Importanti novità per la RSSA “Villa Santa Maria di Pulsano” di Monte Sant’Angelo. La clinica per anziani finita nell’occhio del ciclone per infiltrazioni della criminalità scaturite con l’assunzione nella struttura di alcune compagne di boss locali, sarà presto affidata a nuova gestione. Nell’albo pretorio dell’Asl di Foggia è stato pubblicato, nelle scorse ore, un avviso contenente le norme relative alle modalità di partecipazione e presentazione della manifestazione di interesse, “per subentro, temporaneo e provvisorio, nella gestione della struttura Residenza Socio – Sanitaria Assistenziale per anziani R.S.S.A. – denominata ‘Villa Santa Maria di Pulsano’ ubicata nel Comune di Monte Sant’Angelo (FG)”.
La durata dell’accordo contrattuale per subentro “è pari ad otto mesi con scadenza al 21 marzo 2019 – si legge nel documento -, nelle more del processo regionale di riorganizzazione delle strutture socio sanitarie di cui alla legge regionale n.9/2017 e con termine iniziale dalla data di effettivo subentro, indicativamente fissato al 1 ottobre 2018”.
L’importo dell’affidamento è il seguente: il costo complessivo mensile massimo stimato è pari a 59.037,95 euro IVA esclusa, per effetto della capacità ricettiva (n. 41 p.l.), della vigente retta di riferimento regionale per quota sanitaria pro die (46,45 euro IVA esclusa) e del numero massimo mensile di giornate di degenza (31): per cui per l’ importo complessivo presuntivo, con decorrenza dal 1 ottobre 2018, è pari ad 327.565,40 euro; il prezzo resterà fisso ed invariato.
L’appalto è finanziato con fondi di bilancio regionale. Asl Foggia si riserva l’opzione di proroga del termine di scadenza (proroga tecnica), per un periodo massimo di ulteriori sei mesi decorrenti dalla scadenza ordinaria per un importo di 354.227,7 euro, al netto di IVA. L’importo totale, inclusa la proroga, ammonta a 681.793,10 euro.
Divieti
Nel documento si legge che “è vietato ai concorrenti di partecipare in più di un raggruppamento temporaneo o consorzio ordinario di concorrenti o aggregazione di imprese aderenti al contratto di rete”. Inoltre, “è vietato al concorrente in raggruppamento o consorzio ordinario di concorrenti di partecipare anche in forma individuale. Come è vietato al concorrente che partecipa in aggregazione di imprese in rete di partecipare anche in forma individuale. Le imprese retiste – è scritto ancora – non partecipanti all’avviso pubblico possono presentare offerta per lo stesso Avviso pubblico in forma singola o associata”.
Sono esclusi dal presente Avviso pubblico gli operatori economici per i quali sussistono cause di esclusione di cui all’articolo 80 del Codice Appalti, ovvero quello relativo a coloro che abbiano commesso delitti, consumati o tentati, di tipo mafioso (articoli 416, 416-bis del codice penale).
La svolta dopo il commissariamento
L’avviso pubblico per l’affidamento della clinica arriva a circa otto mesi dal commissariamento disposto dalla Prefettura di Foggia che pose fine alla gestione della cooperativa “Sanitaria Service” con “contestuale sospensione dell’esercizio dei poteri di disposizione e gestione dei titolari della società stessa”.
La Sanitaria Service fu colpita da un’interdittiva antimafia il 2 marzo 2017, poi confermata dal Consiglio di Stato a luglio dello stesso anno. Il motivo? Infiltrazioni criminali nella clinica dove erano alle dipendenze le compagne dei boss. L’Immediato se ne occupò già nel settembre 2015. La Villa Santa Maria di Pulsano era presente tra i vari “omissis” della relazione del prefetto che portò allo scioglimento del Comune di Monte. Nelle carte prefettizie spuntarono le storie del consigliere comunale Damiano Totaro (ex assessore eletto nel 2012 col centrodestra) e del cugino Matteo Pettinicchio, figlio di Antonio Pettinicchio, anche quest’ultimo consigliere comunale.
“Matteo Pettinicchio – si leggeva sulla relazione – è ritenuto contiguo al contesto criminale del “Clan dei Montanari”, riconducibile alla famiglia Libergolis, come si desume anche dalle sue pregresse frequentazioni, risultanti da diversi controlli di polizia, che vanno dal 2003 al 2008, tra cui elementi di spicco nell’ambito delle consorterie mafiose. Più volte tratto in arresto, Pettinicchio ha diversi pregiudizi per reati gravi come le estorsioni. È stato coinvolto anche nell’operazione “Rinascimento” e sottoposto in tale ambito a fermo di indiziato di delitto emesso dalla DDA di Bari – convalidato dal giudice per le indagini preliminari con contestuale applicazione di misura cautelare – insieme ad altre 17 persone, per reati di estorsione, porto e detenzione abusiva di armi, favoreggiamento della latitanza del boss Giuseppe Pacilli detto “Peppe u’ montanar”, procurata inosservanza di pena ed altri gravi reati”.
Suo cugino Damiano Totaro gestiva la RSSA che – stando alla relazione – fu oggetto di atti di intimidazione già poche settimane dopo il rilascio dell’autorizzazione al funzionamento. Dagli accertamenti effettuati dall’organo ispettivo emerse che tra i dipendenti della residenza per anziani c’erano le compagne di Matteo Pettinicchio e di Enzo Miucci, anche quest’ultimo esponente di spicco della criminalità organizzata. Uomo di fiducia del clan Libergolis, Miucci è definito uomo dal “notevole spessore criminale” già sottoposto nel 2008 a sorveglianza speciale per due anni. Il giovane, detto “u’ criatur” perché all’interno dell’organizzazione fin da adolescente, è uno degli “astri nascenti” del clan, importante nel favorire la latitanza del boss Pacilli (infatti è tra i coinvolti nell’operazione “Rinascimento”) e fondamentale nell’alleanza con la “Società foggiana”. Uno che con gli affari ci sa fare.
Suo padre Antonio venne ucciso il 14 agosto del 1993 nell’ambito della faida garganica tra le famiglie Libergolis e Primosa-Basta-Alfieri. Enzo Miucci, più volte tratto in arresto, braccio destro di Franco Libergolis, risulta gravato da pregiudizi penali e di polizia e da sentenze di condanna per gravi delitti. Con sentenza del GUP di Bari del 19 marzo 2013, (Operazione “Rinascimento” relativa ai fiancheggiatori della latitanza di Giuseppe Pacilli), fu condannato alla pena di 8 anni di reclusione e 8mila euro di multa.
Stando alla relazione del prefetto, le assunzioni delle compagne di Miucci e Pettinicchio apparirono come “non casuali” e legate ai rapporti parentali esistenti tra Damiano Totaro e il cugino Matteo Pettinicchio. “Tali circostanze – era scritto – appaiono significative potendo ragionevolmente trarsene se non la contiguità, la “permeabilità” dei titolari della struttura – tra i quali figurava il consigliere di maggioranza, già assessore – da parte di questi soggetti (di cui uno a lui legato da vincoli di parentela), il cui spessore criminale, almeno per quanto riguarda Pettinicchio, non poteva essere ignorato dal politico”.
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