalla casella dell’Economia a quella degli Affari europei si è arrivati al lieto fine di ieri e a quegli auguri di buon lavoro fatti a Savona come a tutti i 18 componenti del Governo appena insediato. Si attende il voto di fiducia ma la strada si è aperta a quell’Esecutivo politico che è stato l’unico vero obiettivo del capo dello Stato. Una strada che si apre al nuovo, al debutto di tanti e non solo dei due vice-premier, e all’applicazione di un contratto di programma spesso rivisto e corretto anche con la penna del Quirinale. Spariti i passaggi più dirompenti sull’Europa, forse ritoccati anche quelli su sicurezza e immigrazione resta - tuttavia - la sensazione che saranno quelli i fronti su cui con più probabilità si concentrerà l’attenzione del Colle.

E lo segnalava lo stesso capo dello Stato nel suo discorso ai prefetti in occasione della festa del 2 giugno e anche agli ambasciatori arrivati ieri ai giardini del Quirinale per la tradizionale festa della Repubblica. «L’Italia intende evitare conflitti di ogni tipo e avere un ruolo sempre più positivo e protagonista in Europa», ha detto. Un passaggio che rientra nei riti delle celebrazioni ma che - questa volta - proprio per i precedenti che ci sono stati nella formazione del Governo, risultano un po’ meno retorici. Come se quelle frasi fossero un presidio che Mattarella segnala di voler mantenere, in un ruolo che gli compete vista la costituzionalizzazione degli accordi europei. Per la verità, il presidio è doppio: la vigilanza della Costituzione da un lato e quella politica dall’altro. Si è detto di come sia stato scelto con il gradimento del Quirinale il nome di Enzo Moavero Milanesi agli Esteri. A lui compete l’indirizzo politico anche sull’Ue, più che a Paolo Savona, anche se è tutta da scoprire l’alchimia che scatterà tra i due e con i leader, Luigi Di Maio e Matteo Salvini.

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E proprio sulla materia di cui si occuperà il neo ministro dell’Interno, ieri è arrivato un altro segnale. Le parole usate da Mattarella nel suo messaggio ai prefetti sull’immigrazione sembrano infatti scelte non casualmente. «La costante e leale collaborazione fra tutte le componenti istituzionali e sociali chiamate a confrontarsi con il fenomeno delle migrazioni consente di individuare soluzioni in grado di garantire legalità, accoglienza e integrazione». Un tono piuttosto diverso da quello di Salvini.

Ieri nessuno al Quirinale voleva mettere ombre sulla giornata di festa, ma nessuno se la sentiva di escludere possibili incomprensioni, magari conflitti. Conflitti a cui “provvede” quell’articolo 74 della Costituzione che affida al capo dello Stato la possibilità di mandare un messaggio motivato alle Camere, prima di promulgare una legge, per chiederne una nuova deliberazione correggendo ciò che è fuori dalla Costituzione. Uno strumento che verrà usato come ultima strada perché se le Camere dovessero approvarla nuovamente, il Quirinale sarebbe tenuto a promulgarla. Uno scenario di contrapposizione istituzionale che ieri però Mattarella ha voluto allontanare. «Tensioni trovano nel quadro delle istituzioni repubblicane piena possibilità di espressione e composizione». È un po’ questa la scomessa della nuova stagione che si apre tra Colle e Governo.

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