La campagna elettorale per le prossime elezioni politiche del 4 marzo si fa intensa. Tra gli obiettivi di Giorgia Meloni e dei Fratelli d’Italia c’è nel programma elettorale un “pacchetto famiglia”, che comprende asili nido gratuiti per tutti, l’istituzione del “reddito bimbo”, il quoziente familiare, il congedo parentale coperto all’80% fino ai sei anni di età del bambino, incentivi alle aziende che assumono donne in età fertile e la progressiva eliminazione dell’Iva sui prodotti dell’infanzia come i pannolini e il latte in polvere.
A Foggia il consigliere comunale Giuseppe Mainiero ha accesso da tempo i riflettori sulla gestione del sistema dei servizi per l’infanzia, che si basa a Foggia su due pilastri, quello pubblico comunale, che si affianca agli asili statali e quello privato, sostenuto ampiamente dal Piano Sociale di Zona con i buoni di conciliazione. Gli asili comunali sono sei: Tommy Onofri, Mondo Piccolo, San Francesco, Santa Letizia, Scoletta Gaia e Defor il Giardino di Karol e Pio.
“Viviamo a Foggia due tipi di degenerazioni, il buono di conciliazione viene erogato dai Servizi Sociali ma gestito dall’assessorato all’Educazione. Esso viene utilizzato come ammortizzatore sociale per quelle famiglie con reddito basso, quando invece il buono nasce per aiutare e favorire le coppie e i genitori lavoratori. Di fatto, il sistema degli asili privati senza questo sostegno chiuderebbe”. L’altro punto critico è rappresentato dalle iscrizioni, spiega Mainiero. Si aprono prima quelle al Tommy Onofri e agli altri asili pubblici, poi si scala con gli asili privati. Mentre in questi anni si sono triplicate le unità del bidellaggio passando dalle iniziali 27 addette a circa 60 bidelle, dal 2014 si assiste ad una progressiva riduzione delle iscrizioni negli asili comunali, che in alcuni casi hanno perso il 50% dei bambini. Il motivo, secondo l’oppositore numero uno dell’amministrazione Landella è presto detto: si investe poco nei servizi pomeridiani e sulla mensa, tornata solo da pochissimo in funzione. Il servizio calmierato degli asili privati, con bonus di concliazione, a tutto vantaggio di coppie con reddito zero, non aiuta le mamme lavoratrici, creando così delle storture evidenti. Da un lato gli asili pubblici dove spesso hanno accesso anche i figli di coppie del ceto medio, dall’altro quelli privati che aprono le loro porte ai figli di coloro per i quali la misura del bonus non era stata immaginata.
Sono 130 i frequentanti per l’anno 2017/2018, che hanno beneficiato di un impegno spesa di 815.100 euro per l’assegnazione di buoni per l’acquisto di servizi per l’infanzia (3-36 mesi) presso strutture private autorizzate. Un bonus che va diritto agli asili e non alle famiglie.
“Giorgia Meloni intende investire in un sistema di welfare di famiglia molto spinto, in molte parti d’Italia, al Sud soprattutto mancano i servizi, senza i nonni i genitori non saprebbero a chi lasciare i loro bambini nel pomeriggio – osserva Mainiero -. Se io fossi in Landella investirei sulle nostre strutture pubbliche, l’arredo per l’infanzia non costa molto, basterebbe rinunciare ad un concerto o ad una festicciola. Carlo Dicesare destina 3 euro a cittadino in cultura, perché non decidiamo quanto investire per la famiglia? Non possiamo consentire che il buono di conciliazione si sia trasformato in un sistema di sostegno alle strutture private. Come per la Sanità, anche per il Welfare familiare va individuato un costo standard, è questa la proposta di Meloni, per evitare che si giochi ancora col costo storico, che al Sud è 10 volte inferiore rispetto a quello del Nord”.