Politica interna
Leopolda «di lotta» e anti fake news. Renzi vuole subito il biotestamento. «Io credo che sul fine vita ci siano i numeri in Parlamento e che la maggioranza del mondo cattolico sia d’accordo»: Matteo Renzi apre un nuovo fronte. Lo fa sul treno, e poi nel discorso inaugurale alla Leopolda, dove arriva tra gli applausi della sala gremita di gente. Nel suo intervento alla kermesse il segretario punta anche i riflettori sul problema delle fake news e sul pericolo che, tramite i social, vengano inquinate le elezioni. Sarà uno dei cavalli di battaglia della sua campagna elettorale: «Lottiamo per la verità». Dunque il biotestamento: «Dobbiamo approvarlo perché è giusto senza trasformarlo in un terreno di scontro tra i partiti», dice Renzi dal palco. È un provvedimento sollecitato anche da Pisapia e Bonino. E al Nazareno ritengono che soprattutto sul fine vita si possa ottenere una maggioranza trasversale, giacché i grillini hanno detto di essere pronti a votare quel provvedimento. C’è anche lo ius soli, sul tappeto, per il quale si potrebbe contare sulle assenze in Aula di Ap. Ma quel provvedimento, stando ai sondaggi, è molto divisivo, soprattutto in campagna elettorale. E quindi sul biotestamento che Renzi vuole imprimere l’accelerazione. Lina Palmerini sottolinea sul Sole 24 Ore le difficiltà di Renzi e evidenzia come l’appuntamento iniziato ieri sembra così distante dagli slogan di una volta. La rottamazione che sbiadisce davanti al ritorno – necessario – dei “padri nobili”, di quegli “ex” richiamati in campo proprio dal leader Pd per tessere la tela delle alleanze. Tornano Romano Prodi, Walter Veltroni e pure Piero Fassino che un po’ di tempo fa erano tenuti in disparte da un leader che doveva segnare la discontinuità con la storia e la tradizione della sinistra. E torna la parola coalizione, una volta bandita da ogni discorso perché così stantia, così tanto vicina a quei ragionamenti in politichese che Renzi rifuggiva.
Nel risiko dei nuovi collegi il Nord guadagna sei seggi. Sei collegi in più alle regioni del Nord, sei in meno di conseguenza a quelle del Centrosud. Forza Italia che esulta, il Pd perplesso. Fatto il decreto, trovato il pasticcio: l’adattamento di collegi e circoscrizioni del vecchio Mattarellum (datato 1993) alla nuova distribuzione demografica (targata Istat 2011) ha generato una serie di anomalie nella mappa appena sfornata per il Rosatellum. Il governo Gentiloni la disegna recependo senza correttivi il lavoro della commissione tecnica composta da dieci persone sotto la guida del presidente Istat Alleva, chiamata a disegnare la nuova geografia elettorale. Ma Palazzo Chigi si ripromette già di rimettere mano quanto meno alle discrepanze. Non è certo la più macroscopica ma è diventata la più bizzarra quella legata a Rignano, non fosse altro perché a ricamarci su è il cittadino più illustre della cittadina, il segretario Pd Matteo Renzi. Il treno elettorale sta attraversando proprio il piccolo centro toscano in cui è nato e l’ex premier non si trattiene: «Vi rendete conto che il collegio di Rignano lo hanno inserito nella circoscrizione di Livorno? Comodo, no? Se mi candido a Rignano sono capolista a Livorno anziché a Firenze, è meraviglioso». Nel fuoco della critica si è ritrovato Marco Minniti per aver concesso carta bianca agli esperti dell’Istat. Per essere super-corretto, è l’accusa, Minniti ha consentito pasticci. Dei malumori “Dem” si è fatta portavoce Maria Elena Boschi, sottosegretaria a Palazzo Chigi. L’esito del braccio di ferro è nella relazione che accompagna lo schema di decreto. Vi si segnala che la ripartizione dei collegi, in Toscana e altrove, poteva essere più accorta, senza venir meno ai parametri fissati dalla nuova legge elettorale.
Politica estera
Un giorno di sangue in moschea. La jihad fa tremare l’Egitto. La moschea è affollata per le preghiere del venerdì, la frequentano soprattutto i sufi, i mistici dell’Islam, nel giorno più sacro la frequentano un po’ tutti, i padri ci portano i figli, è un momento di festa. Gli attentatori hanno piazzato le cariche di tritolo dentro la sala dipinta di bianco, tra i fedeli inginocchiati. Le esplosioni danno inizio alla strage, I cecchini appostati fuori la completano: sparano su chi prova a scappare, sui soccorritori che tentano di intervenire, incendiano le auto attorno perché le ambulanze non riescano ad arrivare. I morti sono almeno 235, i feriti 109, l’attacco più sanguinoso contro i civili nella storia dell’Egitto moderno. Gli assalitori sono arrivati al villaggio di Bir al-Abed, nel nord del Sinai, a bordo dei pick-up che usano per mobilitare centinaia di uomini in poche ore: «i cammelli d’acciaio» esaltati dai beduini montano le mitragliatrici sulla gobba e dai vetri oscurati spuntano i lanciagranate. Il gruppo Ansar Bait alMaqdis — che tre anni fa ha giurato fedeltà al Califfato — si sta dimostrando uno degli affiliati più efficaci nella strategia del terrore: nell’ottobre del 2015 gli estremisti sono riusciti a mettere una bomba su un aereo russo, distrutto poco dopo il decollo da Sharm el Sheikh con 224 persone a bordo. Lo Stato Islamico in ritirata dalla Siria e dall’Iraq spadroneggia ancora da queste parti. Per Alberto Negri, sul Sole 24 Ore, “non ci si poteva illudere che la caduta di Raqqa e la sconfitta dell’Isis potessero rappresentare la fine del terrorismo e del jihadismo nel mondo arabomusulmano neppure in Occidente. Il massacro alla moschea sufi del Sinai è l’ennesimo promemoria insanguinato. E Vincenzo Nigro su Repubblica ricorda che quella dei sufi è la setta più pacifica, più tollerante, più “francescana” fra le famiglie dell’Islam. Una strage voluta probabilmente dal ramo egiziano dell’Isis che sta trasferendo verso l’Egitto e magari la Libia i suoi miliziani in fuga da Iraq e Siria.
Germania, Grosse Koalition, deciderà la base Spd. Saranno gli iscritti del partito socialdemocratico ad avere l’ultima parola su ogni accordo che la Spd potrà raggiungere con i democristiani del cancelliere Angela Merkel per la formazione di un nuovo Governo. Dopo un «drammatico appello» del presidente della Repubblica, Frank-Walter Steinmeier, ex compagno di partito, giovedì e una nottata di accese discussioni del vertice dei socialdemocratici, il leader della Spd, Martin Schulz, sotto forte pressione anche interna, ha capovolto la posizione proclamata immediatamente dopo la pesante sconfitta elettorale di due mesi fa, che ha consegnato alla Spd la percentuale di voti più bassa dal Dopoguerra, appena al di sopra del 20 per cento. Molti deputati e esponenti regionali si erano espressi nelle ultime ore per riallacciare i colloqui con i democristiani, dopo che domenica notte il leader liberale, Christian Lindner, aveva fatto saltare la trattativa fra il suo partito, i democristiani e i Verdi per formare la cosiddetta coalizione Giamaica. Non è ancora chiaro che forma potrà prendere un accordo. Le ipotesi in discussione sono due. Un governo di minoranza tra Unione Cdu-Csu e Verdi appoggiato dall’esterno dalla Spd. Oppure una vera Grosse Koalition allargata ai Verdi, coalizione detta Kenya per i colori dei partiti che sono quelli della bandiera del Paese africano. La possibilità che si arrivi a un accordo, forse già attorno a Natale, c’è. Non solo perché cristiano-democratici e socialdemocratici temono elezioni a breve ma soprattutto perché Merkel preferisce da sempre un accordo di «centro- sinistra» che comprenda i Verdi a uno come quello fallito domenica scorsa che comprendeva anche i Liberali.
Economia e Finanza
Bankitalia: dai bilanci «liberati» 26 miliardi nei primi nove mesi. Il rafforzamento del ciclo economico continua a ridurre i rischi nel settore bancario e a migliorare la qualità degli attivi. A fine ottobre il flusso di nuovi prestiti deteriorati sul totale dei crediti è sceso dell’1,7%, un valore al di sotto del livello medio del biennio 2006-2007. E quanto rivela Bankitalia nel secondo Rapporto sulla stabilità finanziaria diffuso ieri. Nei primi sei mesi, in particolare, i crediti deteriorati netti sono calati di 22 miliardi, a quota 151; una riduzione cui la liquidazione delle due banche venete ha contribuito per 9 miliardi. Al lordo delle rettifiche il sistema è ora a quota 324 miliardi (25 in meno sullo stesso periodo dell’anno scorso), mentre il tasso di copertura è salito dal 50,6 al 53,5%, sopra la media delle banche Ue; in questo caso un quinto del miglioramento dell’indicatore è dovuto alle rettifiche di Mps. Sempre a fine giugno il rapporto tra crediti deteriorati e il totale dei crediti netti è stato pari all’8,4%, un punto in meno rispetto al dicembre 2016. Il tema dei crediti deteriorati bancari continua a rimanere al centro del confronto europeo. E non smette di alimentare le attenzioni del mercato, che confida nell’implementazione di misure che possano agevolare la vendita degli Npl. Ieri a riaccendere i riflettori sul nodo la notizia della proposta del Parlamento Ue relativa alla nuova normativa dell’industria bancaria. Tra le novità più rilevanti della bozza firmata dal parlamentare tedesco Peter Simon c’è la sterilizzazione degli impatti generati dalle cessioni massicce di crediti deteriorati sui bilanci delle banche. Il tema è tecnico, ma ha un effetto pratico importante per riportare fiducia sul settore. La proposta prevede la sterilizzazione degli effetti delle maxicessioni sulle serie storiche che sono alla base delle cosiddette loss given default (lgd), ovvero le stime di perdita in caso di insolvenza del debitore previste dai modelli interni. Così facendo, si eviterebbe l’assorbimento di nuovo capitale di vigilanza in caso di vendite rilevanti di Npl. E a catena si favorirebbe una maggiore erogazione del credito e un miglioramento della redditività delle banche, altro tema caro a Francoforte.
Progetto di bilancio 2018 e Commissione europea. Nel clima di crescente euroscetticismo c’è il rischio che la lettera che la Commissione europea ha inviato al Governo italiano circa il progetto di bilancio 2018 venga classificata come rigorista e antisociale quando esprime delle cautele sui ritocchi al sistema pensionistico. Bene ha fatto perciò il ministro Padoan a non alimentare inutili contrasti spiegando che il dialogo, anche dialettico, con la Commissione è sempre costruttivo. Questa non è una scelta tattica ma la presa d’atto che, anche per merito dell’Italia, l’orientamento della Commissione Juncker è improntato alla stabilità per la crescita e non alla stabilità dei vincoli di bilancio danneggiando la crescita e l’occupazione anche con contraccolpi politici. La Commissione Juncker, al netto delle esternazioni del commissario Katainen, punta al rafforzamento sia dell’economia dell’Eurozona e delle sue istituzioni sia a quelle dei singoli Paesi membri. Tutto ció è ancora più importante adesso che la Germania si trova in una situazione politica complessa mentre l’Italia si avvia a un periodo elettorale difficile con la Francia del presidente Macron ancora tutta da valutare. E sulla situazione tedesca si segnala, su Repubblica, l’intervista al presidente emerito Giorgio Napolitano secondo il quale «quello che accade in Germania è paradigma della frammentazione politica del Continente, e oggi emergono rischi di ingovernabilità, che è uno stadio più avanzato e preoccupante rispetto all’instabilità». «Sono giorni difficili. Non possiamo dimenticare che il nostro debito continua a non ridursi nel rapporto col Pil e se anche verranno vantaggi dalla ripresa non si possono attribuire alla crescita in quanto tale tutte le virtù e le soluzioni. Si deve continuare il lavoro per ridurre il peso del debito, selezionare in modo significativo la spesa pubblica e aumentare l’avanzo primario nella prospettiva del pareggio di bilancio».