L’IDENTIKIT IN UNO STUDIO ISPI 

Aumentano i foreign fighters monitorati dal Viminale. Chi sono e da dove vengono

di Andrea Carli

Crescono i foreign fighters sotto osservazione da parte delle forze di sicurezza, nella foto miliziani dello Stato islamico (Italy Photo Press)

3' di lettura

Cresce l’attenzione delle forze di sicurezza italiane sui foreign fighters, ovvero i “combattenti stranieri” che, dopo aver militato in Siria e in Iraq tra le fila del cosiddetto Stato Islamico e di altri gruppi armati, fanno ritorno nei paesi di origine. Stando ai dati pubblicati a Ferragosto dal Viminale, infatti, quelli monitorati dal 1 agosto del 2017 al 31 luglio scorso sono stati 135, conto i 125 del periodo precedente. Gli estremisti arrestati sono stati 43, contro i 24 del periodo precedente. Dei 135 foreign fighters monitorati, 48 sono deceduti e 26 rientrati in Europa.

Preoccupano le partenze da Tunisia, Algeria e Marocco
Se da una parte gli sbarchi in Italia hanno registrato un calo consistente, passando dai 182.877 del periodo 1 agosto 2016 - 31 luglio 2017 ai 42.700 del periodo 1 agosto 2017 - 31 luglio 2018, a preoccupare sono i flussi da paesi come la Tunisia (prima nazionalità dichiarata al momento dello sbarco), l’Algeria e il Marocco, ossia le aree dove è maggiore il rischio di una presenza di questi combattenti.

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L’identikit in un recente studio dell’Ispi
Ma chi sono i foreign fighters? A delineare un indentikit di queste persone è un recente studio dell’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale, dal titolo “Destinazione Jihad: i Foreign Fighters d’Italia. Lo studio ha analizzato i profili di 125 persone con legami con l’Italia che si sono recate in aree di guerra dall’inizio dei conflitti legati alle cosiddette “Primavere Arabe” (Siria, Iraq e Libia) fino all’ottobre 2017. Le informazioni analizzate sono state fornite in esclusiva dal Ministero dell’Interno.

Per buona parte sono immigrati di prima generazione
In generale, la scena jihadista in Italia è composta per buona parte da immigrati di prima generazione (nati e cresciuti all’estero), ma anche da un numero crescente di estremisti autoctoni (homegrown) – ovvero “immigrati di seconda generazione” e convertiti di origine italiana. A differenza di quanto avviene in altri paesi dell’Europa occidentale, la maggior parte dei foreign fighters legati all’Italia è nata all’estero: in particolare, 40 persone sono nate in Tunisia, 26 in Marocco, 14 in Siria, 6 in Iraq, 11 in paesi dell’Europa occidentale e 11 in paesi della regione balcanica. Soltanto 11 persone (pari all’8,8% del totale) sono effettivamente nate in Italia.

Residenti soprattutto al Nord e al Centro. Lombardia in prima fila
Se si analizza la residenza, il fenomeno dei foreign fighters riguarda principalmente il Nord e il Centro e, in particolare, la Lombardia. A differenza di quanto avviene in altri paesi europei, i foreign fighters legati all’Italia non provengono prevalentemente da metropoli o grandi centri urbani.

La Siria è la principale destinazione
La destinazione più popolare tra i foreign fighters legati all’Italia è soprattutto la Siria, paese verso il quale è partito l’88,8% del contingente complessivo, mentre il 5,6% si è recato in Libia e il 2,4% direttamente in Iraq. Il picco delle partenze si è registrato nel biennio 2013-2014, periodo durante il quale è partito il 49,6% dei soggetti. Si sono uniti a formazioni estremiste come lo Stato Islamico, Jabhat al-Nusra e altri gruppi jihadisti minori. Una piccola schiera è entrata a far parte dell’Esercito Libero Siriano e di altre fazioni non riconducibili all’ideologia jihadista.

In media trent’anni
L’età media al momento della partenza, rileva ancora il report dell’Ispi, era di 30 anni. Il soggetto più giovane incluso nella lista è una ragazza di 16 anni residente all’estero, mentre il combattente con l’età più elevata è un cittadino marocchino di 52 anni. Occorre notare che la lista del Viminale non include persone con età inferiore ai 14 anni.

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