Politica interna
Il Pd allarga l’alleanza a sinistra. È iniziato il disgelo a sinistra. Si parte dalla richiesta fatta da Giuliano Pisapia all’ambasciatore di Renzi, Piero Fassino: «Ci vuole un cambio di rotta». Visibile, immediato, già nella legge di Stabilità. Su temi sensibili e cari al mondo della sinistra: jobs act e sanità. E poi la richiesta più politica: Romano Prodi come garante del patto di coalizione a tre punte, il centro con Beatrice Lorenzin, il Pd con Matteo Renzi e Campo progressista (con verdi, radicali, civismo) con Pisapia. Il Partito democratico aggancia quindi Giuliano Pisapia. «Ma sia Romano Prodi il garante della coalizione che verrà», è la condizione posta dal leader di Centro progressista. Il Professore ci sta, a patto di non essere trascinato nella contesa elettorale, e prima di volare negli Usa vede Renzi. Franceschini chiama il presidente del Senato per chiedergli di non correre contro i dem. E lui: “Non farò una Cosa rossa”.
Lega, il piano per conquistare il Mezzogiorno. Alleati sì, ma ciascuno per la propria strada. Quella di Matteo Salvini punta a sud: «Presenteremo nostri candidati anche in alcuni collegi maggioritari». Nel centrodestra i partiti hanno iniziato a muoversi anche in modo competitivo. Il segretario leghista sembra poco impensierito da Grande Nord, gruppo di ex leghisti che vogliono occupare lo spazio politico lasciato libero dalla sua svolta nazionale. Quel che invece non vuole più sentir dire è che la Lega sia poco presente al Centro- Sud e dunque inadatta a esprimere il premier. Il leader della Lega boccia l’idea di Berlusconi di andare alle urne a maggio dopo la sentenza europea sulla candidabilità dell’ex premier. Spero che Strasburgo riabiliti il Cavaliere, però nell’attesa non si può bloccare tutto. Tra noi e FI grandi differenze: per la Lega la permanenza dell’Italia nell’euro non è scontata.
Economia e finanza
Legge di Bilancio. Alla nuova web tax e all’aumento delle accise sui tabacchi, con la loro dote potenziale da 0,8-1 miliardi, è affidato il destino dei prossimi interventi su pensioni, famiglie, province e risparmiatori. Dal gettito della nuova flat tax sul digitale e dal rincaro delle “bionde” da inserire in manovra dibilancio, maggioranza e Governo cercano le risorse necessarie per migliorare il disegno di legge di bilancio restando però nel solco del rispetto del patto di stabilità.
II tutto mentre il clima politico dei rapporti Roma-Bruxelles continua a essere riscaldato dagli effetti dell’invito «a dire la verità» pronunciato dal vicepresidente della commissione Ue Jyrki Katainen: invito «intollerabile» secondo il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, perché «il governo italiano dice le cose come stanno, possano essere gradevoli o sgradevoli».
Pensioni, niente scatto anche per le anticipate. Si arricchisce di due nuovi punti il pacchetto pensioni proposto dal governo ai sindacati. Estendere l’esenzione dell’aumento dell’età lavorativa di cinque mesi per i lavori gravosi anche alle pensioni di anzianità (oltre a quelle di vecchiaia). Un fondo per prorogare e mettere a regime l’Ape sociale. Sulle pensioni, il governo prova a trovare un accordo con i sindacati nel nuovo incontro di ieri con Cgil, Cisl e Uil. Novità ulteriori anche sul meccanismo di calcolo della speranza di vita a cui si adegua l’età di uscita dal lavoro, con un tetto di tre mesi per i futuri scatti (biennali), dal 2021 in poi.
Politica estera
Hariri atteso a Beirut. “Il premier dimissionario in patria per la festa nazionale. La Francia: riuniamo il gruppo per sostenerlo”. «La Francia ha mostrato ancora una volta la grandeur del suo ruolo nel mondo nella regione mediorientale. Ha provato il suo attaccamento al Libano e alla sua stabilità», dice il primo ministro libanese Saad Hariri nella corte dell’Eliseo, dopo il «pranzo amichevole» con i Macron. Ritornerà a casa mercoledì prossimo, festa dell’indipendenza, e lì a Beirut chiarirà il motivo delle dimissioni annunciate a sorpresa il 4 novembre scorso a Riad. Saad al-Hariri,47enne primo ministro libanese, ha parlato ieri alla stampa a Parigi dopo aver incontrato il presidente Emmauel Macron che invitandolo si è offerto come mediatore per allentare la tensione nella crisi esplosa in Medio Oriente tra Arabia Saudita e Libano.
L’avvertimento di Trump ad Abu Mazen. I Palestinesi non accetteranno «pressioni o ricatti» sull’ambasciata dell’olp a Washington. Lo ha detto il ministro degli Esteri Malki rispondendo al Dipartimento di Stato Usa che ha minacciato la chiusura della sede se i palestinesi non si impegneranno in serie trattative con Israele o se lo porteranno davanti al Tribunale Penale dell’Aja. Una minaccia a cui il ministro degli Esteri dell’Autorità, Riyad Malki, ha risposto accusando il segretario di Stato Tillerson di ricatto, mentre il leader Abu Mazen ha detto di non essere disposto a cedere. E in serata Saeb Erekat, fedelissimo di Abu Mazen, ha minacciato di congelare i contatti con gli Usa.