i fronti aperti

Dal malcontento del Nord alle Grandi opere: è sfida aperta tra Salvini e Di Maio

di Nicola Barone

Scontro M5s-Lega sulle grandi opere

2' di lettura

Infrastrutture, stretta su alcune misure di flessibilità nel mercato del lavoro e ancora enti locali in allarme per i tagli alle periferie. Con i malumori diffusi in una grossa fetta del mondo produttivo del Nord e la prospettiva poi non tanto lontana del voto in alcune Regioni fino alle Europee, si giocherà anche su questo la partita tutta politica tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio decisiva per i destini della “strana maggioranza” giallo-verde.

Sulle grandi opere ad esempio la linea del Carroccio rimane quella di andare avanti spedito avendo l’Italia bisogno di infrastrutture moderne e di acciaio per le nostre imprese, mentre in casa M5S il giudizio è appeso agli esiti delle analisi costi-benefici in corso. E naturalmente si aspetta con ansia di qui alle prossime settimane cosa verrà fuori dal dossier di fuoco dell’Ilva. Ultima venuta la polemica montante dei sindaci, quasi ovunque, per il finanziamento sottratto con il Milleproroghe alla riqualificazione delle aree degradate, vicenda (ancora aperta) nella quale più di una crepa si aperta nel fronte leghista. «Non condivido al cento per cento quei progetti perché sono stati pensati da un sindaco di sinistra, ma ormai sono patrimonio della città e dei suoi cittadini. Dunque io rivoglio quei soldi» dice oggi il sindaco di Treviso Mario Conte, del Carroccio. Segnale che le tensioni interne hanno raggiunto il limite di guardia. «Mi farò portavoce dei cittadini delle periferie e cercherò un confronto con i nostri parlamentari veneti», dichiara Conte secondo cui «non è una questione politica». Non bastassero le altre una ragione in più, per Salvini, per battere i pugni sul tavolo dei negoziati quando si tratterà di potare a casa, con la manovra, temi cari al proprio elettorato: in primis flat tax e semplificazioni fiscali.

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Se dunque l’intesa durerà, e quanto, è già tema di ampia discussione al di là delle reciproca fiducia che i due leader si riconoscono in ogni dichiarazione pubblica. Chi mostra di avere pochi dubbi a riguardo è Antonio Tajani per il quale «il governo durerà poco». Lega e 5 Stelle «hanno vedute agli antipodi su tutto: politica estera, economia, Europa. Quanto potrà resistere Matteo Salvini a un governo a egemonia grillina?», si chiede il vicepresidente di Forza Italia sicuro della risposta. «Salvini mollerà Luigi Di Maio. Anche perché il malcontento delle piccole e medie imprese e dell'Italia del Nord sta crescendo. Seguire i 5 Stelle gli fa perdere consensi. Noi non speriamo nella rottura dell'esecutivo per fare giochi di Palazzo». È un anello della strategia di Berlusconi che sta facendo di tutto per riportare all’ovile l’alleato che però dal canto suo mostra di avere ambizioni egemoniche su tutta l’area una volta guidata dall’ex Cav. Non a caso per l’Abruzzo è stata decisa una corsa in solitaria per la Lega come banco di prova per un’operazione più generale. «Chi ci ama ci segua e andiamo a vincere» scriveva ieri il deputato leghista Giuseppe Bellachioma e capo locale, in vista delle elezioni per il nuovo presidente che dovrebbero tenersi entro il prossimo inverno.

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