la cerimonia del ventaglio

Tre mesi di Fico alla Camera: il «presidente dei distinguo»

di Manuela Perrone

Taglio dei vitalizi, Fico: poniamo fine a grande ingiustizia

3' di lettura

Assurto il 24 marzo allo scranno più alto di Montecitorio, Roberto Fico in quasi tre mesi si è guadagnato sul campo la fama di «presidente dei distinguo». Distinguo dal vicepremier leghista Matteo Salvini, innanzitutto, sul fronte dell’immigrazione e dei diritti umani. Ma distinguo anche dall’altro vicepremier, Luigi Di Maio, il capo politico del suo partito di cui è sempre stato l’alter ego. Il suo discorso oggi alla Camera alla prima cerimonia del Ventaglio della XVIII legislatura, il tradizionale incontro con la stampa parlamentare, ha confermato il ruolo ben distinto dalla maggioranza di governo che Fico si sta ritagliando.

Fico loda lavoro delle Ong, io non chiudere porti

Nessuno si illuda di attriti potenzialmente deflagranti per il M5S. La mossa di piazzare alla presidenza della Camera l’ex presidente della Commissione di Vigilanza sulla Rai, punto di riferimento per gli ortodossi interni insofferenti per la metamorfosi governista del Movimento, è stata doppiamente strategica: ha permesso a Di Maio e ai suoi fedelissimi (con la supervisione di Davide Casaleggio) di avere mani libere nella partita faticosa della formazione dell’esecutivo e consente oggi ai Cinque Stelle di “presidiare” quella parte di elettorato proveniente da sinistra che i sondaggi danno per spiazzato dopo l’abbraccio soffocante con la Lega. Quello più legato a Beppe Grillo e al M5S delle origini, attento alle battaglie per i diritti e per i beni comuni.

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Sollecitato dal neopresidente dell’Associazione stampa parlamentare, Marco Di Fonzo, Fico ha non a caso detto di legare la sua presidenza «all’approvazione di una legge seria e sostanziale sull’acqua pubblica». Vecchissimo pallino di Grillo e antico impegno di Fico nel M5S di Napoli, dove ha fondato il primo meetup e combattuto «contro la privatizzazione che la sinistra stava facendo in Campania». La battaglia del cuore, recepita nel contratto di governo legastellato. «La mia breve storia politica - ha riconosciuto - deriva dalle lotte per l’acqua pubblica. Sui beni pubblici che servono alla vita umana non possiamo permettere che si faccia profitto».

Sui migranti il «presidente combattente» (parole sue) ha ribadito una posizione ben diversa da quella di Salvini. Pur riconoscendo che «l’Italia è stata lasciata sola e che serve una politica europea chiara e trasparente», Fico è stato netto: «Il salvataggio delle vite in mare è un atto importante davanti al quale l’Italia non si è mai tirata indietro e mai lo farà». D’altronde, è sempre lui che ha ricevuto a Montecitorio i rappresentanti delle Ong elogiandone il lavoro. Ed è sempre lui a individuare nella vicinanza agli ultimi la cifra della sua presidenza: «Non posso non andare nei luoghi dove c’è sofferenza e disumanità. Ci sarò sempre. Per me vale il concetto di solidarietà attiva, di ascolto, base per una politica di pace che non smetterò mai di perseguire».

Salvini: su Regeni da Egitto promesso che giustizia sarà fatta

La stessa determinazione è profusa sul caso Regeni. Fico, che domani vedrà il presidente del Parlamento egiziano, ha incontrato già due volte i genitori del ricercatore italiano ucciso un anno e mezzo fa. «Come Stato non si può non perseguire la verità», ha detto. «Non mi arrenderò mai». Parole ben diverse da quelle usate un mese fa da Salvini («Bene la richiesta di giustizia della famiglia, ma per l’Italia è fondamentale avere buone relazioni con un Paese importante come l’Egitto»), anche se Fico ha rassicurato sulla «linea governativa forte e unita» e lo stesso ministro dell’Interno ieri, dopo il faccia a faccia al Cairo con Al Sisi, si è detto fiducioso: «Mi è stata promessa chiarezza, con risposte certe in breve tempo».

Certo è che il presidente della Camera ha rivendicato con forza il suo essere «super partes». Ha promesso una velocizzazione dei lavori parlamentari, obiettivo per cui convocherà già la prossima settimana la Conferenza dei presidenti di commissione, confidando in una collaborazione con il governo: «Se riusciamo ad organizzarci con meno decreti e più iniziative legislative si può lavorare in condizioni migliori». Ha ovviamente difeso i vitalizi, «delibera non vendicativa e non punitiva», ribadendo di essere pronto a rinunciare all’immunità parlamentare in caso di ricorsi.

L’ultima presa di distanza ha riguardato la Rai, proprio mentre infuria la tempesta sulle nomine. Vorrebbe che fosse cambiata la legge voluta dal governo Renzi? «Sono convinto che vada cambiata e mi auguro si faccia in questa legislatura. È sbagliato che il governo nomini due consiglieri e l’amministratore delegato. Io avevo proposto un’altra legge che levava le nomine al Parlamento. Nella mia legge abolivo anche la Vigilanza, volevo essere l’ultimo presidente e in questo senso ho fallito». A margine, a chi gli chiedeva un commento sul suo successore al timone della commissione - Alberto Marachini, senatore di Forza Italia ed ex giornalista di Mediaset - si è limitato a sorridere.

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