L’ABBANDONO DEI PRETI/ La ‘fuga’ di 70mila sacerdoti negli ultimi 40 anni: un problema di vocazione?

- Niccolò Magnani

L'abbandono dei preti, la fuga di circa 70mila sacerdoti in 40 anni: le cause, i rischi e i dati su un fenomeno complesso da spiegare e da comprendere appieno. Un problema di vocazione?

chiesa_sanpietro_conciliazione_roma_lapresse_2015 LaPresse

Si sa, le statistiche a volte lasciano il tempo che trovano, eppure questi numeri sull’abbandono dei preti raccolti dalle informative delle singole diocesi pervenute al Vaticano, presso la Congregazione per il Clero e riferiti dall’associazione ‘Amici di Lazzaro’, sono abbastanza allarmanti per la Chiesa Cattolica. Dal 1964 al 2004 sono circa 70mila i sacerdoti che hanno abbandonato la tonaca, per svariati motivi e non per forza perché tutti “innamorati” e poi sposi, come si vuole far credere da una certa tendenza “forzata” nel voler presentare come il vero problema della Chiesa risieda nel celibato dei sacerdoti. Intanto, di questi 70mila circa 10mila sono poi tornati sui propri passi dopo un lungo periodo di verifica e prova per tornare a riaffermare come Cristo fosse ancora il loro punto centrale: hanno infatti ripreso il ministero religioso, ma per l’appunto gli altri 60mila sono effettivamente “fuggiti”. I motivi? Impossibile dare una conferma generalizzata per casi tutti personali e privati e che spesso non offrono un solo motivo per un gesto così importante per la loro esistenza; di certo, come riporta l’Adnkronos ogni anno lasciano il sacerdozio in circa un migliaio, pari allo 0,26% del totale, praticamente uno ogni 400 preti.

LE CAUSE E LE RICHIESTE

Le cause principali studiate e raccolte dai vari archivi della Congregazione per il Clero vengono descritte, per circa metà dei preti che hanno deciso di intraprendere un’altra vocazione personale, come una richiesta di dispensa dagli obblighi derivanti dallo stato sacerdotale, ovvero il celibato e la recita del breviario. Come spiega ancora il rapporto stilato su Adnkronos, «Nel 2000, ad esempio – ovvero l’anno del Grande Giubileo di Papa Giovanni Paolo II – si sono registrati 930 abbandoni di sacerdoti, mentre 89 sono stati reintegrati; sono state concesse 571 dispense, delle quali 68 prima dei 40 anni e 39 in punto di morte; mentre quelle concesse ai diaconi sono state 112». Dopo il Giubileo però le cifre sono aumentate anche se non di tantissimo, come viene purtroppo “esaltato” dai tanti critici della Chiesa e del sacerdozio: nel 2002, gli abbandoni sono stati 1.219 e i reingressi 71; nel 2004, ci sono stati 1.081 abbandoni e 56 reingressi; nel 2006, la Congregazione per il Clero ha ricevuto 804 richieste di dispensa. Ebbene, non ci sono solo preti innamorati e poi sposi, anche se viene confermato come la stragrande maggioranza dei preti che lasciano la tonaca soffre di instabilità affettiva. Il sacerdozio è una scelta di vita, una vocazione in cui viene vissuta in maniera particolare la propria relazione con Cristo: non è qualcosa da prendere “alla leggera”, come del resto nessuna delle tante vocazioni che l’umanità ha di continuo davanti nel corso della propria crescita ed esistenza. Non mancano casi di crisi di fede, di conflittualità con i superiori o di difficoltà con il magistero, depressioni e gravi limiti caratteriali: sul fronte dei luoghi nel mondo dove si soffre la maggior perdita di vocazioni sacerdotali, il numero più elevato proviene dagli Usa, seguiti nell’ordine da Italia, Spagna, Brasile, Polonia, Messico, Germania, Filippine, Argentina, India, Francia, Irlanda, Canada.

“LA CHIAMATA” DELLA CHIESA DI CRISTO

L’insegnamento degli ultimi tre papati ha preso molto sul serio la vocazione del sacerdote e la decisa volontà di tornare ad una conversione del cuore per tutti, preti compresi: una “ripartire” ogni giorno che sia Ratzinger che Bergoglio hanno bene riassunto nei tanti loro discorsi rivolti ai giovani e meno giovani sacerdoti cattolici. «Meglio zoppicare che rimanere fermi rinchiudendosi nella propria nicchia; la vocazione è essere chiamati da un altro, cioé non possedersi più, uscire da sé stessi e mettersi al servizio di un progetto più grande. Con umiltà, diventiamo allora collaboratori della vigna del Signore, rinunciando a ogni spirito di possesso e di vanagloria»: la Chiesa di Cristo è chiamata a questo, non è per nulla “facile” ma per chi è credente la sfida più grande sta nella risposta e non in uno sforzo. Nel dire “Sì” e non del dire “ho già capito”: «non siate preti clericali, siate appassionati, capace di discernere e di denunciare cosa non va nella vostra e altrui vita», spiegava Papa Francesco in una udienza dello scorso 13 giugno. Del resto rimane per sempre valido quel fondamentale invito di Papa Benedetto XVI a tutti i sacerdoti e seminaristi (ma in realtà a tutti gli uomini e donne di fede, ndr): una preghiera e un invito a riconoscere come non “impossibile” la vocazione del sacerdozio e per nulla “staccato” dal mondo: «Per rispondere alla chiamata di Dio e mettersi in cammino, non è necessario essere già perfetti. Sappiamo che la consapevolezza del proprio peccato ha permesso al figliol prodigo di intraprendere la via del ritorno e di sperimentare così la gioia della riconciliazione con il Padre. Le fragilità e i limiti umani non rappresentano un ostacolo, a condizione che contribuiscano a renderci sempre più consapevoli del fatto che abbiamo bisogno della grazia redentrice di Cristo».





© RIPRODUZIONE RISERVATA

I commenti dei lettori

Ultime notizie di Vaticano

Ultime notizie