DIARIO DI VIAGGIO

Tre giorni a Shenzhen, la capitale hi tech della Grande Cina

di Franco Sarcina

5' di lettura

Un viaggio ad alto tasso di sorprese e di meraviglia. Destinazione Shenzhen, Repubblica Popolare Cinese. Negli anni Settanta era un borgo di pescatori con poche decine di migliaia di abitanti, nel 2010 ha toccato i 10 milioni di abitanti, e sicuramente è cresciuta ancora. È la porta tecnologica della Repubblica Popolare, dove hanno sede molte delle società che stanno cambiando la Cina a una velocità senza paragoni nella placida Europa. Due nomi fra tutti: Huawei e Tencent, la prima realizza infrastrutture di rete e telefoni cellulari, la seconda il software WeChat.

Pavillon Hotel (foto di Franco Sarcina)

Il mio viaggio parte la mattina di sabato da Milano Malpensa, destinazione Hong Kong e compagnia Cathay Pacific: 11 ore in classe turistica sufficientemente comoda da arrivare indolenziti ma non stravolti, con cibo di buona qualità e hostess gentili. All'atterraggio al grande aeroporto di Hong Kong, mi attende una navetta che, passando da ponti futuristici, la dogana fra Hong Kong e la Repubblica Popolare e strade a largo scorrimento, mi porta in un albergo di questa megalopoli. Shenzhen è a sud, subito sotto al tropico del Cancro; la stagione umida alla fine di settembre non è ancora finita, e fa un caldo appiccicoso e non piacevole, con un cielo sempre grigio e frequenti piogge, anche se non intense. C'è traffico anche la domenica, ma è scorrevole anche se rumoroso. L’albergo è un po' kitsch, ma gradevole e pulito, negli standard degli hotel internazionali utilizzati dai clienti business. La prima cosa che noto a Shenzhen sono i tetti delle case che si vedono dal balconcino dell'albergo. Sono piatti, c'è sempre una scala interna per accedevi e moltissimi hanno un piccolo orto, alcuni letteralmente traboccanti di verdure.

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Le case non recenti non sono belle a vedersi: cemento grigio e, spesso, inferriate alle finestre. Mi hanno spiegato che un tempo la microcriminalità e i furti di appartamento in Cina erano un problema serio, che pare sia stato risolto grazie alla massiccia presenza di telecamere di sorveglianza. Le case di costruzione più recente non hanno più le inferriate, e sono anche più piacevoli a vedersi, anche se moltissimi vivono in megacondomini di 20 e più piani. In serata raggiungo uno dei centri Shenzhen che è una città multicentrica, come molte delle megalopoli odierne. E' una specie di zona per il passeggio serale in riva al mare, ricchissima di luci colorate, ristoranti e altri locali. Allo “struscio” partecipano centinaia di ragazzi: l'età media è intorno ai 20-22 anni, con qualche eccezione verso l'alto.

Negozio nel distretto di Huaqiang (Franco Sarcina)

La gente, le abitudini
Tendenzialmente silenziosi (anche quando parlano fra loro in genere mantengono un tono di voce basso), gli abitanti di Shenzhen –che arrivano più o meno da tutta la Cina- in genere tengono molto al decoro, tanto è vero che la città è estremamente pulita, almeno nelle vie centrali. Solo il traffico è rumoroso, e il clacson viene usato spesso. Bisogna tuttavia considerare che pochi conoscono l'inglese, se non tra la generazione di quelli che hanno meno di 25 anni. Una cameriera di un ristorante internazionale sui trent'anni ha dovuto utilizzare il suo telefonino per “tradurre” dal mandarino all'inglese il contenuto del menù. Ah, il telefonino. Per gli abitanti di Shenzhen, nessuno escluso, è una vera e propria appendice del corpo. Con lo smartphone si fa tutto grazie all'applicazione WeChat: ci si parla come con WhatsApp o Telegram, si fanno chiamate audio o video come con Skype, c'è una sezione social non dissimile a Facebook (che in Cina è inaccessibile) e si paga praticamente qualsiasi cosa sia acquistabile in giro, dal biglietto del treno alla bancarella di street food. Le colorate banconote locali circolano praticamente solo in mano ai turisti: i cinesi possono benissimo permettersi di uscire senza uno yuan in tasca, e anche senza carte di credito.

Il denaro
Il turista occasionale deve assolutamente tenere conto di una cosa: tranne in rare eccezioni (superstore, grandi alberghi…) è pressoché impossibile pagare con una carta di credito occidentale. Quasi nessuno le accetta; i cinesi hanno i loro circuiti di credito e utilizzano per pagare il telefonino. L'unico sistema per potere fare acquisti in giro senza problemi è prelevare yuan da uno sportello attraverso la propria carta di credito e poi girare con le care vecchie banconote locali.

Il paradiso dell'hi-tech e dei gadget
Shenzhen, paradiso della tecnologia e di gadget elettronici, ha nel distretto di Huaqiang il suo quartier generale. Qui, una lunga e larga strada pedonale è letteralmente tappezzata di negozi che vendono oggetti tecnologici. Al di là dei flagship store monomarca e dei grandi magazzini, la parte più interessante sono i “negozi-fiera”. Cosa sono? Immaginatevi un grandissimo spazio quadrato, di parecchie decine di metri per lato, suddiviso in stand come il padiglione di una fiera. Stand di grandezze differenti, da pochi metri quadrati a qualche centinaio, in ciascuno sono esposti i prodotti. La maggior parte degli stand è tendenzialmente monotematica: uno vende solo droni, di qualsiasi dimensione, foggia e costo; quello seguente è specializzato in componentistica elettronica (il paradiso per i makers che si dilettano con Arduino), il seguente ha torce led di varia foggia e potenza, più avanti trovi gli aspirapolveri robot.

Le regole principali per fare buoni acquisti sono tre: prima cosa munitevi di contanti perché le vostre carte di credito sono inutilizzabili. Seconda, fate bene attenzione a cosa comprate: per esempio gli standard di comunicazione degli smartphone utilizzati in Cina sono diversi da quelli italiani, quindi se prendete un telefonino rischiate di avere una costosa ed inutile piccola mattonella quando poi tornate a casa. Terzo: la trattativa è d'obbligo. Tirate sul prezzo: quello proposto inizialmente dal negoziante (che è raro sappia l'inglese, ma sa esprimersi perfettamente a gesti e con il display del suo telefono) si può abbassare, e anche di molto.

Colazione alla cinese (foto di Franco Sarcina)

Mangiare
Nei tre giorni della mia visita, ho quasi sempre mangiato in ristoranti con servizio a buffet, e in genere la varietà dei piatti e la qualità erano ottime. Negli alberghi internazionali e nei ristoranti frequentati da turisti (ce ne sono parecchi) sono quasi sempre disponibili piatti sia della cucina cantonese, sia sushi, sashimi e frutti di mare (tra cui ostriche), e a volte anche piatti italiani. Per la cucina cinese, da provare l'infinita varietà di ravioli e i classici noodles, che vengono cotti al momento e si possono mangiare asciutti o in brodo, e condire a preferenza con una delle tantissime salse presenti sul buffet. In genere, la cucina è sostanziosa e poco piccante, ma attenzione a chi non ama il “forte” perché ci sono delle eccezioni.

Cosa resta di una visita a Shenzhen
Scordatevi gente vestita tutta uguale, facce tristi e l'onnipresenza del “Grande Timoniere” Mao, o comunque di un governo opprimente. In questa capitale della tecnologia della Grande Cina, il governo è sì presente e stabilisce le regole (e si intuisce che chi le sgarra non se la passerà molto bene), ma è diciamo un “regolatore invisibile”. Insomma la città funziona, vive un vero e proprio boom demografico, economico e di costume.

Consiglio di lettura

Gabriele Battaglia - Buonanotte signor Mao. Storie dall'estremo Oriente- Edizioni Milieu.

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